La mostra “Umanità” – di Liliana Cano – al Museo Diocesano Arborense

Umanità è il titolo della mostra che è possibile ammirare fino al 29 aprile nel Museo Diocesano Arborense

* di Antonello Carboni

Circa trenta opere di grande formato, che difficilmente si potranno rivedere, considerato che appartengono soprattutto al convento di San Pietro di Silki, alla parrocchiale di Ittiri e alla famiglia Cano, rappresentano alcuni momenti significativi dell’Universo cristiano che l’artista ha scelto di evidenziare con la sua pittura. Oristano non dedicava un tributo all’artista, sassarese di adozione, da circa 20 anni.
Alla serata inaugurale S.E. Ignazio Sanna, ha ricordato come la Passione abbia reso Gesù più vicino alla dimensione umana, alle nostre debolezze ma anche alle nostra ferocia che gli ha inflitto la croce. Silvia Oppo, direttrice del Museo e curatrice della mostra insieme allo scrivente, ha ringraziato l’artista per il suo valoroso impegno profuso, con i suoi 94 anni vissuti quasi interamente dedicandoli all’arte. Liliana Cano, sorridente ed emozionata come se fosse la sua prima personale, ha ricordato invece la sua necessità di non aver mai voluto rifugiarsi nella pittura informale. L’artista, timida, sognatrice ed eterna viaggiatrice, esprime il proprio sentimento per l’arte pittorica sempre in modo rigoroso e riflessivo. Da circa trent’anni le opere della Cano spesso raccontano di donne che si perdono, viaggiano, sognano, faticano, ma che alla fine si ritrovano, gioiose e vincenti. Nel suo percorso artistico non sempre lineare ritroviamo suggeriti diversi influssi dei grandi Maestri dell’arte, non solo internazionali ma anche sardi: De Pisis, Cezanne, Rosai e soprattutto Aligi Sassu, con i suoi uomini rossi, solo per citarne alcuni.
Liliana Cano, una delle ultime artiste significative del secondo novecento in Sardegna, non ha mai abbandonato la sua passione per il disegno, che strutturò con il suo maestro Domenico Valinotti durante il suo corso di studi presso la Scuola d’Arte dell’Accademia Albertina di Torino. Giunge in Sardegna poco più che ventenne. Incontra i pittori Spada, Piu, Settimio Sassu, Magnani e Meledina, con i quali condividerà l’appartenenza all’Associazione degli artisti sassaresi e parteciperà a diverse collettive e personali raggiungendo importanti traguardi e premi. Unica donna artista in mezzo a una moltitudine di uomini ha sempre lottato, sofferto ma anche conquistato un ruolo di primo piano nella pittura sarda e non. L’utilizzo in primis del disegno sulla tavola per definire il contorno delle figure, a mezzo del carboncino o dell’acrilico, oppure il ritaglio della forma e in seguito il segno grafico a contorno della stessa, restituiscono il tratto segnico inconfondibile di un’artista che è costantemente in divenire. L’attenzione che rivela per la figura, per il segno e per la scelta del colore, deciso, univoco, significante, la porta spesso ad una soluzione cromatica evidentemente antinaturalistica, ed è sempre il frutto di una percezione ed interpretazione del mondo, della sua Weltanschauung, e ne costituisce la ormai netta e consolidata cifra stilistica.
Da credente qual è, la professoressa Cano, memore dell’insegnamento di Don Mario Carena, fratello del più illustre Felice, ha fatto suo il pensiero “non l’arte per l’arte ma l’arte per la vita”.