Liturgia. Importanza e significato dell’ottava di Pasqua

La festa di Pasqua non può essere contenuta nel tempo

La Domenica di Pasqua, e i sette giorni successivi, dovrebbero essere un momento identitario per tutta la comunità cristiana. Purtroppo però l’esperienza sempre più diffusa è che l’Ottava di Pasqua, invece, sia una delle celebrazioni liturgiche che sono vissute meno intensamente, da parte delle nostre parrocchie: dopo il forte tempo di Quaresima assistiamo, purtroppo, a un decadimento di interesse e di partecipazione della comunità: sembra di tornare a una ferialità fin troppo ordinaria; a parte la benedizione delle famiglie (dove ancora resiste), e a parte le prime Comunioni (e talvolta le Cresime), per il resto, ci sembra di partecipare a domeniche vissute (o almeno sentite) come ordinarie, quasi feriali.

Come mai? Il Tempo di Pasqua dovrebbe essere caratterizzato da celebrazioni gioiose e da iniziative missionarie rilevanti. Su questo punto credo che, profeticamente, tutte le comunità dovrebbero fare di più e meglio. Ritengo importante conoscere, in profondità, il significato dell’Ottava e del tempo di Pasqua. Esso include anzitutto la Domenica di Pasqua con i sette giorni seguenti (che culminano nella Domenica in Albis chiamata oggi anche della Divina Misericordia) e prosegue per altri 40 giorni fino all’Ascensione, per concludersi al 50mo con la Pentecoste.

Fin dal III secolo, i cristiani hanno iniziato a estendere alcune feste oltre il giorno proprio. Mi spiego: le gioiose celebrazioni di Pasqua venivano prolungate e duravano almeno otto giorni pieni. I cristiani sentivano ogni giorno dell’Ottava come se fosse la Domenica di Pasqua. Questa tradizione è stata conservata sia nel rito romano che in diversi riti orientali.

Durante l’Ottava di Pasqua non si svolgeva alcun lavoro, era una festa continua. I neofiti, battezzati dal Papa nella Veglia pasquale, dovevano partecipare, ogni mattina, in una chiesa diversa di Roma alla Messa e ricevere la Santa Comunione. La sera si recavano a San Giovanni in Laterano per l’ufficio dei Vespri, solitamente presieduto dal Papa. I neobattezzati indossavano la veste battesimale durante l’intera Ottava.

Se queste particolari tradizioni battesimali non vengono più praticate dalla Chiesa cattolica, l’Ottava di Pasqua resta però un momento di celebrazione per tutti, un periodo gioioso per rimanere ancorati alla bellezza della Resurrezione del Signore. Pasqua infatti è un momento di festa comunitario, per lodare Dio e godere della compagnia dei fratelli nella fede.

Conclusi i giorni del digiuno quaresimale, viene il momento della festa condivisa! I neofiti erano accompagnati da tutta la comunità che pregava con loro durante le celebrazioni del mattino: la sera della domenica in Albis, terminato il canto del Vespro, ai piedi del Papa deponevano le vesti bianche e riprendevano i consueti abiti civili. Questo giorno è dunque l’ottavo dopo la Pasqua: ormai non si celebra più il sabato (lo shabath), come giorno di riposo, ma la Pasqua; con essa è inaugurato il tempo nuovo: la domenica.

È il giorno della nuova luce che cancella l’antico sabato: il Figlio di Dio ha voluto questo cambiamento, l’ha marcato col suggello della sua potenza. La Pasqua è, dunque, per sempre fissata di domenica, perciò ogni domenica è Pasqua. Gesù Risorto ha voluto che la sua Chiesa comprendesse questo mistero pasquale: poiché, avendo intenzione di mostrarsi una seconda volta ai suoi discepoli, riuniti tutti assieme, ha aspettato, per farlo il giorno dopo il sabato cioè la domenica.

Durante i giorni precedenti ha lasciato Tommaso in preda ai suoi dubbi; solamente nel giorno dopo il sabato, cioè la domenica, è voluto venire in suo soccorso, manifestandosi a questo Apostolo in presenza degli altri e obbligandolo a deporre la sua incredulità di fronte alla più palpabile evidenza della gloria della resurrezione (Gregorio Magno).

A cura di Tonino Zedda

Pubblicato su L’Arborense n.13/2021