Ascensione del Signore. L’approfondimento della Parola

Gesù è asceso perché disceso: la nostra salvezza è già compiuta

Il verbo ascendere e il sostantivo ascensione sono usati esclusivamente dalla liturgia per indicare la salita definitiva di Gesù al Padre.

Nell’uso corrente si annotano solo i termini ascensore, ascendenti (in riferimento al grado di parentela) e il relativo aggettivo ascendente che richiama l’influenza degli astri o di una persona su un’altra. Quindi, troviamo oggi un vocabolo molto particolare e specialistico per celebrare un momento fondamentale dell’annuncio evangelico: Gesù è asceso al cielo.

I testi del Nuovo Testamento (nella liturgia odierna troviamo solo il salmo come testo veterotestamentario), utilizzano espressioni leggermente differenti: asceso, assunto in cielo, elevato in alto, elevato in cielo. Lasciando spazio alla riflessione personale su queste differenti espressioni, fermiamo la nostra attenzione sul verbo ascendere e i suoi derivati.

Se chiedessimo a un bambino o uno straniero che sta acquisendo la nostra lingua il significato del termine, è altamente probabile che sostenga il senso totalmente opposto a quello vero. Potrebbe essere un bel tranello linguistico, vista la forza di quel (a)scendere! Paolo nella seconda lettura ci fa riflettere proprio su questa opposizione presente anche nel greco: asceso perché già disceso. L’apostolo afferma con forza che questa salita sia da connettere alla discesa; in altre parole, l’ascensione è significativa in rifermento all’incarnazione.

La salita al Padre non è la conclusione di una missione, come fosse un lavoro a tempo determinato, o a chiamata, o a progetto, ma il passaggio complementare all’assunzione della carne da parte del Figlio. Come Gesù, Parola del Padre, ha assunto la carne nel grembo di Maria, così è assunto in cielo nel seno (alla destra) del Padre. Ancora una volta, il vangelo ci offre un buon annuncio e non solo, né primariamente, la cronaca di un fatto.

A confrontare il testo di Atti e la pagina di Marco, abbiamo un problema nel decidere se il fatto sia avvenuto in Galilea o a Gerusalemme. Per questo è fondamentale dedicare energie a comprendere il grande annuncio della Buona notizia che spalanca l’orizzonte del mistero di Cristo e della Chiesa. L’ascensione è infatti anche il momento dell’affidamento di una grande missione agli Undici: devono compiere le sue opere, devono parlare a suo nome, devono guarire e liberare come il Maestro stesso aveva fatto. Parole e opere, fede e testimonianza, insegnamento e cura del prossimo sono i segni che accompagnano il ministero degli apostoli.

A noi interrogarci se questi sono ancora i compiti che cerchiamo di attuare nel mondo, nella pastorale, nella comunità cristiana e dappertutto. Come Gesù, non siamo operai a tempo determinato o a settori specialistici, ma siamo annunciatori della Parola e destinatari/servitori della sua opera di salvezza.

A cura di Michele Antonio Corona

pubblicato su L’Arborense 17/2021