Alla scoperta del Messale: le preghiere eucaristiche

Nel nostro itinerario di conoscenza della III edizione del Messale Romano (MR) giungiamo al cuore stesso del libro liturgico: la Preghiera Eucaristica.

Questa centralità scaturisce non solo per il fatto che la Preghiera eucaristica contiene le parole della consacrazione, che ne sono il fulcro, ma perché essa è il momento culminante che dà il nome a tutta la celebrazione. Le Preghiere eucaristiche sono nove: quattro, previste dalla Riforma liturgica del Vat. II, poste all’interno dell’Ordo Missae (rito della Messa); quindi altre cinque (le due preghiere per la Riconciliazione e le tre oggi identificate Messe per varie necessità), accolte nel MR in un tempo successivo e disposte in appendice allo stesso Ordo.

Quella che prima era chiamata Preghiera eucaristica V (suddivisa in quattro varianti A, B, C, D), nel nuovo Messale è stata denominata per varie necessità. Le preghiere eucaristiche hanno alcune parti fisse comuni: il dialogo iniziale; l’acclamazione Sanctus;  le parole della consacrazione all’interno del racconto dell’istituzione; l’anamnesi (Mistero della fede: con le tre forme di risposte identiche al Messale precedente); la dossologia finale: queste parti sono identiche nelle diverse preghiere e non vi sono cambiamenti rispetto alla precedente edizione del MR.

Nella traduzione della Preghiera eucaristica II c’è stato un riferimento molto interessante e molto azzeccato: il richiamo alla rugiada dello Spirito. Nell’epiclesi, cioè nell’invocazione allo Spirito Santo sui doni, che precede il racconto dell’istituzione e la consacrazione, il presidente dichiara solennemente: Santifica questi doni con la rugiada dello Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo.

Da dove viene questo riferimento: si tratta del recupero della traduzione letterale del testo latino che solennemente recitava: Spiritus tui rore sanctifica, cioè santifica con la rugiada (rore) del tuo Spirito. Quest’immagine proviene dal testo più antico da cui è stata tratta la Preghiera eucaristica, vale a dire un’antichissima anafora contenuta nella Traditio Apostolica, prezioso e importante documento liturgico del III-IV secolo.

La Commissione post-conciliare per la realizzazione della Riforma volle inserire quest’espressione nella II Preghiera eucaristica, presente anche nella liturgia ispanica. L’immagine della rugiada richiama l’ambiente geografico della Terra promessa, nel quale la rugiada costituisce un bene prezioso, che supplisce all’assenza della pioggia. Per questo senso di prosperità, di fecondità, di risveglio e di forza vivificante che si posa nel silenzio, il profeta Osea ne parla per descrivere la presenza e l’azione di Dio verso Israele: Sarò come rugiada per Israele (Os 14,6). Nell’Antico Testamento, la rugiada è segno di benedizione che scende dal cielo e permea ciò che tocca (la terra, il popolo). Essa è anche paragonata alla vita fraterna (cfr. sal. 133), alla Parola di Dio che gocciola come rugiada (Dt 32,2), allo sguardo tranquillo di Dio che si posa  sulle sue creature (Is 18,4).

La rugiada precede e svela il dono della manna (Es 16,13-14). Il suo simbolismo notturno, è di notte che si forma la rugiada, invita l’uomo a contemplare la gratuità dell’azione divina. La ricchezza simbolica di quest’immagine descrive perfettamente l’azione benedicente di Dio che si posa sull’uomo e in particolare il dono dello Spirito che viene a fecondare di bene e di grazia l’umanità intera. Lo Spirito scende come rugiada e si posa sul pane e sul vino, perché diventino il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo.

A cura di don Tonino Zedda (11- continua)