Tradizione e liturgia. I gosos de s’ottava de Pasca

Regina coeli laetare

Oe cun rara armonia in coro si dêt cantare, Regina coeli laetàre, alleluia e allegria. Sa torrada dei gosos per S’ottava de Pasca, raccolti da don Dore, incorniciano il tempo pasquale con la gioia per la risurrezione del Cristo e inseriscono in questo mistero la Regina coeli. Il legame fra Gesù e Maria è il cuore di questi gosos.

Questa versione può essere definita un piccolo compendio sulla storia di Pasqua vista da diversi punti di vista: liturgico, tradizionale e scritturistico. Proprio i differenti versi che compongono l’antifona mariana pasquale che, secondo la tradizione, sarebbero le parole angeliche sentite dal pontefice san Gregorio Magno in un mattino di Pasqua, accompagnano le strofe della prima parte. Quem meruisti portare, cando l’han tentu in s’ortu, giantèris l’han bistu mortu e oe resuscitàre, hana bistu effetuàre su chi nàrat sa profezia (strofa 2).

In questo giorno si realizza la profezia che i detrattori di Gesù riportano a Pilato: si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: Dopo tre giorni risorgerò (Mt 27,62-63). Nella strofa 4 troviamo il riferimento all’apparizione di Gesù alla Maddalena introdotto dalla terza strofa dell’antifona mariana: Sa domìniga manzànu resurrexit sicut dixit, Maddalèna lu vidìsit in figura de ortulanu, cun sa bandèra in manu faghìnde a sos santos ghia. Le strofe 6 – 12 sono, tecnicamente parlando, la parte più biblica dei gosos. Il loro autore, infatti, riscrive in poesia il passo evangelico di Marco 16,1-8.

Tentiamo di fare un piccolo parallelo fra il testo dei gosos e quello biblico. Sa Jacòbe e sa Salomè andèsit a su manzànu, portend’aroma in sa manu (strofa 6); Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù (Mc 16,1). Issas pensosas meda in su camminu andènde, inter issas resonènde, chie hat fàgher manèra de nos amòver sa perda pro ùnghere su Messia (strofa 8); La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. E dicevano tra di loro: Chi ci rotolerà la pietra dall’apertura del sepolcro? (Mc 16,2-3). Fit su logu illuminàdu de un’anghelu risplendente pius de sole rilughente, pius de nie imbiancàdu (strofa 10). Entrate nel sepolcro, videro un giovane seduto a destra, vestito di una veste bianca, e furono spaventate (Mc 16,5). Signoras, chie chircàdes, s’anghelu lis hat nàdu, chi Cristos sepultàdu, inòghe no agatàdes (strofa 11); Ma egli disse loro: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui; ecco il luogo dove l’avevano messo (Mc 16,6). A Galilea est andàdu Jesu Cristu Nararènu, de grazias tottu pienu est oe resuscitàdu, nàdelu a Pedru amàdu, chi ancòra no l’ischìat (strofa 12); Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto (Mc 16,7).

Nella strofa 14 possiamo intravedere qualche richiamo alla sequenza pasquale Victimae paschali laudes, attribuita solitamente al cappellano dell’imperatore Corrado II il monaco Wippone, soprattutto nel riferimento al passaggio da morte a vita: Tra sa festas pius brillàntes, ses, o Pasca, istituìda, prite in tue s’est cumplìda su misteru pius amante, ses passazu triunfante de sa morte a sa gloria.

Questo accostamento ci consente, prima di concludere la nostra riflessione, di spiegare l’importanza storica e liturgica del titolo Ottava de Pasqua. La Chiesa, recependo la tradizione ebraica, considera questo periodo come un unico giorno.

Il grande Dottore della Chiesa, Sant’Agostino d’Ippona, definisce il celebrare l’Ottava pasquale consuetudine della Chiesa. L’importante fonte liturgica conosciuta come Sacramentario Gelasiano testimonia che questo periodo terminava col sabato; mentre sarà con San Gregorio Magno che si estenderà alla domenica, che prenderà il nome di Dominica post Albas e poi Dominica in Albis. I nostri gosos si concludono con un’invocazione che invita la Vergine a non piangere, ma a gioire: Noli plus quam lacrimare, gaude Virgo Maria! Regina coeli laetare, alleluia e allegria.

A cura di Giovanni Licheri

Pubblicato su L’Arborense n.13/2021


Foto: S’incontru a Desulo (tratta dal sito di Marco Floris)