Gosos. Anche nei versi sardi la fede nel Risorto

Le campane suonarono. E attraverso il loro primo squillo risuonò uno sparo, poi un altro, poi altri tre, poi dieci, poi cento. Grida e voci di letizia quasi folle accompagnavano il suono delle campane e lo scoppio delle fucilate ripetuto dall’eco della collina. Frotte di bambini passarono cantando per il villaggio: Bibu er Deu (vivo è Dio).

Nella sua novella Pasqua, Grazia Deledda descrive l’aspetto gioioso della festa pasquale. La gioia nasce dalla verità, messa sulle bocche innocenti dei bimbi: Bibu er Deu.

La gioia della vita nuova è cantata anche negli antichi gosos: Cun celestiale armonia Canta su chelu sacradu Cristos es resuscitadu Alleluja e Allegria (Gosos di Pasqua cantati da sos croffarios di Mamoiada). Alleluia, parola pasquale per eccellenza che illumina l’orazione mariana del Regina Caeli e unisce in una sola gioia il mistero dell’Incarnazione e quello della Pasqua: è come una nuova annunciazione a Maria, fatta questa volta non da un angelo, ma dai cristiani che invitano la Madre a rallegrarsi perché il suo Figlio, da lei portato nel grembo, è risorto come aveva promesso.

In effetti, rallegrati era stata, a Nazaret, la prima parola rivolta alla Vergine dal messaggero celeste. E il senso era questo: Gioisci, Maria, perché il Figlio di Dio sta per farsi uomo in te. Ora, dopo il dramma della Passione, risuona un nuovo invito alla gioia: Gaude et laetare, Virgo Maria, alleluia, quia surrexit Dominus vere, alleluia (Benedetto XVI, 24 marzo 2008).

Alleluia, grido di gioia che annuncia il sorgere del nuovo Sole: Apparede a su manzanu su menzus sole divinu in de splendore bistidu […] Cristos es resuscitadu Alleluja e Allegria (strofa 2). La luminosità di questo giorno, cantata nei nostri inni, lo era anche negli antichi testi cristiani: Questo è il vero giorno di Dio, radioso di santa luce nel quale il sangue divino lavò i turpi peccati del mondo, ridando fiducia ai peccatori, illuminando la vista dei ciechi (Ambrogio, Inno,9,1-2).

Prima dell’alba, però, c’è la notte, l’ora del potere delle tenebre. In questa Pasqua il nostro pensiero non può non andare all’Ucraina e al suo popolo, che soffre una nuova passione. Ce lo ricorda Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo di Kiev-Halyc: Davanti ai nostri occhi l’Ucraina oggi viene crocifissa. Non sarà una Pasqua come le altre, ma sarà come Pasqua. Come i discepoli, nascosti nel Cenacolo, abbiamo una speranza: il terzo giorno risorgerà.

Giovanni Licheri

Pubblicato su L’Arborense n. 14 del 2022