Cardinale Wyszyński beato: è tutto nelle mani di Maria

Giovanni Paolo II sale al soglio pontificio il 16 ottobre 1978. La Polonia è in pieno regime comunista, sta finendo il mandato del governo Gierek che, dopo i primi anni dell’apparente ripresa per il paese, si rivela generatore di una grave crisi economica. Dopo appena una settimana dalla sua elezione, Wojtyła scrive queste parole all’allora Cardinale Primate della Polonia, Stefan Wyszyński: Non ci sarebbe sulla cattedra di Pietro questo Papa polacco, se non ci fosse la tua fede, che non ha mai indietreggiato di fronte al carcere e alla sofferenza; se non ci fosse Jasna Góra, unito al tuo ministero di vescovo e primate.

Alla luce di questa frase, breve ma tanto carica di gratitudine e di affetto, comprendiamo l’entità dell’evento che ha avuto luogo il 12 settembre presso il Tempio della Divina Provvidenza a Varsavia. In un’intensa e molto partecipata celebrazione eucaristica, il cardinale Wyszyński, è stato proclamato beato. Si potrebbero scrivere tante parole, su questa amicizia intensa e profonda, che legava il Primate del Millennio con il Santo Papa polacco. I due si sono ritrovati in perfetta sintonia su quattro assi: amore verso Dio, la patria, la Chiesa, e un legame particolare con Maria. Non possiamo non accostare in questa occasione i due motti, quello pontificio di Wojtyła Totus Tuus e quello che ha caratterizzato il servizio ecclesiale di Wyszyński: Tutto ho posto nelle mani di Maria.

In questo contesto occorre ricordare il gesto particolarmente consapevole e convinto del nuovo Beato, quello del suo personale affidamento a Maria, compiuto da lui l’8 dicembre del 1953. Esso si inserisce nel tempo della massima avversione del Governo comunista verso la sua azione apostolica, volta alla cura dell’aspetto religioso e della fede stessa della Polonia e dei polacchi. Wyszyński ha portato sulle sue spalle il carico gravoso della responsabilità per la Chiesa polacca, negli anni 1948-1981, i più delicati della storia della sua nazione nel XX secolo, contrassegnati da costanti persecuzioni della Chiesa Cattolica.

In modo particolare, nel periodo degli ultimi tre anni di Stalin (1953-1956), il Primate, con una decisione violenta del Governo, fu rimosso dalla carica di Arcivescovo di Varsavia, e imprigionato nel settembre del 1953. Rilasciato tre anni dopo, ha provveduto a dare vita all’ispirazione che ebbe già durante l’internamento a Komańcza. Questa riguardava l’evento, oggi ricordato come Voti della nazione polacca a Maria, realizzato il 26 agosto di quell’anno a Częstochowa.

L’anno successivo, il 1957 è l’inizio della peregrinatio mariana durante la quale una copia fedele dell’icona della Madonna Nera, andava a visitare tutti i polacchi. Anche questo evento ha avuto un suo importante significato per la nazione lacerata dalla dittatura, ma custodita dalla Madre. Nel 1966 l’icona è stata arrestata con un mandato del governo e rinchiusa a Jasna Góra. Ma lo zelo del padre della Chiesa polacca, non si è lasciato arrestare. Egli infatti ha fatto peregrinare la cornice vuota, che così è diventata simbolo ancora più potente.

Uomo a cui nulla è impossibile, con la forza di Dio, così potremmo oggi definire il neobeatificato. Icona di determinazione e di sicura speranza deposta nelle mani di Maria, capace di una fede che, pur nel buio più profondo, personale e di una nazione intera, si affida, certo che il piano della salvezza si sta realizzando nella storia umana, anche attraverso gli eventi più dolorosi di essa. Non a caso si dice che Giovanni Paolo II lo venerava con filiale devozione, come se Wyszyński fosse suo padre. Lo testimoniano anche le ultime parole rivolte dal Santo Padre, nei giorni immediatamente precedenti la morte del cardinale. Il pontefice si trovava in ospedale, dopo l’attentato alla sua vita. In una comunicazione telefonica i due hanno avuto questo commovente dialogo di addio. Bacio le tue mani, disse il Papa; Wyszyński rispose: Io bacio i tuoi piedi. In mezzo a noi c’è la Madre Santissima. Tutta la speranza è in Lei. Il Primate del Millennio è tornato alla casa del Padre il 28 maggio 1981, consumato dal cancro .

Testimone dell’unità a tutti i costi, risplende oggi per la Chiesa, specialmente quella europea, minacciata da scandali e divisioni, come promemoria importante del cammino improntato alla comunione, capace di mettere al centro la dignità della persona umana.

Agata Pinkosz

pubblicato su L’Arborense n. 33/2021