Studi biblici: il luogo della Trasfigurazione

Dove avvenne la trasfigurazione di Gesù?  

Il Vangelo di Marco assegna alla memoria della trasfigurazione di Gesù (9, 2-10) una collocazione precisa, tra la teofanìa sul Giordano e la proclamazione angelica della Sua risurrezione. I tre Vangeli sinottici concordano nel raccontare la presenza divina col simbolismo di una nube accompagnata da una voce misteriosa. Luca narra che:  prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno. Anche nel Getsemani, mentre Gesù stava pregando, i discepoli dormivano.

La trasfigurazione anticipa la gloria di Pasqua. Nel rappresentare lo stesso episodio, i tre evangelisti intendono indurre, pur con sfumate descrizioni, a seguire Gesù fino alla croce. Ascoltare la rivelazione messianica di Gesù, seguirlo fino alla croce, vivere in comunione con la Sua risurrezione rappresentano tre componenti fondamentali della vita di fede.

I Vangeli sinottici sono concordi nel situare l’evento della Trasfigurazione su un monte, ma non lo denominano. Matteo (17,1) e Marco (9,2) descrivono in modo indeterminato un monte alto; Luca invece si limita a segnalare: un monte. Una tradizione antica, attestata già nel IV secolo da S. Cirillo di Gerusalemme e da S. Girolamo, identifica il monte anonimo della Trasfigurazione con il monte Tabor (in arabo: Gebel at-Tur; la montagna).

Tale monte, che si innalza per circa 600 m sul livello delle valli circostanti, è unico nella Palestina per la sua forma tondeggiante e isolata e per la sua folta vegetazione. Sulla cima i bizantini eressero tre chiese, a ricordo delle tre tende che, secondo la narrazione evangelica, l’apostolo Pietro avrebbe voluto innalzare per Gesù e i due ospiti di rilievo. Ne riferisce l’Anonimo Piacentino, che le visitò nel 570.

Un secolo dopo, Arculfo (monaco) annota di aver trovato numerosi monaci; il Commemoratorium de Casi Dei (una descrizione del secolo IX) menziona il vescovado con monaci al servizio di quattro chiese. Durante la dominazione latina l’officiatura del santuario centrale fu affidata ai benedettini, che lo abbellirono. Esso fu distrutto dal sultano Al-Malik Al-Adil (fratello di Saladino) per costruirvi una fortezza. In seguito il monte rimase desueto per secoli.

Solo nel 1631, i francescani ebbero il possesso del monte Tabor. Nel XX secolo è stata costruita l’attuale basilica. L’attenta analisi delle rovine ha confermato del tutto le fonti letterarie menzionate. Sono stati recuperati i resti della chiesa crociata e bizantina. Benché tale documentazione letterario-archeologica, non pochi esegeti moderni ubicano il sito della Trasfigurazione sul monte Hermon (al confine tra Israele, Siria e Libano).

Essi fanno notare che i Vangeli sinottici, al momento della Trasfigurazione, suppongono che Gesù si trovasse oltre la Galilea, nella regione di Cesarea di Filippo (nord di Israele), prima dell’episodio della Trasfigurazione. Gli storici Polibio e Giuseppe Flavio narrano che il monte Tabor era abitato; perciò non era possibile che Gesù trovasse la solitudine che cercava.

Eppure Gesù, discendendo dal monte Hermon, massiccio di 2814 m, non poteva trovarsi circondato dalla folla e dagli scribi. Polibio si riferisce al III secolo a.C. Anche se il Tabor era abitato, non è escluso che si poteva trovare un posto solitario, dal momento che esso era coperto di vegetazione.

A cura di Giovanni Enna

Pubblicato su L’Arborense n. 7/2021