Evangelizzare: la croce come uno spartiacque quaresimale

Uno dei simboli più forti e laceranti del cammino quaresimale è la Croce. Il popolo di Dio è invitato in questo sacro tempo non solo ad abbracciarla ma, sull’esempio del Signore Gesù, ad amarla e ad adorarla. Nelle nostre chiese di solito la Croce col crocifisso, è sempre al centro o nei pressi dell’Altare oppure nell’abside, appeso alla parte opposta nell’atto altamente simbolico di sovrastare il presbiterio.

Ma è soprattutto in Quaresima, e in modo speciale il venerdì, giorno memoriale della Passione e morte del Signore che la Croce deve essere ben visibile all’interno delle nostre chiese. Questo segno ci dà la forza per continuare il nostro cammino quaresimale verso la Santa Pasqua, ci fa meditare sul grande mistero della crocifissione del Figlio di Dio e del suo amore verso di noi.

L’amore di Cristo nei nostri confronti raggiunge il massimo con la sua morte in croce. La croce è stata inventata dagli uomini per dare la morte in maniera atroce, Cristo invece morendo su di essa ha fatto morire il peccato per offrirci la salvezza. L’albero del paradiso, creato per il bene del genere umano, ha portato alla morte a causa della disobbedienza a Dio; il legno della croce, creato per uccidere, invece ci offre la vita senza fine. Adoriamo la tua Croce, o Sovrano, e glorifichiamo la tua santa Risurrezione così cantiamo e preghiamo.

La Croce è sempre legata alla Risurrezione: se vengono disgiunte non possiamo cogliere il loro valore salvifico. La Croce senza Risurrezione è solo sofferenza e morte, la Risurrezione senza la Croce non esiste. Tutti viviamo la sofferenza e tutti dobbiamo, nella grazia del Signore, viverla come nostra partecipazione alle sofferenze di Cristo in Croce, come ci insegna San Paolo. Un antico inno canta Venite ad attingere, fedeli: non acqua corruttibile zampillante da una fonte, ma la sorgente della luce, grazie all’adorazione della croce di Cristo, della quale ci gloriamo. La croce illumina la nostra vita, essa è per i fedeli il punto di riferimento per scoprire il cammino dell’amore: l’amore di Dio verso di noi, il nostro amore verso Dio e verso il prossimo. Amare significa sacrificarsi e se non c’è sacrificio allora non c’è amore.

Il popolo santo di Dio durante il cammino quaresimale è chiamato a penetrare il mistero della Croce. Prima ancora di essere amata, la Croce deve essere adorata: è il vessillo del Re, è il trono dell’amore di Cristo, è la cattedra della lezione più importante che ci ha lasciato il nostro Maestro, è il letto del Divino Paziente, il luogo del dono della vita per eccellenza, è la bussola della nostra vita perché ci indica sempre la strada giusta da percorrere per giungere alla nostra meta, il paradiso.

La croce è il nuovo albero della vita che Cristo ha piantato nel mondo: i suoi frutti diventano il nostro nutrimento salvifico. Siamo chiamati a testimoniare con gioia la nostra fede, facendoci bene il segno della croce anche fuori della chiesa, segnandoci ogni volta che invochiamo la grazia del Signore.

Anticamente verso la fine del tempo quaresimale, e per esattezza nella V settimana, veniva celebrato in tutte le comunità un segno semplice ma altamente significativo che riguardava proprio la Croce: la velatio. Un gesto che toglieva dalla vista il Crocifisso, era un modo per preparare il popolo di Dio alla contemplazione che avviene durante la solenne Liturgia del Venerdì Santo.

La velatura delle croci e delle immagini sacre esposte alla venerazione dei fedeli, può avvenire anche ora dalla V domenica di Quaresima, quando cioè si entra nel cosiddetto Tempo di Passione. Si tratta di un rito molto antico risalente addirittura al sec. IX. E così, come per la liturgia è importante la presenza dell’immagine, altrettanto rilevante è la sua assenza. Il nascondimento dei Santi e di Cristo stesso aiuta ad alimentare l’attesa del giorno di Pasqua, giorno in cui quei volti si offrono nuovamente al nostro sguardo.

A cura di mons. Tonino Zedda

Pubblicato su L’Arborense n. 12 del 2022