Sant’Antonio di Padova. Uno dei santi più amati in Sardegna.

L'approfondimento della figura del Santo attraverso i tradizionali Gosos

Il 13 giugno celebriamo la memoria liturgica di uno dei santi più amati in Sardegna: Antoni de Padua.

O cherubinu infiammadu, o Santu su pius famosu, Antoni meraculosu de Padua intitoladu (A Sant’Antoni ‘e Padua, II versione, in [a cura di] R.TURTAS – G.LUPINU, Le chiese e i gosos di Bitti e Gorofai, CUEC, Cagliari 2005, pp.173-175). Sa torrada dei gosos dedicati al grande santo lo chiama meraculosu che è l’attributo principale per cui è conosciuto nella Chiesa Universale. Anche il titolo del famoso responsorio dell’Officium rhythmicum sancti Antonii (1233), composto da fra Giuliano da Spira, è Si quæris miracula (Se cerchi i miracoli) e indica, quindi, tale qualità d’intercessore del Santo.

I gosos che prendiamo in analisi, come vedremo, sono quasi una raccolta di fioretti di Antonio.

Nelle strofe 2-3 ci viene raccontato l’intervento di Antonio (che si chiamava ancora Fernando) in occasione dell’ingiusta condanna del padre. Leggiamo infatti: Un’anghelu in forma umana t’avvisesit de repente chi a babbu tou portana a sa morte ingiustamente, ponzendeli falsamente s’omicidiu non pensadu (strofa 2). L’intervento di Antonio sarà fondamentale per dimostrare la sua innocenza: lo riporterà in vita affinché possa dire la verità. Scrive il nostro autore: E a s’istante bolestis pro lu poder liberare, tue su mortu fattestis subitu in vita torrare, fattendeli cunfessare ch’isse già non fit istadu (strofa 3). Antonio non opera questi miracoli con forza propria ma perché radicato sulla Parola di Dio. Egli confidava in quella parola di Gesù che dice: In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile (Mt 17,20).

Tra i vari miracoli ricordati, c’è quello della mula. Antonio, incaricato della predicazione da parte di Francesco d’Assisi, si trova a Rimini dove svolge il suo ministero e discute con un cataro. Il cataro non crede alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia e sfida Antonio: se la sua mula, digiuna da diversi giorni, si fosse inginocchiata davanti alla particola, ignorando il fieno, si sarebbe convertito. Come scrive l’autore dei gosos avviene proprio questo: Ite pius mannu portentu podias mai operare fachende su Sacramentu de una mula adorare (strofa 4). La scienza biblica e teologica di Antonio, acquisita negli anni agostiniani di Coimbra, viene spesa dal Santo nella predicazione nella quale era talmente abile e appassionato che i nostri gosos lo chiamano anghelu in su preicare (strofa 5).

Essi ci parlano anche della famosa predica ai pesci, accaduta sempre durante la presenza di Antonio a Rimini. I capi della città hanno imposto silenzio e indifferenza ai cittadini verso Antonio, che arrivato al mare dice: Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità. La strofa 6 canta: Sos pisches de sa marina cumparian tottu impare pro t’inder preicare s’evangelica dottrina cun cudda grazia divina chi Deus t’aiat dadu. L’iconografia sacra ci presenta Antonio con in braccio il bambino Gesù. Questo particolare deriva dalla visione che Antonio ha nell’eremo di Camposampiero (Padova), quando, poco prima di morire, ha la grazia di poter stringere fra le braccia Gesù bambino.

Anche i gosos ricordano questo particolare privilegio accordato al Santo: Pro esser tantu divinu Deus tantu t’istimesit ch’in figura de bambinu dae su chelu falesit e cun tegus t’abbrazzesit su Deus fizu umanadu (strofa 7). Seppure Antonio appartenga ai primi tempi del francescanesimo e la sua vita sia cronologicamente lontana da noi, rimane l’attualità del suo esempio che papa Francesco augura possa essere seguito: Auspico che questa significativa ricorrenza susciti, specialmente nei Religiosi francescani e nei devoti di Sant’Antonio sparsi in tutto il mondo, il desiderio di sperimentarne la stessa santa inquietudine che lo condusse sulle strade del mondo per testimoniare, con la parola e le opere, l’amore di Dio. Il suo esempio di condivisione con le difficoltà delle famiglie, dei poveri e disagiati, come pure la sua passione per la verità e la giustizia, possano suscitare ancora oggi un generoso impegno di donazione di sé, nel segno della fraternità. (Lettera al Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali per gli 800 anni del martirio dei Protomartiri francescani e della vocazione francescana di Sant’Antonio di Padova).

Il segreto della santità di Antoni meraculosu sta tutto nella sua semplice carità come lui stesso scriveva: Nell’essere chiamati gigli del campo è indicata la perfezione della carità, in quanto i gigli sono alla portata di chiunque li voglia cogliere.

A cura di Giovanni Licheri

pubblicato su L’Arborense n. 21/2021