#cammino100torri, ambasciatori della Laudato Si’

* di Elisa Delogu

Cammino 100 torri, insieme a un gruppo di una ventina di amici, diversi dei quali provenienti dalla Penisola, sta percorrendo a piedi il cammino di 1284 km lungo il periplo della Sardegna, di torre in torre. Nicola ha messo in piedi un’associazione, ha creato una pagina facebook e un sito web con tutte le indicazioni sul percorso e l’hashtag #cammino100torri. Abbiamo chiesto a don Ignazio Serra, incaricato diocesano e regionale per la Pastorale del Turismo e Tempo libero, di parlarci del progetto che spinge un gruppo di persone a dedicare due mesi della loro vita a un’iniziativa totalmente nuova nel panorama turistico regionale.

La mattina del 24 febbraio lei era a Cagliari per benedire il gruppo Cammino 100 torri. Ci racconta?

Esatto. Prima di rispondere, un breve flashback. Conosco Nicola, ideatore e apripista del Cammino 100 torri, da due anni. Da quando cioè, nell’estate del 2016, pianificò e portò a termine, in solitaria, il periplo dell’Isola. Fu una prima volta in assoluto. Mai nessun altro aveva osato tanto. In quella calda estate ebbi il piacere di ospitarlo nella chiesa di San Lorenzo in Mandriola. Parlammo a lungo. Ricordo come lui progettasse già da allora una seconda edizione in gruppo. Era un fiume in piena sul tema dei cammini.

Ci credeva…

Ci credeva, eccome! Possedeva la stoffa del pioniere e del trascinatore. Aveva ben presenti i vari step per far conoscere e rendere fattibile il progetto. Da parte mia, non potevo che incoraggiarlo, assicurandogli amicizia, disponibilità e accoglienza per lui e per quanti avrebbero sposato la proposta Cammino 100 torri. Seguì la cena tra amici e una torta lo ritraeva in cammino; l’indomani condivisi con lui, passo dopo passo, ben 37 km lungo la costa del Sinis. Da quel giorno, il contatto è divenuto costante, anche grazie ai social. Pertanto, venendo alla sua domanda, mi è parso naturale e amicale essere presente a Cagliari per benedire lui, il suo team e gli immancabili amici a quattro zampe al seguito. Una benedizione che conduce a scoprire e far proprio il messaggio della Laudato Si’, che Francesco ha scritto per ogni uomo e donna che abitano il pianeta affinché ci prendiamo cura della Casa comune. E, devo confessarlo, è stato un momento intenso, vissuto con grande partecipazione da parte di tutti mentre si pregava sui gradini del Capoluogo, a pochi passi dalla Piazza del Santo Sepolcro.

Una preghiera che si fa messaggio ecologico, sulla scia della Laudato si’ di papa Francesco...

Come dicevo, ho attinto dall’enciclica Laudato Si’. E non poteva essere diversamente. Avevo dinanzi un gruppo di camminanti che sarebbero stati immersi, notte e giorno, in mezzo al creato. Il loro camminare li avrebbe portati a conoscere in maniera speciale la nostra terra di Sardegna, se stessi, gli altri compagni e tanta gente durante le loro soste giornaliere. Il messaggio dell’enciclica si sposava molto bene con quanto stavano per vivere e continueranno a vivere ancora sino al loro arrivo a Cagliari. Papa Francesco, infatti, ci invita a far nostra un’ecologia che sia integrale.

Ci aiuta a capire meglio il concetto di “integrale”?

L’ecologia di cui parla Francesco non si limita alla cura dell’ambiente ma al contempo spinge alla cura di se stessi, dei propri consimili, di ogni essere vivente e della stessa nostra relazione con Dio. L’enciclica, infatti, abbraccia l’ambiente e la società. Per Francesco, infatti, “tutto è connesso” e “tutto è in relazione”. Tutto quello che facciamo ha ricadute, positive o negative, sia sull’ambiente sia sulla società. E non solo qui e ora, bensì pure altrove e persino in un domani, più o meno lontano, tanto da raggiungere le future generazioni. Sempre più spesso, infatti, evidenzia Francesco, a pagarne il prezzo più alto, si pensi all’inquinamento, al degrado e ai cambiamenti climatici, sono i più poveri, quelli che non vi hanno contribuito e verso i quali le nazioni più sviluppate hanno una sorta di debito ecologico. Così, si capisce, afferma il Pontefice, che “non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”.

E tutto questo tocca i nostri amici del Cammino delle 100 torri?

Tocca tutti noi, direi. Loro posso essere un richiamo per tutti noi. In questo momento in cui i media li stanno portando alla ribalta regionale, possono divenire “Pellegrini e ambasciatori di un turismo sostenibile e attento alla cura della Casa comune”. Il giorno della loro partenza, da una parte, abbiamo pregato con le parole di Francesco affinché seminassero “bellezza e non inquinamento e distruzione” e, dall’altra, li ho invitati a far proprie nel loro andare le “piccole azioni quotidiane che poi divengono stile di vita”, come scrive Bergoglio al paragrafo 211 dell’enciclica, e che tutti dovremo sempre tenere a mente ogni giorno.

