Alla scoperta del nuovo Messale: un nuovo significato al testo

Da oltre un mese abbiamo iniziato a usare la nuova traduzione italiana del Messale Romano. Nella Chiesa Arborense, come in tutte le altre diocesi della Sardegna e in moltissime diocesi italiane, è entrata a pieno regime dalla I domenica di Avvento.

Possiamo dire quindi che, da oltre un mese, stiamo acquistando sempre più familiarità col testo, che ha poche novità sostanziali e che abbiamo ormai facilmente memorizzato.

Oltre alle novità, ci sono anche altre variazioni e traduzioni che meritano un’analisi più approfondita: è ciò che intendo fare avvalendomi di un recentissimo studio, molto interessante, del prof. Mario Gagliardi, docente Ordinario all’Ateneo Regina Apostolorum di Roma. Come spesso accade, alcune traduzioni risultano essere migliorative, altre si potrebbero definire neutre, altre ancora suscitano qualche perplessità. Il prof. Gagliardi si sofferma (a mo’ di esempio) sulla nuova traduzione della preghiera Eucaristica III, che crea qualche perplessità nell’ultima edizione del Messale. Il testo originale latino, riportato fedelmente in tutte e tre le edizioni, nella seconda traduzione italiana, che abbiamo usato fino al 30 novembre scorso, così acclamava: Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito. Egli (cioè il Cristo) faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti … 

Questa traduzione, entrata nel sentire del popolo di Dio, era chiara e solenne. Nel Nuovo Messale, invece, si è voluto stranamente cambiare registro: Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa la vittima immolata per la nostra redenzione, e a noi, che ci nutriamo del Corpo e del Sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Lo Spirito Santo faccia di noi un’offerta perenne a te gradita, perché possiamo ottenere il regno promesso con i tuoi eletti…. etc. Si potrebbero fare numerose osservazioni a questa versione, dato che non solo il testo latino non è stato tradotto con maggiore fedeltà di come si è fatto, ma si è cambiato anche il contenuto teologico. È da apprezzare, nella traduzione del 1983, solo un dettaglio, ossia il fatto che il secondo paragrafo traduce l’Ipse originario latino correttamente con Egli.

Anche un lettore distratto si rende conto che il riferimento è a Cristo, nominato nel rigo precedente (perché diventiamo, in Cristo, …) e non allo Spirito Santo: Spiritu eius Sancto repleti (e si noti che lo Spirito Santo è qualificato come eius=suo, cioè di Cristo, che resta, assieme a Dio Padre, il centro di attenzione di questo testo. Con tutto ciò mi domando: come mai questo cambiamento sostanziale? Per quale motivo ci si è allontanati così tanto dal testo latino?

D’ora in poi non diremo più Egli [Cristo] bensì, secondo la nuova traduzione, Lo Spirito Santo faccia di noi... Nulla, naturalmente, contro lo Spirito Santo! Sembra però opportuno chiedersi fino a che punto si possa concedere libertà al traduttore e inoltre in base a quali criteri egli abbia operato le proprie scelte. Infine, sottolinea amaramente il docente universitario, sorprende anche che un simile errore di traduzione sia passato indenne attraverso le varie fasi di controllo previe all’approvazione definitiva della nuova traduzione.

Questo, tuttavia, è più facile che accada se chi deve controllare la fedeltà della traduzione è, in ultima analisi, la stessa istituzione che la realizza. In fondo ciò che dispiace di più è che la CEI delegando agli esperti (latinisti e teologi) non abbiano ritenuto di accettare come svarione questo cambiamento di prospettiva liturgica e dottrinale.

A cura di Tonino Zedda (9- continua)