Oristano: i burattini di Antonio Marchi

A tu per tu con l'autore. Gli studenti del Benedetto Croce di Oristano visitano la mostra di Antonio Marchi e intervistano l'artista

* a cura di Roberta Sanna, Roberta Fodde, Nicola Ardu, Angelica Secci, Carmela Trogu, Camilla Fenu, Viviana Rossi, Alessia Boeddu, Andree Frongia

Si accorse che gli occhi si muovevano e che lo guardavano fisso fisso…

Così si potrebbe riassumere la sensazione provata da quanti hanno avuto il piacere di visitare la mostra Baracca e Burattini di Pinocchio allestita al Museo Diocesano di Oristano. Personaggi e scenografie, frutto della creatività di Marchi, capaci di catapultare immediatamente il visitatore nel magico mondo di Pinocchio. Gli sguardi animati dei burattini, ora attenti ora meravigliati, ti trattengono e ti invitano a scoprire le loro storie. La mostra si apre con gli acquarelli realizzati dallo stesso autore. Proseguendo si possono ammirare tre diversi manufatti di terracotta rappresentanti l’inizio della storia. Nel corridoio antistante alla sala principale vengono esposti i calchi di alcuni burattini. Dall’entrata si percepisce l’aria teatrale data dal timpano realizzato al di sopra della porta d’accesso che continua nella sala dove sono presenti 6 coloratissime baracche, ognuna di queste racconta una parte importante della fiaba. La storia si legge attraverso oggetti, colori, pitture, stoffe e soprattutto burattini, arricchiti con un gioco di accostamento di materiali riciclati. In quest’atmosfera il tempo sembra fermarsi e il coinvolgimento di piccoli e grandi diventa totale. Ancor di più se si aggiunge il racconto e l’interpretazione di Antonio Marchi, che riesce a dare al tutto un tocco di magia e a mettere ordine dietro la moltitudine di materiali.

Oltre l’apparente semplicità della classica storia di Pinocchio, emergono interpretazioni e punti di vista molto differenti. Tra questi spicca quella religiosa, che vede Geppetto come il creatore e Pinocchio il peccatore, che si allontana dal Padre e dopo diverse peripezie fa ritorno come il figlio prodigo, grazie anche alla guida salvifica della Fata Turchina, che rappresenta la Madonna. Quindi la fiaba di Pinocchio “racconta la vera storia dell’uomo, che è la storia cristiana della salvezza” dice Cardinal Biffi.

“Ogni racconto che faccio non è mai stato uguale agli altri”: dall’intervista emerge che Marchi, non attenendosi a un copione, ogni volta che racconta la fiaba, a seconda del pubblico fornisce un’interpretazione speciale nel suo genere, mettendo in luce le varie morali. Così ha fatto quando ha ricevuto una visita da parte di un’associazione che assiste ragazzi con disabilità, riuscendo ad annientare la diversità. È questa la magia che si associa al suo nome.Pinocchio antonio marchi museo diocesano6

 

Antonio Marchi, pensiero creativo e mani magiche. Un uomo fuori dalle righe che, dopo 72 anni, dedica ancora la sua vita all’arte, attraverso questa intervista ci permette di entrare nel suo mondo di fantasia.

Perché ha deciso di fare questa vita?

Nella vita bisogna essere decisi, bisogna fare ciò che piace, altrimenti cambiare. Io ho avuto la grazia di Dio di avere mani che mi permettono di lavorare e un pensiero che mi permette di creare.

Chi le ha trasmesso questa passione?

Sono andato a Milano a recitare per una settimana. Ho incontrato dei burattinai e ne sono rimasto sbalordito. Vedevo queste figure che si muovevano e ho pensato: perché tutto questo non c’è in Sardegna? A quel punto ho chiesto ai burattinai se potevo assistere dietro le quinte. Sono stato con loro due giorni, ho visto i movimenti che facevano e ho spiegato loro che avrei voluto proporre qualcosa del genere anche in Sardegna. A quel punto si sono detti pronti a insegnarmi quest’arte se fossi andato con loro una settimana a Parma. Rimasi letteralmente affascinato.

Come ha iniziato a svolgere questo lavoro?

Dovevo studiare i movimenti. Quando faceva buio accendevo le luci per vedere la scia dell’ombra del burattino muoversi. Il mio non è un lavoro statico, devo coordinare i movimenti del burattino con quelli del mio corpo. Per costruirli creo un calco di terracotta per dare la forma alla resina con la quale lo riempio, ma è troppo pesante per le braccia, lo svuoto. Pinocchio nasce come marionetta. Sono l’unico in Italia ad avere il consenso della fondazione Collodi di rappresentarlo come burattino.

antonio marchi Pinocchio2

Se Pinocchio fosse un personaggio attuale, chi potrebbe essere? O potremmo essere tutti?

Siamo tutti Pinocchio, perché abbiamo la visione del bene e del male. Siamo buoni, però spesso diventiamo cattivi. Pinocchio è buono, ma è cattivo quando disubbidisce al padre. Quindi Pinocchio è ognuno di noi. Quante volte noi diciamo bugie? Non ci cresce il naso, però sentiamo il rimorso di coscienza.

Lei insegnava la sua arte, ha ricevuto più gratificazioni o delusioni?

Bisogna vederlo da due punti di vista. Ho avuto delle gratificazioni. Mi hanno sempre chiamato e considerato bene, quindi sanno che qualcosa posso ancora insegnarla. Questo mi fa piacere. C’è però anche un lato negativo: è quello di chi fa una certa politica. Non guarda quello che ha davanti al naso, ma il proprio interesse. Ho avuto la possibilità di occuparmi di tutti gli spettacoli della provincia di Oristano, grazie a un politico che vedeva in me un educatore nel mondo della scuola. Andata via quella Amministrazione, quella che è subentrata non credeva nel mio lavoro. Mi definivano solo un pittore, non riconoscevano le mie capacità. È stato molto deludente, ma la delusione sparisce quando ad esempio ricevo soddisfazioni da mostre che ho finanziato da solo.