Cosa dice il passo citato?

Il papa ci incoraggia ad una vera e propria “conversione ecologica”. Siamo chiamati a “vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio”. E aggiunge che essa “è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana”. E queste azioni vissute nel quotidiano conducono alla “cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e cosi via”.

Se ho capito bene, il turismo autentico è quello sostenibile, che si prende cura del pianeta.

Non solo l’industria del turismo deve essere sostenibile ma anche i turisti devono avere uno stile di vita sostenibile. Di più, l’abito della sostenibilità deve essere quello di ogni giorno della nostra vita e non solo quando si va in ferie o in vacanza. Dobbiamo sviluppare un turismo sostenibile, non predatorio, non usa e getta; un turismo che non degradi e inquini l’ambiente ma sia rispettoso delle culture, della diversità, delle tradizioni e credenze altrui. Un turismo che generi incontro, arricchimento reciproco, da parte di chi bussa e di chi accoglie; un turismo dal volto umano, che apra porte e cuori, che non si limiti a “vendere ed acquistare prodotti”, che non sia ossessionato dalla massimizzazione dei profitti e non gli importi degli effetti ambientali e delle ricadute sociali ma sappia dar vita ad esperienze, abbattere stereotipi, creare interazioni che durano nel tempo; un turismo che getti ponti e abbatta pregiudizi; un turismo che, una volta ritornati a casa, espanda i nostri orizzonti, dilati i nostri punti di vista, ci renda umili, generi solidarietà e ci aiuti a custodire nella mente e nel cuore volti e nomi, sapori e saperi, contatti ed esperienze genuine, ricordi che rendono la vita migliore per noi e per gli altri.

Ma ritornando a Nicola e alla proposta del Cammino 100 torri, che sviluppo pensa possa avere da qui a cinque anni?

Non vorrei apparire un facile profeta, ma ritengo che la proposta del cammino messa in atto da Nicola avrà un effetto esponenziale. Due anni fa Nicola era solo. Oggi sono già in venti. Più altri 10/20 che si aggiungono di volta in volta per percorrere tratti più o meno brevi. Di certo, capisco benissimo, non è facile avere a disposizione due mesi per compiere l’intero percorso, ma tutti, davvero tutti, possiamo ritagliarci un week end o una settimana per percorrere 100, 200 e più km lungo le coste della nostra Isola. Da soli o con altri. E questo, date le condizioni climatiche della Sardegna, per almeno 9 mesi all’anno, e a costi davvero contenuti. Ci dobbiamo pertanto attrezzare, sia dal punto di vista recettivo sia in termini culturali, per essere noi che abitiamo questo paradiso i primi a metterci in cammino e a comprendere chi vive una simile esperienza. Camminare ti cambia la vita e ti aiuta a vivere dell’essenziale. Ti insegna a non quantificare e a custodire l’ambiente e a coltivare autentiche relazioni. Dal punto di vista spirituale e umano, poi, ti porta a contemplare, lodare, ti spinge ad avere i piedi per terra ma a guardare di continuo al cielo.

Vero, ma come la mettiamo in termini di strutture ricettive?

Sì, le strutture recettive della Sardegna lungo la costa, in certi periodi dell’anno, sono per lo più chiuse. Penso soprattutto ai camping, in quanto chi cammina ha uno stile improntato alla sobrietà. Il cammino di Nicola, infatti, necessita di punti di accoglienza a distanze di 20 max 30 km. A febbraio e marzo i camping sono ancora chiusi. E pertanto ha dovuto bussare a non poche strutture religiose e parrocchiali per poter disporre almeno di un tetto per la notte. Ma ne sono certo, quando la domanda crescerà, anche i camping allungheranno la loro apertura e così pure come chiesa sarda dobbiamo  favorire sempre più questo genere di ospitalità. Come Pastorale del turismo regionale siamo chiamati ad offrire non solo spazi a chi è provvisto di una credenziale che lo connota come un pellegrino, ma occorre che favoriamo occasioni per lasciar emergere le domande insopprimibili sul senso della vita e della fame di verità e bellezza insite in ogni uomo e donna. Come incaricato regionale della Pastorale del Turismo, sarà mio dovere impegnarmi per sensibilizzare sacerdoti, laici e comunità religiose maschili e femminili ad offrire, compatibilmente alle loro possibilità, la necessaria ospitalità e ascolto. Mi auguro che si crei nel giro di cinque, dieci anni una sorta di vortice del turismo lento, sostenibile e solidale non solo lungo le coste ma anche nel cuore dell’Isola e da costa a costa.

È ottimista?

Lo sono… per natura. Papa Francesco nell’Enciclica si chiede: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Nicola e i suoi amici sono una possibile risposta: un mondo dove il camminare è metafora della vita e si apprende a custodire se stessi e il creato, coltivando relazioni autentiche con gli altri e con Dio, che ci spingono a lasciare a chi verrà dopo di noi un mondo solidale e migliore. Dobbiamo crederci. Tutti. E metterci in cammino.