III Domenica di Avvento. Il commento al Vangelo

Il Vangelo   

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. (Lc 3,10-18)


Il commento

La terza domenica d’Avvento è caratterizzata da quella gioia che deriva dal nostro essere inseriti nella vita di Dio, nel suo amore: il Natale è il compiersi di un’attesa, di una promessa, quella secondo la quale Dio è con noi ora e sempre.

Protagonista della pagina evangelica è Giovanni Battista, il testimone autentico che ci insegna come vivere l’attesa. Egli, con la sua vita, provoca nella gente una domanda: Che cosa dobbiamo fare? È questa la missione di ogni cristiano: provocare domande, suscitare interrogativi, inquietare le coscienze per aprirle a Cristo. Ma quante volte la nostra vita allontana gli altri da Dio? Giovanni ci ricorda che è nel vissuto quotidiano che si realizza l’autentica conversione.

La domanda posta al Battista dagli ebrei del tempo, per i cristiani del XXI secolo si trasforma in: come dobbiamo prepararci al Natale? Egli risponde a loro e anche a noi: Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto! È la chiamata a promuovere la giustizia, costruire la pace, realizzare la condivisione. Ecco la prima conversione alla quale Giovanni invita: la liberazione dal materialismo imperante, che sembra soffocare il mondo. Vivere non tanto per accumulare quanto per donare e condividere, perché è nostro ciò che doniamo e non ciò che accumuliamo.

Allora il tempo dell’Avvento diventa occasione preziosa per convertirsi all’amore: nell’ingiustizia del mondo, non ci sia anche la nostra ingiustizia; nell’egoismo, che devasta il creato, non ci sia anche la goccia velenosa del nostro egoismo. Carlo Acutis sintetizzava il tutto in uno slogan molto significativo: Non io, ma Dio! Ma il Battista non si limita a questa sola risposta. Anche i pubblicani lo interrogano ed egli risponde: Non esigete nulla di più di quanto è dovuto. Il pubblicano esercitava una professione nella quale l’egoismo poteva facilmente prevalere. E noi?

Chiediamoci: il mio lavoro è inquinato da un egoismo assurdo oppure è frutto della mia fede? Sono cristiano nel lavoro, oppure, fuori di chiesa, sono uno come gli altri? Giovanni Battista chiede a ciascuno di restare al proprio posto con uno spirito nuovo. L’Avvento, quindi, ci sprona a vivere la fede dove il buon Dio ci ha inviato: in famiglia, a scuola, all’università, al lavoro, con gli amici. Il cristiano, infatti, si deve vedere da come vive.

È interessante notare che dopo aver provocato la domanda, Giovanni scompare, si sposta umilmente per cedere il posto a Cristo: Dopo di me viene uno che è più grande di me. L’Avvento è questo: rimettere Cristo al centro della nostra vita, dei nostri affetti, comportamenti e relazioni con una liberazione da ogni intenzione corrotta, da ogni attesa sbagliata, da ogni forma di cristianesimo in cui prevale l’io nascondendo Dio. Il Battista prepara la strada a Colui che porterà Dio nell’umanità, e oggi ancora, questo grande profeta prepara il nostro cuore a celebrare il Natale in spirito e verità.

Antonello Angioni, presbitero arborense

pubblicato su L’Arborense n. 43 del 2021