I Domenica di Quaresima. L’approfondimento della Parola

Nei tempi forti (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) la liturgia propone prima e seconda lettura sotto la chiave tematica del vangelo. Pertanto, la pagina di Marco della I di Quaresima è lo spettro attraverso il quale poter cogliere il senso del testo di Genesi e della Prima lettera di Pietro.

In modo ancora più specifico, i prenotando del Messale ci ricordano: di tutta la Scrittura, come di tutta la celebrazione liturgica, Cristo è il centro e la pienezza (n.5). Così, in Quaresima diventa ancor più necessario partire dall’annuncio evangelico per comprendere il legame con le altre letture.

Il vangelo di Marco ci presenta le tentazioni (tema consueto della I domenica) in modo molto essenziale e differente rispetto a Matteo e Luca. Non troviamo citazioni scritturistiche, specifiche tentazioni/prove a cui Gesù è sottoposto dal diavolo, non si fa alcun accenno al digiuno, non si annota che Satana alla fine della prova lo lascia. Piuttosto, la scena si sviluppa in uno sfondo positivo e rappacificante.

Lo Spirito lo getta nel deserto in cui Gesù dimora per quaranta giorni. Il verbo essere, che viene utilizzato, non denota una presenza tormentata e turbolenta, bensì un normale e necessario passaggio nella vita di Gesù. È il momento preparatorio, quasi il tirocinio alla missione pubblica; ed esso non può che prevedere la presenza di una prova importante, di un test, di un esame ricognitivo che apra alla missione. In altre parole, le tentazioni per Marco non sono un trabocchetto diabolico per far allontanare Gesù dalla sua missione salvifica, ma il naturale e sostanziale momento di verifica delle intenzioni, della preparazione, dell’accettazione di una missione unica e decisiva.

Solo Marco, infatti, presenta lo scenario di una nuova creazione attesa con l’arrivo del Messia: ritorna il rapporto sereno con le fiere e gli angeli non sono separati dall’umanità, ma agiscono in funzione di essa. Sono vere tentazioni, ma il carattere drammatico presentato dagli altri Sinottici è in secondo piano.

Ciò che nel testo di Genesi viene simbolicamente descritto solo dopo un intervento purificatore e distruttore di Dio attraverso il diluvio, nel vangelo è opera completa di Gesù. L’arcobaleno, unione tra il cielo e la terra dopo il temporale, è rappresentato dalla parola di annuncio: sono ormai maturi i tempi (favorevoli), il regno di Dio non si deve più attendere.

La promessa a Noè, per cui niente più sarebbe stato distrutto per essere purificato, trova compimento nella carne del Figlio: convertirsi non è l’atteggiamento morale da affiancare alla fede, ma ne è il riverbero esistenziale. Credendo, cambi vita.

Pietro lo afferma attraverso la gratuita e libera iniziativa di Cristo che muore giusto per gli ingiusti una volta per sempre. Così, la Quaresima può essere vissuta non come tempo di privazioni, ma come tempo di compimento; quaranta giorni che ci preparano alla gioia piena della risurrezione e non teatrino di malinconie spirituali per i nostri peccati; sentiero per una nuova creazione e non palestra per evitare la dannazione.

A cura di Antonio Michele Corona

Pubblicato su L’Arborense n.6/2021