III Domenica di Avvento. L’approfondimento della Parola.

Davanti al Signore che viene tra noi: spianate le valli, raddrizzate la via.

La domenica del gaudio, dell’allegria, della felicità, della gioia. In ogni modo si dica, siamo in una domenica in cui l’attesa è vissuta in modo positivo e rasserenante. Sembra un ossimoro, ma è così.

Solo chi ama sa quanto sia bello che i giorni passino veloci quando si aspetta la chiamata o la visita della persona amata. Quella attesa è già pienamente allegria, è vivida di speranza, è pregna di ciò che l’interezza dell’umano desidera. È come lo sguardo del bambino davanti a una cosa che gli piace e assiste alla sua preparazione. La figura austera di Giovanni Battista si staglia nella pagina evangelica come il primo testimone del Cristo.

Ancora una volta, come nel vangelo di Marco di domenica scorsa, si definisce voce che grida nel deserto. La voce si sente ma non si vede, si percepisce ma non si può toccare, eppure sappiamo che proprio dalla voce spesso riconosciamo qualcuno, ne individuiamo l’identità. Giovanni è voce che prepara al riconoscimento del Messia. Lui stesso deve riconoscerlo e annunciarlo per dargli testimonianza. Il contesto è evidentemente forense, per avvalorare la testimonianza è necessario avere degli inquirenti e un indiziato. Giovanni testimonia in modo deciso e pronto, ma senza rimanere nel teorico. Giovanni aiuta a evitare l’equivoco sulla sua persona e su ognuno che dirà di essere il Cristo: è l’ultimo paladino della lotta contro gli idoli materiali e spirituali.

Quante volte incontriamo persona che vogliono mostrarsi salvatori? Che amano ostentare la propria bravura per essere idolatrati?

Non di rado ci imbattiamo in santoni di vario genere che desiderano essere osannati. Giovanni rifugge questo pericoloso inganno, per sé e per gli altri, e si definisce voce. Tuttavia, a differenza di tante voci rumorose e confusionarie, Giovanni annuncia la via per accogliere il Cristo: Rendete dritta la via del Signore.

Siamo abituati a sentire la citazione preparate la via oppure appianate la via. Il quarto vangelo invece ci ricorda l’urgenza di rendere dritta la via, cioè di evitare di continuare a costruire tornanti e tortuosità che allungano la strada, che la rendono faticosa, che sfilacciano il nostro procedere verso il Signore.

San Paolo ai Tessalonicesi chiarisce il modo in cui poter vivere questo cambiamento: siate lieti, pregate senza sosta, rendete grazie sempre, non spegnete lo Spirito, vagliate ogni cosa, astenetevi dal male e conservate il bene. Il desiderio di Paolo non è dare ricette moraleggianti su come agire, ma suggerire il gusto della fede e invitarli alla speranza. Ecco, dunque, il grido di Giovanni Battista è declinato nella prima comunità credente e nella storia di fede della Chiesa, che ci invita al gaudio e alla letizia che nasce dalla venuta di colui che non battezza con acqua.

Il salmo responsoriale ci propone il lieto canto del Magnificat. Maria si riconosce toccata dalla Grazia e formata dall’opera dell’Onnipotente, che ha steso su lei il mantello dell’amore. Si riconosce beata non per merito personale, ma per la gratuita iniziativa di Dio. Questo canto – a cui forse ci siamo troppo abituati, perdendo lo smalto dello slancio di Maria davanti al dono del Cristo incarnato – risponde fulgidamente alla gioia di Isaia, nella prima lettura.

Il profeta esulta nel Signore e gioisce di grande gioia poiché è rivestito di una veste di salvezza che solo Dio poteva concedergli. Non solo una sorta di corazza per la battaglia, ma un vestito nuziale per vivere al meglio l’incontro con il Signore.

A cura di Michele Antonio Corona

Pubblicato su L’Arborense n. 43/2020