Madonna di Bonacatu: i tradizionali Gosos

Chergiade pro nois pregade

Una donna che stringe fra le sue braccia il suo bimbo: con la mano sinistra ne avvicina il capo alla guancia e con la destra lo sostiene, quasi avvolgendolo nel suo mantello. Il bambino poggia una manina sulla guancia della sua mamma per accarezzargliela. Questa è l’immagine mariana quattrocentesca, forse della scuola del grande Donatello, che da secoli accoglie i pellegrini con la sua dolcezza materna.

È lei la Bella Virgine Maria, in sos chelos coronada (strofa 1) di cui cantano i gosos bonarcadesi. Nella prima strofa c’è la Chiesa al completo: quella trionfante (sa corte glorificada) e quella militante, cioè quella che in terra chiama Maria: salude, cunfortu e ghia. Maria salus. Tra i titoli mariani più conosciuti abbiamo quelli di Salus populi romani, attribuita nel secolo XIX, all’antica icona esposta nella basilica di Santa Maria Maggiore; e poi Salus infirmorum, come la ricordano le Litanie Lauretane.

Maria è consolu. Espressione che richiama il titolo di consolatrix afflictorum, colei che consola gli afflitti. Nei gosos di Nostra Signora del Rimedio la troviamo nella forma completa: consolu de affligidos (strofa 5). E poi Maria è ghia, cioè guida. In questa parola troviamo il forte legame con il titolo bizantino di Odighitria: Maria è colei che ci mostra la via. Non solo nel titolo, ma nelle pietre della chiesa che custodiscono la sua immagine c’è l’impronta della Chiesa d’Oriente. Quel dinamismo dell’alto e del basso, lo ritroviamo nella strofa 3: In sa muntagna elevada e in sa bassa badde umile. C’è quasi un movimento sincrono fatto dei passi delle zentes in cerca, le quali Bos agattant Mama amada (strofa 5). A esse apre la strada cuddu cazzadore spinto in via impraticada (strofa 4), che ritrova l’antica chiesa.

L’autore dei gosos dà un nome preciso a questa forza che muove zentes e cazzadore: O diciosu! Issu est s’amore de Maria, chi occultada tenet Cresia in sa vallada (strofa 4). Ben si adatta il titolo di Bonacatu (buona accoglienza) dato alla Madre di Dio. L’immagine di Maria, che abbiamo descritto all’inizio, accoglie i pellegrini che la cercano, mostrando loro Gesù. Sembrano calzare a pennello le parole della strofa 5: Accurride a sa sagrada badde, o zentes cun fervore: bella mama tottu amore che agatades venerada cun Gesus; e narat, biada! Seo inoghe a bos recogliere cun ternura e cherzo essere de Bonacatu giamada.

Altra caratteristica attribuita a Maria è immaculada. Questo ci permette di tornare alle radici etimologiche del titolo Bonacatu. Nella riflessione sulla sua origine alcuni studiosi hanno proposto che esso derivi dall’antica intitolazione bizantina della chiesa alla Panákhrantos, cioè immacolata appunto. Presso la sua chiesa si riuniscono gli amantes fizos umiles pregantes (strofa 6). Sotto il suo sguardo sono avvenuti importanti eventi di pace per la nostra terra. Ricordiamo che nel 1146 i giudici di Sardegna, divisi fra loro, presso questo santuario stringevano accordi di pace. A questo santuario era profondamente legata la Casa d’Arborea, tanto che il 3 aprile 1237, il giudice Pietro II, in atrio beatae Mariae de Bonarcado, giura fedeltà al Romano Pontefice cui riconosce il supremo dominio sul suo giudicato.

Nei gosos troviamo anche un’anima carmelitana. Le tracce le leggiamo nella strofa 6 col riferimento al sabato (giorno a lei consacrato): deh! Pro sa zeunada die de sabatu a Bois dada nos siat zerta in vida e in morte protezione e manu forte; ancora nella strofa 8: Bois dulche dades posada a dogni anima affliggida, chi de sas culpas pentida e de su mundu istaccada a Bois chircat, o biada! Da queste righe trasuda forte una parola: speranza. Speranza nell’aiuto di una Madre. Speranza di non essere lasciati soli. Speranza di non perdere la via. La preghiamo allora con le parole cantate e pregate dai nostri padri per secoli: Beneighide a totta zente de Bonacatu giamada.

A cura di Giovanni Licheri

pubblicato su L’Arborense n. 31/2021