L’approfondimento della Parola per la Veglia pasquale

La paura e la fuga di discepoli e donne non frenano il progetto d’amore di Dio Padre

Il sepolcro è aperto. I segni della morte sono assenti, mentre un giovane seduto e rivestito di bianco annuncia: il crocifisso è risorto. Niente è come prima e niente può essere uguale a se stesso. Ciò che era morto rivive; ciò che era chiuso è aperto; chi taceva ora può annunciare.

Il senso della Pasqua cristiana è racchiuso nel segno della pietra rotolata. La storia di Gesù, terminata nella cifra del limite, del fallimento, della sconfitta, rivela interamente il suo significato non nell’eliminazione della pietra, non nella cancellazione del sepolcro, non nel nascondere la morte, ma nella sua soluzione. La risurrezione pretende il passaggio attraverso la morte; l’annuncio esige la severità del silenzio; la contemplazione produce meraviglia.

Eppure, lo stupore che può portare alla lode, all’apertura, nelle donne genera paura. Il vangelo liturgico taglia l’ottavo versetto in cui si narra dello sgomento delle donne e della loro fuga. Già i discepoli erano scappati al Getsemani, mentre le donne avevano seguito Gesù e lo avevano accompagnato fino al sepolcro. L’abbandono e la fuga sono stati il segno distintivo dei discepoli; ora sono le donne a fuggire per paura.

Un sepolcro occupato da un cadavere è cosa normale, scontata, comprensibile. Invece un giovane vivo e splendente che vi siede dentro e che annuncia l’esatto opposto della morte mette paura e sconvolge. Il verbo greco utilizzato è lo stesso che Marco attribuì a Gesù nell’orto degli ulivi: sentire paura. Il Dio della vita non poteva stare dentro un sepolcro, né lasciarsi rinchiudere da una pietra. Giuseppe, col coraggio di chi attende il Regno di Dio e ne intravede i segni, ha chiesto il corpo di Gesù e lo ha posto in un sepolcro scavato nella roccia.

Lui che aveva rotolato la pietra per chiudere il sepolcro non è presente il mattino dopo il sabato per rotolarla via. Le donne sono preoccupate per questo e, invece, tutto è già risolto. Come recita il salmo del grande alleluia: la destra del Signore si è alzata, la destra del Signore ha fatto prodezze. Il grande annuncio di Pasqua si trasmette dal ragazzo alle donne e da Maria Maddalena ai suoi seguaci. Una catena di gioia, che non manca di una sfumatura di paura, di tremore, di inadeguatezza, di disorientamento.

Nell’epistola della veglia, quasi a conclusione della grande storia della salvezza celebrata dalle Scritture, Paolo afferma la grande certezza della fede: Cristo, risorto dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. In lui siamo morti, sepolti e risorti. Non è una verità che sta lontana da noi, che ci sorpassa, che ci sfiora, ma ci coinvolge, ci riguarda, ci ha innestato nel germoglio vivo dell’albero della vita. Ciò che Adamo provò a rubare, a noi è donato. Ciò che ad Abramo fu risparmiato sul Moria, noi lo contempliamo sul Golgota. Ciò che i profeti non poterono neppure sperare, noi lo abbiamo visto, udito e accolto.

Il Figlio ci ha salvati per mezzo del dono unico e irripetibile dell’amore. Quale Dio poteva amare così tanto da mandare e donare il suo Figlio? Possiamo rispondere con certezza: il Padre di Gesù Cristo e nostro!

A cura di Michele Antonio Corona

pubblicato su L’Arborense n.12/2021