I Gosos. Seis porta de su xelu.

Gosos. Il titolo mariano del Buon Cammino si è diffuso in Oriente e in Occidente.

Prosegue sul nostro sito il percorso di approfondimento liturgico fatto attraverso la lettura dei Gosos a cura di Giovanni Licheri e pubblicato sulle pagine de L’arborense. In fondo all’articolo, in allegato, tutte le pubblicazioni precedenti.


Seis porta de su xelu

Attendei nos piedosa, Maria de Bonu Camminu, questa invocazione così familiare, conclude sa torrada dei gosos a Nostra Signora de su Bonu Camminu. Questo titolo potremmo considerarlo come la resa in sardo di Odigitria. In questo attendei c’è tutta la dolcezza della sintesi del ruolo materno di Maria. Sì della Mamma ‘e su Verbu Divinu, della Madre di Dio, titolo confermatole solennemente nel Concilio di Efeso del 431. Mamma anche di quanti però l’hanno accolto, (cui) ha dato potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12).

Una mamma accompagna i primi passi del proprio bambino, lo tiene per mano e, se cade, lo consola: Seis Mamma consoladora, chi disterrat sa tristura (strofa 1).
San Giovanni Paolo II nell’enciclica
Redemptoris Mater (1987) scrive che lei è la madre di quella Chiesa che in questo cammino – desidero rivelarlo subito – procede ricalcando l’itinerario compiuto dalla Vergine Maria (n. 2).

Una Chiesa pellegrina dove Bos invocant, Signora, is poberus camminantis (strofa 11). Maria è, come scrive San John Henry Newman: la Virgo praedicanda, la Vergine che deve essere proclamata, annunziata a tutti; letteralmente, predicata. Quando si chiede a un bambino di parlare della propria mamma, lui ne tesse le lodi, ed è in questo atteggiamento che si pone l’autore dei gosos: Mamma digna de laudari cun cantigu peregrinu (strofa 2). Una lode che attraversa il tempo, continua, dove: Tottus is generazionis Bos acclamant diciosa (strofa 12). Maria, astru luminosu, chi ghiat is navigantis (strofa 3), scrive sempre nell’enciclica il santo polacco: definitivamente introdotta nel mistero di Cristo mediante questo evento: l’annunciazione dell’angelo (n.8).

Agli inizi della redenzione fa riferimento il nostro testo che descrive Maria nel mistero di Cristo: Cun grandu ammirazioni arricestis s’ambasciada, ch’in Bosu Deus s’incarnada po sa nostra redenzioni (strofa 4). L’inizio della strofa 5, Partoristis senza dolori, essendi virgini pura, ci riporta alla mente il prefazio della notte pasquale del Sacramentario Gregoriano Supplemento dove si fa un parallelo fra il parto di Maria e la generazione della Chiesa: Come la Madre del Signore, la santa madre Chiesa li concepisce senza corruzione, li partorisce senza dolore, e li conduce
con gioia a realtà sublimi.

Nell’articolo precedente abbiamo ricordato il detto Ad Jesum per Mariam. Su questo filo il nostro autore scrive: Seis porta de su xelu chi dona franca s’istrada, de patriarcas suspirada (strofa 8). In tre righe altrettanti richiami biblici molto importanti. Ianua coeli (Porta del cielo), diciamo nelle litanie lauretane, in quanto il Signore passò per lei quando dal cielo discese in terra (Newman). Nei vangeli Gesù attribuisce a sé questo titolo: Io sono la porta; se uno entra per mezzo di me, sarà salvato; entrerà, uscirà e troverà pascolo (Gv 10,9). S’istrada, potremmo tradurre anche via. Chi è? Ci viene ancora in aiuto il vangelo giovanneo: Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me (Gv 14,6). Gesù dice di sé di essere la via al Padre, e Maria ci indica questa via di salvezza. Via desiderata anche dai pratriarchi. E qui sembra riferirsi al vangelo di Luca: Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono (Lc 10,24).

In diverse parti della Sardegna la Vergine Maria viene festeggiata con questo titolo: Sassari (dove è anche patrona del gremio dei Viandanti e della Brigata Sassari), Iglesias, Quartu. La comunità di Milis custodisce un’antica chiesa intitolata alla Vergine del Buon Cammino. Rimanendo nell’ambito della diocesi arborense, mi è caro ricordare la chiesa della Madonna della Strada di Nurallao, voluta fortemente dall’indimenticabile mons. Francesco Zanda e costruita con il concorso gratuito e generoso di tutta la comunità nurallaese.

A cura di Giovanni Licheri. Pubblicato su L’Arborense del 7 giugno 2020.


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