Catechesi del Vescovo: Salvezza e Paradiso

“Papà era ateo. Ma ci ha fatto battezzare, noi figli, tutti e quattro. Era un uomo bravo. È in Cielo, papà?”. “Che bello che un figlio dica di suo papà: era bravo. È una bella testimonianza che quell’uomo ha dato ai figli. Se è stato capace di fare figli così, è vero, era un uomo bravo”
“Non era credente ma ha fatto battezzare i figli, aveva il cuore buono: com’è il cuore di Dio davanti a un papà così? Come può giudicare un papà buono un Dio che ha un cuore di papà? Davanti a un papà, non credente, che è stato capace di battezzare i figli e di dare loro quella bravura, voi pensate che Dio sarà capace di lasciare quel papà lontano da Lui? Pensate quello?”.

Il Papa ha risposto con l’immediatezza stessa di Gesù, che, dall’alto della croce si rivolse al ladrone pentito e gli disse: “oggi sarai con me in paradiso”. Non gli fece l’esame della fede, e, neppure della morale. Apprezzò il pentimento sincero e, in qualche modo, fece la prima canonizzazione della storia cristiana senza il processo.

Questo dialogo del papa con un bambino orfano di padre, in una domenica di aprile, nella parrocchia di Corviale, a Roma, racchiude uno dei temi fondamentali della teologia: la salvezza eterna. Ovviamente, il bambino Emanuele non aveva letto la pseudo intervista di Eugenio Scalfati al papa, nella quale il papa avrebbe detto che l’inferno non esiste. Ma le sue lacrime e la sua domanda racchiudono il problema della fede nell’esistenza della vita eterna e della retribuzione dopo la morte.

Il problema della salvezza eterna è stato affrontato a suo tempo dal teologo tedesco Karl Rahner, con la tesi dei cosiddetti “cristiani anonimi”. Con questa tesi, Karl Rahner volle indicare una possibilità di salvezza anche per i non cristiani. “Secondo la dottrina stessa della Chiesa, egli scrisse, un uomo può essere in possesso della grazia santificante, essere quindi giustificato e santificato, figlio di Dio, erede del paradiso, positivamente indirizzato per grazia alla sua salvezza eterna e soprannaturale prima ancora di aver accettato un credo esplicitamente cristiano e di aver ricevuto il battesimo. “Cristianesimo anonimo”, dunque, significa in primo luogo: grazia interiore che santifica coloro che non hanno ricevuto il battesimo ”. La questione teologica affrontata da questa tesi, come si vede, non è periferica e marginale, ma tocca il cuore stesso del cristianesimo e della possibilità di salvezza al di fuori di esso. È una questione che investe la persona storica di Gesù Cristo, che proprio a partire dalla sua esistenza concreta, porta a compimento in sé la natura umana, e salva tutti gli uomini, partecipi della stessa natura umana.

K. Rahner trattò espressamente della questione della salvezza dei non cristiani e dei cristiani non praticanti, per la prima volta, in un articolo del 1950, dedicato al problema pastorale dei “cristiani pagani e dei pagani cristiani”. Secondo lui, molti uomini camminano nelle tenebre dell’errore a causa della cattiva testimonianza dei cristiani. I cristiani, perciò, hanno il compito di mostrare che la loro via di salvezza è più prossima e più breve di quella dei non cristiani.

Più tardi, in un saggio sul “cristianesimo e i suoi parenti increduli”, Rahner affrontò l’interrogativo della possibilità di salvezza eterna dei propri congiunti increduli, di quelli di un’altra confessione religiosa, di coloro che sono divenuti apostati teorici o pratici. In questi casi, secondo lui, bisogna sperare nella misericordia di Dio e nella salvezza di tutti, evitando di giudicare gli altri, perché ognuno di noi è sotto il giudizio di Dio.

Il primo ricorso esplicito al termine “anonimo” nel contesto della vita cristiana e del cristianesimo in generefu in un piccolo saggio, dedicato a “la parola della poesia e il cristiano”, del 1960. Lo stesso termine tornò in un altro saggio dello stesso anno, su“la teologia del potere”. Va ribadito che nessun’altra tesi rahneriana fu contestata come questa, sia con argomenti validi che con accuse meno valide.