Domenica 13 febbraio l’Arcidiocesi Arborense ha celebrato Sant’Archelao

La festa si rinnova ogni anno dal 1615

Il martirio è la suprema testimonianza resa alla fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. Sant’Ignazio di Antiochia scriveva: Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio (n.2473).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna questo circa la realtà forte, grande, del martirio. Realtà tanto vicina a noi che festeggiamo i martiri con grande onore, che li abbiamo eletti a nostri patroni, eppure tanto lontana perché spesso abbiamo paura di imitare il loro coraggio. Ogni anno, dal 1615, il 13 febbraio, la nostra comunità diocesana si unisce spiritualmente per fare memoria de Santu Acrillai (Sant’Archelao).

Di questo cristiano, che avrebbe svolto il ministero presbiterale nell’antica Forum Traiani, non abbiamo notizie biografiche certe. Come scriveva don Josto Murgia: Si deppeus crei a sa tradizioni costanti, Archelao è un uomo coraggioso, che non ha paura di testimoniare, di gridare la propria fede in Cristo: Senza timi o ti turbai dd’arrespundis a s’istanti cun grand’amori costanti. A Cristus depp’adorai is idulus disprezzai e tenni in grandu orrori (strofa 7 gosos). Alla base della scelta di Archelao come patrono della nostra Diocesi, fatta sotto l’arcivescovo Antonio Canopolo, più che il desiderio di vincere una gara per il titolo primaziale della Sardegna, credo stesse quel sensus fidelium che guidava l’adunanza gioiosa della comunità intorno alla sepoltura del martire, che aveva vinto la buona battaglia della fede (1 Tim 6,12-14).

Questo concetto è affermato anche dal magistero della Chiesa: Radicato nella Sacra Scrittura (cf. At 7, 54-60; Ap 6, 9-11; 7, 9-17) e attestato con certezza fin dalla prima metà del secolo II, il culto dei Santi, anzitutto dei martiri, è un fatto ecclesiale antichissimo (Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia n.208). Nel III secolo d.C. troviamo affermata l’usanza di iscrivere il nome dei martiri nel calendario locale della comunità, come scrive san Cipriano: Segnate il giorno (della loro morte), affinché ne possiamo fare memoria durante la cerimonia in onore dei martiri (Let. XII,2,1). Il nome di Archelao, però, non viene citato nemmeno nel Martirologio geronimiano che è il più antico catalogo dei martiri della Chiesa latina e che parla, per esempio, di Lussorio. Sul martirio di Archelao non abbiamo nemmeno altre fonti quali le passiones, come per Lussorio e altri martiri sardi.

Si sono, però, conservate le reliquie del suo corpo: Le ossa del cranio erano come sono riunite con una tela attaccata dentro, donde si rileva che la testa deve essere stata fracassata nel martirio, e dentro il cranio, così riunito raccolte alcune pietre che ancora tengono color di sangue; e da ciò si viene in cognizione essere le pietre conservate per attestare ai posteri il supplizio che estinse la preziosa vita dell’illustre martire di Gesù Cristo (Memorie Arborensi, p.143). Dall’antica cattedrale di Forum Traiani esse furono trasportate in quella di Oristano, che le custodisce nella cappella impreziosita dai marmi policromi del genovese Pietro Pozzo, a testimonianza del valore inestimabile di questo tesoro. Il culto che poi nacque anche in Oristano attorno a queste reliquie, trova senso e valore in quella tali cunfessioni fatta cun coraggiu (strofa 8) da Archelao. Anche oggi ci sono tanti martiri cristiani, di cui San Giovanni Paolo II scrive: Nel nostro secolo sono ritornati i martiri, spesso sconosciuti, quasi militi ignoti della grande causa di Dio (Tertio Millennio Adveniente n.37).

Giusto un mese fa, il 13 gennaio, è stato pubblicato il rapporto annuale World Watch List 2021, curato dall’Ong Porte Aperte/Open Doors secondo il quale 340 milioni di nostri fratelli e sorelle soffrono quotidianamente persecuzioni per il nome di Gesù. E noi cristiani arborensi? Noi che siamo nati in un popolo di cui diversi Pontefici hanno lodato l’antichità e la solidità della fede? Cosa possiamo fare per testimoniare la fede in Gesù? Ancora non ci viene chiesto il martirio del sangue, certo, ma abbiamo, per il fatto stesso di essere battezzati, il dovere del martirio, della testimonianza quotidiana che passa per piccoli gesti, come quello di farsi in pubblico il segno della croce se passiamo davanti a una chiesa.

In questa crescita ci sarà sicuramente di supporto l’intercessione di Santu Acrillai: Non podeus tantu amai Gesus nostu Sarbadori sias nostu intercessori santu martiri Archillai.

A cura di Giovanni Licheri

pubblicato su L’Arborense n. 5 del 2022


Leggi l’omelia dell’Arcivescovo mons. Roberto Carboni ⇒ leggi qui