Liturgia. L’eucologia del Natale nel nuovo Messale.

Anche nella nostra rubrica, sul nuovo Messale Romano, vogliamo trattare un argomento natalizio. Mi soffermo sui testi eucologici della celebrazione del Natale, che riflettono il complesso processo dell’origine e della storia di questa solennità.

Per precisare il grande valore delle metafore ispirate dalla Notte santa, la Chiesa afferma che la sorgente della luce, portata dal nostro Salvatore incarnato, è la fede umile e modesta: per fidem fulget in mente. Si può e si deve parlare di ombra della fede ma, in definitiva, essa sola ci offre una luminosità essenziale su Dio e su noi stessi, e l’esperienza amara del mondo contemporaneo basta, per mostrarci quanto tenebrosi siano i sentieri che da essa si dipanano.

La fede deve, però, diventare operosa attraverso la carità; la luce della fede deve illuminare e guidare le opere, la verità rivelata deve manifestarsi attraverso una vita pienamente cristiana. Nella nostra vita dovrebbe specchiarsi la viva immagine del Verbo eterno, il Cristo che si è incarnato nel seno purissimo della Vergine Madre, ancora oggi vuole incarnarsi in ciascuno di noi: chi fa la volontà di Dio è per me fratello, sorella e Madre. Chi lo accoglie e fa sua la bella notizia del Padre permette al Cristo di operare la salvezza.

I testi delle tre Messe di Natale sono ricchissimi sia nella parte della Liturgia della Parola sia nelle altre preghiere presidenziali (parte eucologica). Mi soffermo sul primo prefazio di Natale, che riporto integralmente: È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti (il messale Romano III ed. traduce il termine rapiamur con conquistati) all’amore delle realtà invisibili. E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l’inno della tua gloria… Quest’antichissima formula liturgica considera il mistero dell’Incarnazione primariamente come assunzione, da parte del Verbo, della natura umana, più che come l’inizio della vicenda storica di Gesù: il Natale è il luogo dello scambio tra la natura umana e la natura divina più che l’iniziale manifestazione del volto di Dio e dell’uomo nella figura storica di Gesù, che culminerà nella Pasqua. Il mistero di Cristo, quindi, è più destoricizzato rispetto ai testi del Nuovo Testamento proclamati. Per comprendere appieno il contenuto della solennità del Natale bisogna anche avere presente il senso originario della celebrazione chiamata apparitio Domini in carne ossia manifestazione del Signore nella carne. Dice a tal proposito san Leone Magno: Oggi il Fattore del mondo è nato dal virgineo seno: chi ha creato tutte le cose è divenuto figlio di colei che egli ha creato. Oggi il Verbo di Dio è apparso rivestito di carne; la natura che mai era stata visibile agli occhi umani, incominciò ad essere persino palpabile.

Fu proprio col Papa Leone Magno, durante il Concilio di Calcedonia, ad affermare e difendere la fede della Chiesa nel Mistero dell’Incarnazione contro l’interpretazione gnostica e ariana. Questo splendido prefazio del tempo di Natale è una perla della liturgia romana, tratto dagli scritti di San Leone Magno, se non composto tale e quale lo abbiamo dal santo Dottore stesso. Questo testo è passato, di messale in messale, ed è giunto fino a noi senza cambiamenti. Intriso di verità e di bellezza bisognerebbe assolutamente cantarlo con solennità e spirito gioioso.

A cura di Tonino Zedda (8- continua)