La Veritatis Gaudium e la riforma degli studi teologici

di Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo

Alla fine dello scorso gennaio, Papa Francesco ha pubblicato la costituzione apostolica, che riforma gli studi delle Università Cattoliche e delle Facoltà Ecclesiastiche nel mondo. Essa ha per titolo Veritatis Gaudium. Si vede subito il nesso con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium che rappresenta il programma pastorale del suo pontificato. “L’esigenza prioritaria oggi all’ordine del giorno, scrive il Papa, è che tutto il Popolo di Dio si prepari a intraprendere con spirito una nuova tappa dell’evangelizzazione. Ciò richiede un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma. E in tale processo è chiamato a giocare un ruolo strategico, un adeguato rinnovamento del sistema degli studi ecclesiastici. Essi, infatti, non sono solo chiamati a offrire luoghi e percorsi di formazione qualificata dei presbiteri, delle persone di vita consacrata e dei laici impegnati, ma costituiscono una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo”.

Di fronte ai grandi mutamenti della nostra epoca, alla crisi antropologica e ambientale, serve un cambio di modello di sviluppo. “Il problema, secondo Francesco, è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade. Questo ingente e non rinviabile compito chiede, sul livello culturale della formazione accademica e dell’indagine scientifica, l’impegno generoso e convergente verso un radicale cambio di paradigma, anzi – mi permetto di dire – verso una coraggiosa rivoluzione culturale”.

Il testo si compone di due parti. Nella prima, il proemio, il Papa stabilisce quattro principi cardine. Nella seconda, sono contenute le norme comuni, le norme speciali (per le facoltà di teologia, di diritto canonico e di filosofia), e le norme finali. Il primo dei quattro principi cardine riguarda “l’identità missionaria”. Si deve ritornare al kerygma, cioè al cuore del Vangelo, all’essenziale dell’annuncio cristiano, “e cioè della sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù che va facendosi carne sempre più e sempre meglio nella vita della Chiesa e dell’umanità”.
Il secondo criterio è il dialogo a tutto campo, “non come mero atteggiamento tattico, ma come esigenza intrinseca per fare esperienza comunitaria della gioia della verità e per approfondirne il significato e le implicazioni pratiche. Ciò che il Vangelo e la dottrina della Chiesa sono chiamati oggi a promuovere, in generosa e aperta sinergia con tutte le istanze positive che fermentano la crescita della coscienza umana universale, è un’autentica cultura dell’incontro”.

Il terzo criterio è l’inter-disciplinarietà e la trans-disciplinarietà, cioè il superamentodella parcellizzazione del sapere e delle conoscenze scientifiche. “Ciò che qualifica la proposta accademica, formativa e di ricerca del sistema degli studi ecclesiastici, scrive Francesco, sul livello sia del contenuto sia del metodo, è il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni”.
E, infine, il quarto principio riguarda la capacità di fare rete: non soltanto nell’ottica del principio che chi ha di più aiuta chi ha di meno, ma anche cercando di valorizzare il contributo positivo e arricchente delle realtà più periferiche. “Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, afferma il Papa, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra la bellezza di questo volto pluriforme…Questa prospettiva traccia un compito esigente per la teologia così come, nelle loro specifiche competenze, per le altre discipline contemplate negli studi ecclesiastici”. In estrema sintesi, Francesco vuole che le Università ecclesiastiche siano più missionarie, più capaci di dialogare, di mostrare le connessioni tra le varie discipline, di fare rete nel mondo.