Approfondimento liturgico. Alla scoperta del nuovo Messale: settima parte.

Alla scoperta del nuovo Messale: prefazi e traduzioni

Abbiamo più volte chiarito che questa attesissima terza edizione italiana del Messale Romano non va intesa come un nuovo testo liturgico, ma come la normale evoluzione del Messale di Paolo VI, quello uscito dal Vaticano II (edizioni latine: 1970, 1975, 2000/2008). Ai nostri vescovi va riconosciuto il merito e il coraggio di aver tentato un’operazione interessante e preziosa ma anche rischiosa e difficile: proseguire nell’opera iniziata dal Vaticano II con la Riforma Liturgica in modo da avvicinare sempre di più i testi liturgici al sentire (leggasi anche al sentimento) dei fedeli, ma preservandone il calore e il colore tipico del rito cristiano in modo che, con arte e sentimento, venga celebrata nel migliore dei modi la Santa Eucaristia.

Dentro questo rito, infatti, confluisce e riprende vigore la vita stessa della Chiesa e di ciascun fedele: la Messa, appunto, è fons et cultmen della vita liturgica, morale e sociale della comunità ecclesiale. In questa III edizione del Messale, visto i quasi vent’anni che hanno impiegato a pubblicarla, i vescovi della CEI, forse, avrebbero potuto osare di più magari componendo una nuova preghiera eucaristica tipica per le Chiese d’Italia di questo inizio del terzo Millennio.

Comunque, dopo una prima personale esperienza di uso del Messale, in queste prime settimane, sono rimasto molto edificato: in alcuni passaggi, infatti, i testi del Messale mi sono sembrati particolarmente suggestivi e toccanti, con un’espressività empatica, profetica ed evocativa notevole; certo rimane ancora molto da migliorare. A mio avviso qualche fragilità appare nella scelta dell’italiano e nella costruzione sintattica. Sappiamo tutti che una cosa è l’italiano scritto altra cosa è l’italiano parlato, una cosa è la lingua usata nel commercio, altra cosa è la lingua usata nell’arte, nella poesia o nel giornalismo.

Così la nuova traduzione dei Salmi responsoriali mi pare abbastanza piatta, ormai non sembra più un testo poetico tantomeno un testo da cantare o da cantillare: per essere fedeli agli antichi testi non abbiamo tenuto conto del nostro contesto celebrativo. I nostri vescovi hanno scelto di mettere al primo posto la fedeltà al testo greco o addirittura a quello ebraico. L’italiano usato nell’eucologia del nuovo Messale per i nuovi testi liturgici è migliorato molto rispetto a quello usato per la traduzione della Bibbia del 2008, che ancora oggi fa tanta fatica a essere accettata dal sentire comune, perché pur essendo molto vicina ai testi originali greci (e di questo gliene diamo atto), ha però vari scotti da pagare in comprensione e in bellezza.

Mi sembra davvero assurdo che il presidente di una assemblea debba usare del tempo per tradurre in italiano…. l’italiano! E purtroppo succede alcune volte che, per essere fedeli al testo originale si rischi di essere incomprensibili ai fedeli. Un unico esempio per non rischiare di essere polemici e basta.

Nel brano di Isaia 11,6 Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. Ma che significa in italiano piccolo fanciullo? Esistono forse fanciulli grandi? Probabilmente era da cambiare il termine fanciullo (dal latino medievale fanticello piccolo d’uomo, che non sa ancora parlare), con il più comprensibile ragazzo oppure bambino senza aggiungere piccolo o grande che in italiano è superfluo e tautologico o per lo meno desueto.

Per quanto riguarda le preghiere eucaristiche il nuovo Messale latino aveva già recepito, riformulandole e migliorando il testo, la Preghiera eucaristica V nelle sue quattro varianti, e le due preghiere eucaristiche della Riconciliazione. Questo è un aspetto metodologico interessante: una tradizione nazionale ha influenzato l’editio typica latina che è per la Chiesa universale. 

Ci sono stati anche degli arricchimenti nell’edizione italiana rispetto a quella latina: sono stati inseriti due prefazi nuovi per i Pastori e due prefazi per i Dottori della Chiesa, che non erano presenti né nell’edizione precedente, né nell’editio typica latina. Non è un aspetto secondario, se pensiamo alla necessità di utilizzare il prefazio dei santi dottori anche per le donne che hanno questo titolo ecclesiale. 

Per quanto riguarda il proprio dell’Anno Liturgico ci sono alcune significative aggiunteInnanzitutto, sono state inserite le messe vespertine (vigilari) per l’Epifania e per l’Ascensione, che non esistevano nell’editio typica altera.

 A cura di Tonino Zedda (7. – continua)