XXVIII Domenica del Tempo Ordinario: il commento al Vangelo

In questo brano del vangelo siamo davanti alla richiesta dell’uomo di avere regole da seguire. Ontologicamente parlando, siamo limitati, cioè regolati, iniziando già dal nostro corpo. Ma poi c’è in noi una parte che sfugge alle regole, quella che si nutre della fiducia, che cresce grazie all’intuizione spirituale.

È quella che corrisponde al nostro vero essere, allo scopo per cui ciascuno di noi è stato creato, secondo il progetto di Dio. E qui le regole, per organizzare la nostra crescita, non vogliono proprio funzionare. Anche il giovane ricco ci prova. Strano che, mentre sa di osservare le prescrizioni dei comandamenti, ancora non sente di essere salvo.

La prima risposta alla sua domanda, può sembrare altrettanto strana. Gesù distoglie la sua attenzione dal contenuto dell’interrogativo. Gli chiede invece perché lo chiama buono, in greco agathòs. Non è una domanda casuale. È come se il Maestro volesse far cambiare la direzione del suo sguardo, per fargli comprendere che dietro questa domanda, c’è già, nascosto, il sentiero da seguire. Il giovane, in fondo, ha bisogno di sentire che ha davanti a sé qualcuno che è l’emblema della bellezza e della bontà (che sono i due significati dell’aggettivo greco).

Ecco le regole da seguire. Scegliere sempre la bellezza e la bontà, motivi per cui l’uomo è stato creato e finalità verso le quali è orientato. Eh sì, è una questione difficilmente inquadrabile. Sta qui la vita spirituale, da coltivare con molta cura e da ravvivare il più possibile in ogni circostanza della vita, specialmente quando giunge la tristezza di non capire cosa sta succedendo. Sentire che qualcosa manca alla mia vita, è già permettermi un orientamento. È il contrario del sedersi sul divano, di cui parla il Papa.

Quando tu percepisci, nella tua ricerca, una mancanza che non Nella bellezza e nella bontà incontriamo il Signore Dio sai ben definire, non è detto che tu debba farti viaggi mentali o sforzi di introspezione per ottenere la risposta. Questo sarebbe rimanere sempre al livello del fare. Il salto di qualità della domanda invece è quando chiedi a Lui cos’è che realmente manca. C’è da preoccuparsi se queste inquietudini non vengono mai, perché significa che non c’è nessuna crisi, nel suo senso più vero, cioè di opportunità di un passo nuovo.

Cosa fa Dio, di fronte alla nostra richiesta di chiarezza? Vendi quello che hai… Lascia perdere tutto ciò che ti sei costruito come sicurezze: le convinzioni sulla vita, sulle persone, su te stesso, per seguire Dio fino in fondo. La storia della salvezza non è costruita dai mattoni dei nostri schemi, ma dalle pietre preziose delle nostre libertà. E la libertà è sempre data dalla capacità di scegliere il bene, quell’agathòs, di cui sopra. Il bene nostro, in primis, che poi è il bene di tutti coloro che abbiamo intorno.

Questo significa voler essere sempre più se stessi, consapevoli che sarà sempre un cantiere aperto, ma finalizzato a essere santi, cioè felici.

Agata Pinkosz, missionaria dell’Immacolata di padre Kolbe

pubblicato su L’Arborense n. 34 del 2021