In preparazione al Natale. Ne siamo certi, il Signore verrà presto…

La Novena scalda il cuore delle comunità: in contemplazione con le sette antifone maggiori

Fin dai tempi più antichi, le comunità ecclesiali contemplano il mistero dell’incarnazione di Cristo e si adoperano perché questo possa tramandarsi di generazione in generazione. Infatti, grazie a coloro che ci hanno preceduto anche noi abbiamo la possibilità di avvicinarci a questo Mistero imperscrutabile.

Durante la Novena che precede il Natale si recitano le Antifone O. Posizionate prima del Magnificat per sottolineare che il Salvatore nasce da Maria, seguono un ordine liturgico estraneo agli standard con cui misuriamo tradizionalmente il tempo. Questo ci permette di attualizzare in ogni epoca il messaggio di Gal 4,4: quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perchè ricevessimo l’adozione a figli. Queste antifone, ritrovate in diversi testi liturgici medievali, vengono citate nel Liber responsalis sive antiphonarius usato nel ‘600 da papa Gregorio Magno.

Osservando i testi scritti in latino, possiamo affiancare nell’ordine inverso le prime lettere successive alle O evocative di ogni antifona, leggere nell’acrostico ero cras (in italiano: verrò domani), la risposta certa del Messia all’invocazione del fedele che lo attende. Lo schema originale prevede 7 antifone, numero che rappresenta la pienezza del tempo mentre l’ottavo giorno, il Natale, simboleggia la creazione nuova. Queste piccole opere d’arte custodiscono un intero universo in cui si racconta l’agire di Dio nel passato e si invoca la Sua venuta tra noi oggi che viviamo nell’attesa del compimento escatologico nella venuta finale e definitiva del Cristo nella gloria. In questo modo siamo stimolati a ricordare che la salvezza ci è stata donata una volta per sempre e a rinnovare la nostra adesione a Cristo attraverso la testimonianza concreta della nostra vita.

La saggezza ispirata di questi antichi autori ci aiuti ad andare oltre la semplice lettura e ci accompagni, oggi più che mai, nell’esperienza concreta di ciò che accade intorno a noi. La pandemia ci ha spinti a ricercare l’essenziale ma al contempo ha accentuato una visione individualista che lascia poco spazio alla responsabilità collettiva. Per questo siamo chiamati a fare un passo indietro e a riflettere nel qui e ad agire ora perché questo tempo di attesa sia fecondo e produca molto frutto. (Gv 12,24)


Le sette Antifone O

O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ti estendi sino ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e forza: vieni, insegnaci la via della saggezza!

La Sapienza, esperienza corretta del mondo, dimora nel Figlio che si dona a noi per Amore. Per essere a nostra volta dono occorre abbattere quelle mura apparentemente inespugnabili che, isolandoci, ci convincono di poter prevalere sul prossimo e di ignorarlo totalmente quando, per esempio, ci chiede l’elemosina fuori dai negozi illuminati a festa. Come possiamo dirci ricercatori sapienti della Verità se davanti a essa sbraitiamo per avere il diritto di chiudere gli occhi?

O Adonai, guida della casa d’Israele, che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto, e sul monte Sinai gli hai dato la legge: vieni a liberarci con braccio potente!

Da una parte c’è Dio che da sempre guida, dona, ama e salva. Dall’altro ci siamo noi che, per essere primi, sprechiamo le nostre energie mettendo i bastoni tra le ruote agli altri. Ritmi frenetici, discussioni polarizzate e contestazioni sterili ci distraggono dalle periferie della società e interferiscono nella nostra capacità di amare fuori dagli schermi. Perché non sfruttare questo tempo di attesa per ricordare che nessuno si salva da solo e che Dio ci ama sempre tramite qualcuno?

O Radice di lesse, che ti innalzi come segno per i popoli, tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t’invocano: vieni a liberarci, non tardare.

Davanti all’Amore incarnato anche i potenti della terra rimangono ammutoliti perché consapevoli che l’accumulo delle ricchezze terrene non fa la differenza. Cristo, povero tra i poveri, ci costringe ad andare oltre le apparenze. E noi, in questa società sempre più orientata all’esteriorità, siamo consapevoli che la vera ricchezza si nasconde negli occhi di un bambino che passa l’inverno al freddo tra i confini delle nostre nazioni Europee che si preparano a festeggiare il Natale?   

O Chiave di Davide, scettro della casa d’Israele, che apri, e nessuno può chiudere, chiudi, e nessuno può aprire: vieni, libera l’uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.

Gesù è la chiave che apre la porta alla vita eterna e solo attraverso Lui possiamo scorgere il volto del Padre. Il Figlio dell’uomo affida le chiavi a Pietro con il compito di fondare e rendere la Sua Chiesa una casa, seppur incidentata, per tutti. Oggi come allora Dio non viene per condannarci ma per riportarci alla luce e ci invita a lavorare concretamente per il suo Regno. Siamo in grado di accettare e camminare per sempre in questa luce?

O Sole che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.

Il periodo d’Avvento è un’attesa luminosa: il sole di giustizia e amore sorge ad Oriente. Noi, chiamati a essere testimoni di questa luce che illumina i cuori dobbiamo abbandonare una volta per tutte l’indifferenza, l’egoismo e il pregiudizio, fonti di divisione. Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra, dirà il Messia donandoci il perdono e insegnandoci a perdonare e riabilitare il prossimo anche quando questo si trova nel buio delle carceri del nostro paese. Come possiamo aiutare concretamente?

O Re delle genti, atteso da tutte le nazioni, pietra angolare che riunisci i popoli in uno, vieni, e salva l’uomo che hai formato dalla terra.

Gesù è la pietra angolare inizialmente scartata dai costruttori che riunisce in un’unica grande famiglia tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro provenienza geografica, dal loro viso e dalla loro storia personale. Amando tutti con amore filiale, ci costringe ad abituarci al fratello diverso e a lavorare insieme anche quando le distanze ideologiche, politiche e religiose ci sembrano incolmabili. Ma cosa ci serve per essere servi inutili al servizio del Re atteso da tutte le nazioni?

O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza delle genti e loro Salvatore: vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.

L’ultima antifona ci svela il nome in cui tutte le profezie trovano compimento: Emmanuele, Dio con noi. (Mt 1,23). Con Gesù il lungo cammino d’attesa si ferma nella mangiatoia di una piccola città ma il mistero dell’incarnazione si rinnova, con la Pasqua, nella nostra quotidianità squarciando il tempo, le epoche e stravolgendo le nostre strade. Il Messia nascerà bambino e indifeso, bisognoso dell’amore della sua famiglia.

A cura di Valentina Contiero

Pubblicato su L’Arborense n.44 del 2021