Approfondimento liturgico: il nuovo Messale (terza parte)

Alla scoperta del nuovo Messale: il Gloria e la Colletta 

I riti d’introduzione e di conclusione della Messa costituiscono una vera e propria cornice rituale che, lungi dall’essere semplicemente un’introduzione e una conclusione, costituiscono una vera parte importantissima della celebrazione eucaristica. Purtroppo però queste due parti appaiono un po’ sproporzionate rispetto al percorso rituale della Messa. Tra le due, come abbiamo cercato di sottolineare la volta scorsa, i riti di introduzione (con l’Atto penitenziale, il Gloria e la Colletta) risultano abbastanza ricchi e comprensibile, diversamente dai riti conclusivi che appaiono invece, purtroppo, davvero molto poveri.

Terminato l’atto penitenziale, con le problematiche aperte in merito al rito dell’assoluzione, ecco una novità emergere anche per quanto riguarda l’antichissimo inno del Gloria. La traduzione del versetto et in terra pax hominibus bonae voluntatis non sarà più e pace in terra agli uomini di buona volontà ma e pace in terra agli uomini, amati dal Signore. Non voglio entrare nella disquisizione teologica o scritturistica in merito alla traduzione e al significato profondo dei termini bonae voluntatitis con amati dal Signore. I vescovi italiani hanno ritenuto che così fosse più chiaro il messaggio evangelico.

Voglio ricordare a tutti che il canto del Gloria a Dio o Gloria in excelsis Deo è un’orazione antichissima e perciò circondata da una speciale venerazione. L’incipit di quest’inno inizia con le parole che gli Angeli pronunciarono in occasione dell’annunciazione della nascita di Cristo ai pastori (cfr Lc 2,14). Storicamente questo inno liturgico è un chiaro esempio di quelle composizioni chiamate salmi privati ovvero composizioni popolari diffuse nella tradizione liturgica cattolica del II e III secolo.

A partire dal IV divenne parte delle preghiere del mattino: ancora oggi in molte celebrazioni della Chiesa ortodosso-bizantina, è presente quest’inno in modo assai ecumenico. Nel rito bizantino, il Gloria viene denominato Dossologia o anche Esclamazione rituale, cioè un breve inno che loda, esalta e glorifica Dio. Nel Messale di Paolo VI, anche nella terza edizione, viene ribadito che il Gloria deve essere cantato o recitato sempre durante la Messa domenicale, eccetto nelle domeniche d’Avvento, in Quaresima, nelle Esequie e nel giorno della Commemorazione dei defunti.

Purtroppo però, mentre nel Missale Romanum (in latino) sono proposte ben 5 intonazioni diverse per il canto del Gloria, nel nostro nuovo Messale non c’è neppure una piccola indicazione; anche nel settore dedicato alle melodie (in fondo al messale) non si fa alcun riferimento. Pazienza: ci arrangeremo da soli!

La nuova traduzione (amati dal Signore) con la variazione testuale, attende ora il lavoro di adeguamento delle frasi musicali del testo precedente e la composizione di nuove melodie da parte degli autori. C’è comunque un rischio, quello di perdere tutto il patrimonio melodico fiorito in questi 50 anni.

Terminato il canto del Gloria, il presidente raccoglie le intenzioni dell’assemblea e proclama la Colletta. Già l’editio typica altera (la seconda edizione) aveva, nella versione italiana, numerose collette di nuova formulazione, alcune molto interessanti e ben riuscite: queste nuove collette hanno il pregio di anticipare alcune tematiche, soprattutto quelle legate al vangelo, quasi una funzione preparatoria all’ascolto della Parola di Dio.

Con la III edizione si è messo mano a numerose altre collette: sono certo che sarà l’uso liturgico a determinare l’efficacia o meno di queste nuove orazioni. Mi pare, comunque, che in genere le nuove collette siano abbastanza chiare, anche poetiche pur se qualche volte un po’ troppo concettuali (magari precise a livello teologico (lex credendi) ma poco evocative e suggestive. Mi auguro poi che il presidente dell’assemblea (vescovo o presbiterio che sia) sappia sottolineare e far risplendere il grande rito del silenzio, specie  tra l’invito Preghiamo e la proclamazione della Colletta… questo silenzio, se ben celebrato, darà profondità e ampiezza, respiro e colore a tutta la celebrazione.

Tonino Zedda (3 – continua)


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