Nicola Cancedda, una canzone contro la SLA

La filosofia del sorriso che conquista le piazze con un ritornello o una strofa che torna in mente perché arriva al cuore delle persone con semplicità: questo è ciò che racconta Nicola Cancedda, artista comico, caparbio e tanto amato anche dai più piccoli. Far divertire, per lui è una cosa seria e lo fa attraverso la musica, uno dei mezzi espressivi più potenti, con il quale ha dato vita a un progetto che sostiene la ricerca per la SLA, con la partecipazione dei comici sardi.

A cura di Veronica Moi

Un artista è per eccellenza colui che propone intrattenimento a partire da quel che lo appassiona. Come hai scoperto il tuo talento? Con quali personalità del mondo dello spettacolo hai potuto interagire?
Ero un bambino amante della musica, soprattutto italiana, e questa mia passione prendeva forma anche nei temi di italiano, senza essere minimamente influenzata dall’ansia da compito in classe. Perché alla fine è la vita stessa che ti dà un compito e a me ha dato quello di far sorridere. Un’impresa difficile, dal momento che non è semplice coniugare la comicità con il linguaggio pulito. Da dodici anni frequento le piazze della Sardegna e ho avuto il piacere e l’onore di collaborare con quasi tutti gli artisti regionali come Maria Luisa Congiu, Maria Giovanna Cherchi, Giuliano Marongiu e con i Kantidos, di Gadoni, i quali ultimi eseguono brani interamente composti da me.

Come definiresti il tuo modo di intrattenere?
Amo scrivere ma non sono un bravo musicista, so solo trovare facilmente delle melodie. Questo ha il pregio di portarmi a contatto con tanti bravi musicisti, facendomi scoprire il mondo della musica fatto di socialità, collaborazione, apprendimento e della capacità di mettersi in gioco. Trovare le melodie è una qualità di pochi e quel che io scrivo viene portato ad alti livelli da chi sa fare musica. Sono un comico con un lato recondito che guarda alla serietà e questo mi permette di prendere parte a diversi progetti come “Per chi non lo SLA”.

Quali sono le basi per poter trattare un tema così delicato attraverso la musica?
Il progetto è nato da un’idea di Christian Luisi. Lui aveva in mente di riunire tutti i comici sardi, ma quale sarebbe stato il motivo di fondo? Dopo una serata presentata da lui, durante la quale ero coinvolto come ospite, dietro le quinte mi ha detto soltanto una parola, che è bastata a togliermi il fiato per un attimo: la SLA. Poi ho scoperto che quel fiato sospeso era il “La” a qualcosa di grande a cui avrei potuto dare tanto e che al contempo mi avrebbe migliorato come autore ma anche come uomo.
Christian mi raccontò che la SLA è un tema a lui molto caro, in quanto lo coinvolge in prima persona a livello familiare. Questo è bastato a convincermi e qualche giorno dopo, pensando a come poter scrivere la canzone mi è venuto il titolo “Chi non lo SLA”. Ho scritto prima il ritornello, poi tutte le strofe e a lui è piaciuto subito.

C’è un episodio o una persona in particolare a cui ti sei ispirato per scrivere il testo?
Per scrivere la canzone, che non ha nulla di comico, mi sono ispirato ad un’intervista che avevo visto su “Le Iene”, in cui Paolo Palumbo, di Oristano, raccontava la sua testimonianza. Lui è il malato di SLA più giovane d’Italia e ha ideato dei tamponi per aiutare chi ha problemi di deglutizione nella percezione dei sapori. Quanto è bastato a far scattare la scintilla e far partire la penna. Infatti la canzone è studiata come se fosse un malato di SLA a parlare e in una strofa recita “Una soluzione cercala con me, grida tu il mio nome, fai sapere a tutti che possiamo accendere una luce”.Secondo me, tutti abbiamo il dovere di credere alla luce, alla speranza!

In che modo si può contribuire al progetto?
Paolo, che ha 19 anni, ha formato un dream team con l’obiettivo di sensibilizzare e raccogliere fondi per finanziare la ricerca sulla SLA. Si può trovare la sua storia e gli importanti obiettivi che sta portando avanti sul sito iostoconpaolo.saporiacolori.it
Le visualizzazioni del video su YouTube non monetizzano, mentre ciò che fa la differenza è il ricavato dalla vendita del libro “Sapori a colori”, scritto da Paolo Palumbo e dallo chef Luigi Pomata, e il nostro CD, ma soprattutto le donazioni spontanee sul sito. Chiunque può donare, seguendo l’hastag #iostoconpaolo. È bene precisare che non ci sono rimborsi, quindi viene tutto interamente devoluto alla ricerca, nell’ottica della trasparenza.

Oltre alla comicità, c’è anche un’ironia della sorte…
Sì, nella canzone c’era una parte in sardo, che è stata ripresa, riscritta e cantata da Soleandro. Avevo sempre sognato di collaborare con lui, e attraverso questo progetto sono riuscito a mettere anche un bel sigillo all’opera, come una gemma preziosa che impreziosisce un anello. Avevo scritto la canzone per Paolo Palumbo e poi, per altre vie, il ricavato del CD è stato devoluto al suo progetto.Ironia della sorte, sì, infatti quando l’ho conosciuto, alla presentazione del disco, gli ho detto “la canzone l’hai scritta tu”, perché in realtà è così.