Intervista a Dj Fanny: “Non abbattetevi alla prima difficoltà”

articolo a cura di Carla Mameli e Martina Chessa

Un incontro unico, all’interno del Festival della comunicazione, quello con Andrea Turnu, il dj sardo malato di SLA e con lo chef Paolo Palumbo, di cui avevamo già parlato su queste colonne quando presentò il bellissimo libro sulla cucina. In questa occasione vogliamo conoscere meglio Dj Fanny

Un evento atteso per noi giornaliste di Volta Pagina del liceo di Ghilarza: sapevamo di incontrare un ragazzo coraggioso, una persona amante della vita, uno che lotta per affermare la sua dignità nonostante tutto. Giorni prima gli abbiamo chiesto l’amicizia su facebook: Dj Fanny ha accettato volentieri di dedicarci un po’ del suo tempo per rispondere alle nostre domande.

Com’è nata la tua passione per la musica? E cosa ti ha spinto a non mollare dopo aver scoperto la malattia?

L’amore per la musica mi accompagna fin dalla tenera età. Ricordo quando da bambino ascoltavo le compilation di mio padre, un grande ammiratore di James Brown, e aspettavo con ansia il Festivalbar d’estate. Questa passione è poi cresciuta con me fino a sfociare nell’adolescenza in quello che era il mio grande hobby, fare il dj! In realtà non è stato semplice decidere di non arrendersi alla malattia. Come tutti sapete e come potete vedere chiaramente, si tratta di una delle patologie più aggressive e debilitanti che possano esistere, infatti, soprattutto nella fase in cui ha iniziato ad intaccare il mio sistema respiratorio, la voglia di reagire era molto poca. Però una volta fatto l’intervento di tracheotomia, il fatto di tornare a casa dopo una lunga degenza in Rianimazione, il fatto di sentire così forte intorno a me l’affetto di tutti e, non ultimo, quello di poter tornare a comunicare grazie al mio puntatore oculare, sono stati tutti fattori determinanti che mi hanno spinto a reagire!

 Perché hai scelto il nome “dj Fanny”?

È stato molto semplice in realtà: Fanny è il soprannome che mi deriva da mio padre, il Fanni originale, Giovanni in sardo appunto! E quindi Dj Fanny!

Com’è stato il passaggio dalla console al sintetizzatore?

È stato un passaggio strano ma non molto traumatico. Sono sempre stato un grandissimo appassionato di tecnologia, dunque non c’è voluto molto a capire che era possibile scaricare nel mio puntatore oculare, il software Virtual dj per fare dei mix. Certo, mettere musica con gli occhi non è così semplice e mi c’è voluto un bel po’ di allenamento. Ora ho deciso che voglio fare un salto di qualità, sto studiando musica perché voglio iniziare a comporrebbe e a utilizzare software più sofisticati!

Che messaggio speri di mandare ai giovani con la tua battaglia?

Innanzitutto vorrei che non si fermassero davanti a nulla. In molti giovani di oggi sento sempre più spesso le parole “non ci riesco” senza neanche aver mai provato. Questo mi rattrista molto, perché a volte ci vuole veramente poco tempo per fare una cosa. Queste sono piccole cose che ho imparato ad apprezzare. Quindi, ragazzi, non abbattevi alla prima difficoltà.

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Nel febbraio del 2017 dj Fabo ha deciso di staccare la spina. Cosa ne pensi della sua scelta?

Penso che dj Fabo abbia avuto molto coraggio a fare quello che ha fatto, e naturalmente io approvo in pieno la sua scelta, quindi sono totalmente favorevole, ma c’è ancora tanto da fare e soprattutto le persone dovrebbero avere più cuore in certe situazioni, ognuno dovrebbe poter fare ciò che vuole, soprattutto in questi casi.

Hai espresso più volte il desiderio di poter salire sul palco di Sanremo, in particolar modo l’anno scorso presentando la tua richiesta a Baglioni. Come hai reagito di fronte alla sua indifferenza?

La storia di Sanremo è più complicata di quello che sembra. Vi spiego: in realtà sia Baglioni che la Rai sapevano tutto, ero in contatto con l’ufficio stampa della Rai. Ho ricevuto tante promesse ma alla fine sono le case discografiche che decidono. Fosse stato per Baglioni non ci sarebbero stati problemi.

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Non nascondiamo che l’incontro , dopo questo contatto, è stato molto forte: ammirazione per lui, per Paolo Palumbo e per il grande amore delle persone che si prendono cura di loro, delle famiglie prima di tutto: un invito per tutti noi a non chiudere gli occhi davanti alla sofferenza degli altri.