Presbiteri: quando la distanza aguzza l’ingegno pastorale.

Il Qoelet ci ricorda che c’è un tempo per abbracciarsi e un tempo per astenersi dagli abbracci. E non di meno, al tempo del Covid-19, un  numero notevole di sacerdoti deve aver pensato che dinanzi a una chiesa vuota per l’assenza forzata dei fedeli, occorreva reagire in qualche modo.

La risposta è stata molteplice: non è mancato chi, pur potendo celebrare, ha optato per non farlo, dicendosi solidale con chi era costretto a un digiuno forzato; chi, invece, ha continuato a celebrare in maniera privata o quasi, a porte chiuse e\o aperte; c’è chi, poi, in città, la domenica, ha escogitato la celebrazione dalla terrazza della chiesa per permettere a quanti
abitavano nei palazzi all’intorno di assistere alla messa affacciandosi al balcone; chi ha usato l’impianto degli altoparlanti e attraverso il sonoro ha raggiunto chi abitava nei paraggi della parrocchiale; chi ha affidato la sua voce alla radio parrocchiale e chi, invece, ha preferito ricorrere allo smartphone per entrare, live, nelle case e nelle vite attraverso i social: facebook, youtube, zoom, solo per citarne alcuni.

Assai variegata, quindi, la risposta di fronte a questa situazione inedita e inaspettata: si va dal principiante che non aveva mai fatto la diretta, a chi l’aveva utilizzata in alcune occasioni speciali, a chi, invece, ne faceva già uso per lo meno domenicale e festivo. Dirette con i pro e i limiti che si possono immaginare! Per cui, se da una parte, è fin troppo facile sottolineare quel che non va, dall’altra, invece, sono da ammirare coloro che comunque fanno e ci mettono la faccia, rispetto a chi, dagli spalti, pretende di insegnare, restandosene comodamente seduto mentre ha da dire la sua su come, nel campo, i giocatori giocano la partita!

Senza voler dare un voto, è lodevole chi, dinanzi al problema, non si limita a registrarlo ma va alla ricerca della possibile soluzione.

Circa i contenuti, in questo ultimo mese, in diverse parrocchie della diocesi arborense, ci si è mossi assicurando la diretta delle celebrazioni feriali e/o festive, Arcivescovo compreso, come pure la preghiera della Liturgia delle Ore, la recita del rosario, la via crucis, cicli di catechesi, etc. o fornendo, attraverso i profili facebook, informazioni utili e comunicazioni di servizio relative alle proprie comunità; come pure ricorrendo a WhatsApp audio e\o scritti, invitando singoli e gruppi a momenti di preghiera, offrendo riflessioni e continuando a creare comunione nella comunità.

Proposte tutte finalizzate ad alimentare la fede dei credenti, costretti a stare rinchiusi in casa e, tuttavia, non di meno fruitori attivi e creativi di quanto offerto dai parroci e sacerdoti nelle rispettive chiese parrocchiali.

Oltre al numero elevato di connessi alle varie dirette, rispetto a quanti di solito sedevano nei banchi prima della pandemia, si è registrata una massiccia interazione, e non solo con l’invio di emoticon o like, ma commentando ora con un semplice “amen”, ora con un versetto biblico oppure mediante brevi frasi  tratte dall’omelia.

Infine non si può tralasciare lo sforzo di alcuni sacerdoti che hanno finalizzato la loro creatività verso un target preciso, come ad esempio i bambini, una fascia che vive con più fatica il tempo del Covid-19 senza cogliere appieno quel che sta succedendo in casa e fuori. In questa linea, alcuni don hanno scelto di impegnarli con un lavoretto da realizzare ogni settimana, seguendo il calendario liturgico, oppure attraverso dei brevi racconti, stile favola, che contengono un insegnamento per riflettete in questo nostro tempo; altri ancora, attraverso brevi video, tipici del contesto oratoriano, hanno vestito i panni del clown, comunicando gioia e spensieratezza mediante il linguaggio del corpo, così da strappare un sorriso nei più piccoli e di riflesso nei loro genitori, con un effetto domino salutare per tutta la famiglia.

Insomma, tanti sacerdoti, in questo tempo di pandemia da Covid-19, hanno cercato di tessere reti di comunione e di preghiera mediante i social e non solo, nella piena consapevolezza che, se si vive bene ora questo tempo difficile, dopo, tutti, potremo essere migliori.

Articolo a cura di don Ignazio Serra e pubblicato su

L’Arborense n.14 del 12 aprile 2020