I verbi della Liturgia: adattare. Luci e ombre delle traduzioni

Seconda parte

Non esiste una celebrazione uniforme, uguale in tutta la Chiesa: è necessario adattare il rito universale per la concreta assemblea che celebra qui e ora. Secondo le indicazioni profetiche del Vaticano II, il primo passo di questo processo di adattamento è la traduzione dei libri liturgici, dal latino alle varie lingue volgari del popolo (il primo momento del processo di inculturazione).

La Chiesa Italiana, come tutte le altre Chiese, già dall’immediato post Concilio, dopo aver coinvolto cultori della lingua, poeti, facoltà teologiche, monasteri ed esperti di liturgia, pubblicò la prima traduzione di tutti i libri liturgici riformati. Il popolo di Dio (soprattutto i sacerdoti) accolse con gioia ed entusiasmo questa prima traduzione: l’uso pastorale, soprattutto del Messale, del Pontificale, del Lezionario e della Liturgia delle Ore, ha confermato l’altissimo valore di questa certosina operazione.

Per oltre tre decenni la Chiesa italiana ha usato, con profonda soddisfazione, questi libri; lentamente e gradualmente è andata diffondendosi la sensazione che fosse necessario adeguare la traduzione ai mutati tempi moderni. Alla fine degli anni ‘80, la CEI ordinò una nuova traduzione della Bibbia, in lingua italiana; il secondo passo fu avviare il lavoro di traduzione e di adattamento della editio tertia del messale Romano (sempre in italiano): questa operazione si rivelò assai delicata, lunga e difficile. I gruppi di lavoro incaricati dalla CEI impiegarono un tempo incredibilmente lungo (circa 20 anni) per offrire alle nostre comunità uno strumento adatto a celebrare in spirito e verità, per i prossimi decenni. Abbiamo in mano da oltre 6 mesi il nuovo libro liturgico: sacerdoti, ministri e assemblea in questo tempo hanno potuto sperimentare e notare aspetti positivi e anche qualche criticità.

Forse è ancora prematuro procedere a una vera valutazione: personalmente (sono solo piccole impressioni), l’ho trovato in parecchi punti poco lineare e incerto, soprattutto nella scelta di forme verbali e termini della lingua italiana che non sono più usati, oppure che risultano poco chiari o, anche, non in perfetta linea con le regole grammaticali e sintattiche della nostra lingua italiana. Cito due problematiche: ha suscitato in me qualche perplessità la scelta di far dire all’assemblea Kyrie eleison (e purtroppo moltissimi e in modo semplicistico continuano a farlo), un’esclamazione in lingua greca, quando si poteva semplicemente dire l’assai più eloquente traduzione italiana: Signore pietà! La formulazione greca, a mio avviso, si poteva conservare solo per il canto, recitarla è davvero deprimente, non mi pare possa aggiungere alcuna carica spirituale e nemmeno emotiva all’atto penitenziale.

Che dire poi della sottolineatura (non omogenea, cioè non è sempre presente in tutto il Messale, ma solo certe volte e in determinati contesti rituali) della specificazione fratelli e sorelle. Un esempio di come la teoria senza la pratica, rischi di essere solo un esercizio mentale. Soprattutto nei giorni feriali mi ritrovo, spessissimo, a celebrare in un contesto di sole donne, mi domando: che senso liturgico ha citare fratelli e sorelle? Dovrei dire solo sorelle… ma nella recita del Confiteor cosa dovrebbero dire le donne presenti se oltre il parroco non ci sono altri uomini? Col termine fratelli, in italiano si è sempre inteso anche le sorelle… si poteva forse usare il termine persone? Insomma mi pare un pasticcio che si poteva evitare.

Che dire poi di termini obsoleti e di non facile comprensione come nel prefazio I della Vergine Maria a te inneggiano i cieli dei cieli e i Serafini… ma cosa sono questi cieli dei cieli? La vecchia traduzione riportava candidamente a te inneggiano i cieli, gli spiriti celesti e i serafini…

Che dire poi del ritorno delle schiere in certi prefazi? Aver voluto ripescare questo termine non mi pare una soluzione efficace. I problemi legati alla traduzione favoriscono o impediscono il vero adattamento. Mi domando: che prospettive si sono aperte col nuovo Messale? Certamente dovrà passare qualche decennio prima che si possa anche solo pensare a una nuova editio del Messale e del Lezionario.

A cura di Tonino Zedda (2 – continua)

Pubblicato su L’Arborense n. 22/2021


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  1. I verbi della Liturgia: adattare! Criteri basilari per le celebrazioni.