Approfondimento liturgico: alla scoperta del Nuovo Messale (Sesta PARTE)

Alla scoperta del nuovo Messale: il Credo e la Preghiera universale

Le Premesse al Messale (PNMR 67) per quanto riguarda la Professione di fede precisano che: Quando è prescritta la Professione di fede, si potrà usare il Simbolo niceno-costantinopolitano o quello detto degli Apostoli: in modo che l’assemblea possa proclamare, con diverse formule, la stessa unica fede. Sarà il criterio dell’utilità pastorale a suggerire l’uso di questo secondo simbolo, che pure è patrimonio del popolo di Dio e appartiene alla veneranda tradizione della Chiesa Latina.

Esso richiama la professione di fede fatta nella celebrazione del sacramento del Battesimo e si inserisce opportunamente nel Tempo di Quaresima e di Pasqua, nel contesto catecumenale e mistagogico del prezioso itinerario dell’Iniziazione cristiana. Per una sua più facile memorizzazione, nella lettera e nel contenuto, è opportuno che il Simbolo degli Apostoli venga utilizzato per un periodo piuttosto prolungato.

Sarebbe cosa lodevole imparare anche una forma cantata del Simbolo, in modo da proclamarlo solennemente almeno qualche volta durante l’anno liturgico (es. a Natale o a Pasqua, per l’anniversario della Dedicazione o per la festa del Santo Patrono.

Unitamente al nuovo Messale, i nostri vescovi ci hanno consegnato anche un nuovo Orazionale, il libro cioè che contiene tutte le preghiere che si possono declamare o che possono fungere da pensatoio per ispirare le preghiere della concreta assemblea parrocchiale. Le Premesse al Messale (IGMR 69-71) chiariscono cosa sia e come debba essere formulata la preghiera universale (detta comunemente dei fedeli): la Preghiera universale, o dei fedeli, è prevista di norma nelle Messe domenicali e festive. Dato tuttavia il suo rilievo pastorale, poiché consente di porre in relazione la liturgia con la vita concreta della comunità e con il mondo intero, è opportuno prevederla anche nelle Messe feriali con la partecipazione del popolo.

Perché la Preghiera universale sia veramente rispondente al suo spirito e alla sua struttura, le norme richiamano l’esigenza di non improvvisarle mai anzi è bene che per tempo le intenzioni vengano esattamente formulate iscritto; in più si chiede che vengano rispettate la successione e la sobrietà delle intenzioni, tenendo presenti in particolare l’anno liturgico, le emergenze ecclesiali e sociali, il suffragio dei defunti.

Nelle Messe domenicali e festive è fuori luogo introdurre lunghe liste di nomi di defunti per i quali si offre il santo sacrificio. Il presente Orazionale ripropone in buona parte le medesime intenzioni di preghiera del vecchio libro, anche se sono state sottoposte a restiling quasi tutte le formulazioni. Sono state inserite nuove intenzioni e orazioni e qualche nuova acclamazione.

Personalmente, il libro mi pare un po’ deludente perché le intenzioni ricopiano un unico modello di preghiera (supplica o intenzione e acclamazione); in appendice vengono proposte solo due tracce musicali di una semplicità sconfortante. Avrei gradito qualche nuovo modulo musicale e anche qualche formulazione diversa, magari con citazione dai salmi o da altri testi biblici; anche le risposte dell’assemblea sono tutte pressoché uguali, sulla stessa modulazione. In fondo, credo che la decisione dei nostri vescovi risponda all’esigenza pastorale di dare non un prodotto preconfezionato (come di solito succede coi foglietti che circolano nelle nostre parrocchie), ma uno spunto perché la preghiera non sia troppo universale né troppo generica ma, al contrario, ben radicata nella concreta assemblea liturgica che si riunisce qui e ora, in una determinata e concreta porzione della Chiesa universale.

A cura di Tonino Zedda (6-continua)

Servizio pubblicato su L’Arborense


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