Colonia penale di Isili. Intervista a don Aldo Carcangiu

Il 21 dicembre, l’Arcivescovo ha celebrato con i detenuti e il personale della colonia penale di isili. Per l’occasione L’Arborense ha intervistato don Aldo Carcangiu, cappellano della struttura penitenziaria. Condividiamo l’articolo anche sul nostro sito.


La cura di relazioni più umane.

Anche lavorare assieme per realizzare un presepio può essere una buona occasione per uscire dai soliti schemi e provare a costruire relazioni nuove. Ce lo racconta don Aldo Carcangiu, sacerdote originario di Nureci che da 12 anni è cappellano a Isili della Casa di Reclusione, meglio conosciuta come Colonia Penale. In questi giorni, con alcuni dei detenuti, abbiamo realizzato un presepe all’aperto e mentre si lavorava insieme mi è capitato di descrivere, man mano che si inserivano i personaggi, le situazioni di allora e come le stesse possono attualizzarsi oggi, ci spiega don Aldo. E allora ho avuto la possibilità di dire che quel Dio che si è fatto carne, non lo ha fatto per i meriti di ciascuno ma lo ha fatto soprattutto per i bisogni di ogni uomo. La tenerezza del Signore si rivela verso chi quella tenerezza la ricerca e ne ha cura. Nel presepe i pastori son quelli che più di tutti rappresentano gli ultimi del tempo di Gesù e sono una speranza per gli ultimi di oggi: a loro, primi fra tutti, duemila anni fa, Gesù è stato mostrato appena nato. Agli ultimi, ai bisognosi di oggi, il Signore continua a mostrare la sua tenerezza.

Un messaggio ricco di speranza, quello di don Aldo. Lo stesso che quotidianamente cerca di offrire nel suo servizio all’interno della colonia penale e che condivide con tutto il personale presente nella struttura: il Direttore, la Polizia Penitenziaria, gli educatori, tutti sono espressione di un volto di umanità, tutti si cerca di fare in modo che passino buoni messaggi e soprattutto che si accompagnino i detenuti verso la fine della pena, sinonimo di libertà ma anche conclusione di un percorso che li ha visti impegnati a riconoscersi bisognosi e ultimi. Cosa che, in realtà, dovrebbe essere in ciascuno di noi. In questo senso, siamo un po’ tutti detenuti.

Un concetto, quest’ultimo, alla base anche del servizio che si porta avanti dentro un carcere o una Casa di Reclusione. È evidente, chiarisce il cappellano. Non si può, infatti, parlare di Grazia se non consapevolizziamo il fatto che anche ognuno di noi si deve far visitare da quella Grazia. Se non riconosciamo di essere bisognosi è difficile poi andare a portare questo messaggio in un luogo come questo.

Anche l’Arcivescovo ha voluto sottolineare questo aspetto nell’incontro avuto in struttura lunedì appena trascorso. È stata la prima volta, da quando io sono cappellano, ci confida don Aldo Carcangiu, che un Arcivescovo ha voluto celebrare il Natale anche con noi. Un bel segno molto gradito da tutti. Peccato non si sia potuto animare così come altre volte è successo in occasione di visite importanti. Speriamo che quanto si sia vissuto non si fermi alla logica dell’evento, che non sia occasione dovuta solo perché è Natale. Si è carcerati tutti i giorni, tutto l’anno. Far visita ai carcerati è considerata opera di carità. Ma avrà valore solo se chi la vive, in primis, sarà capace di farsi visitare lui personalmente.