I Gosos. Madonna di Bonaria, un Arca po fai dimora

Continuano gli approfondimenti sui gosos della tradizione sarda.

Il 13 settembre 1907 il papa San Pio X considerando specialmente l’affetto esimio dell’avita divozione dei popoli dell’Isola di Sardegna verso il principale loro Santuario di Bonaria, colla sua suprema autorità dichiarò ed elesse a speciale patrona di tutta la Sardegna presso Dio la Beatissima Vergine Madre di Dio, sotto il titolo di Bonaria, con tutti i privilegi ed onori, che di diritto competono agli speciali Patroni dei luoghi.

Così leggiamo nelle Notizie storiche del Santuario di N.S. di Bonaria in Cagliari del mercedario Francesco Sulis (aggiornata nel 1935 dal p. Candido Schirillo). Il Santo Padre parla a ben ragione di avita divozione dei Sardi per il Santuario di Bonaria. Come, infatti, nota la dott.ssa M. Giuseppina Meloni dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea nel suo interessante studio, Ordini religiosi e santuari mariani. I Mercedari e il culto per Nostra Signora di Bonaria a Cagliari tra Quattro e Cinquecento (2006), nella relazione del visitatore generale Martin Carrillo al re di Spagna Filippo III del 1612 leggiamo che nel convento di Cagliari, intitolato a Nuestra Señora de Buenayre, si conservava la statua della Vergine. Questa, gettata in mare da una nave di mercanti, sarebbe arrivata alla spiaggia di fronte alla chiesa senza bagnarsi e con una candela in mano. L’avita divozione dei Sardi ha dimostrato il suo esimio affetto anche col canto dei gosos.

L’illustre musicologo sardo, dott. Giampaolo Mele dell’Universitá di Sassari, nel suo articolo Il canto dei Gosos tra penisola iberica e Sardegna. Medio Evo, epoca moderna (2003), ci ricorda che la prima testimonianza dei gosos in Sardegna sarebbe di quelli dedicati alla Mare de Déu de la Mercè. Lo stesso studioso rileva che alla fine del Cinquecento si cantavano i goigs della Madonna di Bonaria. I goigs, forma catalana del castigliano gozos, cui fa riferimento il dott. Mele, sono quelli stampati da Antiogo Brondo a Cagliari nel 1596 nella Parte primera del libro llamado historia y milagros de N. Señora de Buenayre de la Ciudad de Caller de la isla de Cerdeña (studiati dal dott. Joan Armangué i Herrero).

Per questo nostro appuntamento, ho scelto la seconda versione, delle tre raccolte da don Giovanni Dore, in dialetto campidanese e intitolata A Nostra Signora de Bonaria. I gosos giocano molto sui prodigi che circondano il simulacro della Vergine Maria. Il primo prodigio è Maria stessa: O prodigiu de natura, de Bonaria alta signora (torrada). La parola prodigiu è usata anche per descrivere il concorso di popolo e clero che raggiungono il luogo in cui la cassa si è fermata: Est prodigiu sorprendenti aundi accurrit festosu de unu populu numerosu, de su Cleru prontamenti, senz’avvisu precedenti aundi s’arca fait dimora (strofa 10).

I gosos ripercorrono i momenti in cui la ricca barca de merzis (strofa 3), quando xelu e mari s’est cambiau, e su bentu si est mustrau tempestosu a sa propria ora (strofa 4), rischia di inabissarsi e i marinai cuss’arca signalada ghettau hant a mari ancora (strofa 5). Nella strofa successiva l’autore invece di usare prodigiu usa portentu per descrivere cosa succede nel momento in cui la cassa viene buttata in mare: Oh! portentu! In cuss’istanti sa tempesta hat serenau, dogna merzi hat affundau solu s’arca est galleggianti de su tempus triunfanti, de sa calma mediadora (strofa 6). Quando la cassa, arrivata a su lidu destinau […] est Casteddu nominau bella terra d’Eleonora (strofa 8), a chi spetta l’onore del possesso e di aprirla?  Così scrive l’autore: E su Cleru dda possedi, s’arca hat fattu sa sentenzia; ma una boxi in competenzia spettat solu a sa Mercedi (strofa 11). In poche parole si narra la nascita di un vincolo che dura ancora oggi fra N.S. di Bonaria e l’Ordine dei Mercedari che ne custodisce l’effigie.

Proprio per ricordare i 650 di questo sodalizio, Papa Francesco ha scritto una lettera alla Chiesa di Cagliari e al suo Pastore, mons. Giuseppe Baturi, e facciamo nostre le sue parole: Possa anche oggi, all’umanità bisognosa di ritrovare la via della pace e della fraternità, parlare ancora il Signore mediante il messaggio della Madonna di Bonaria. E possano i suoi numerosi devoti renderne a tutti valida testimonianza, mediante una sempre più salda adesione a Cristo e una generosa donazione ai fratelli, specialmente i più bisognosi.

A cura di Giovanni Licheri. Pubblicato su L’Arborense del 3 maggio 2020.


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