La luce va data: un nuovo libro su Chiara Lubich

Una guerra assurda che pare senza sbocco, una pandemia globale, l’accelerazione inarrestabile nei ritmi di vita, la corsa agli armamenti, e l’elenco si farebbe lungo, ci stanno destabilizzando, oscurando presente e futuro. Dove trovare spiragli di luce?

Papa Francesco, ripetutamente, ha richiamato a non staccarci da ciò che più importante abbiamo come le radici e i germogli: non stacchiamoci dalle radici da cui prendiamo linfa per poter vivere nel presente. Abbiamo occhi per scorgere nel presente i germogli che possono diventare domani, diventare futuro.

Se diamo uno sguardo alla ricchezza vitale delle radici, possiamo scorgere, come ancora ci indica papa Francesco, che proprio nelle epoche più drammatiche lo Spirito ha fatto fiorire una varietà di testimoni, unici nella bellezza, che ha voluto si sprigionasse in ciascuno perché in loro pulsa una vita diversa, il loro sguardo vede oltre. Uno di questi testimoni è Chiara Lubich di cui si è celebrato recentemente il primo centenario della nascita. Sia sempre strumento dello Spirito Santo: il mandato ricevuto da papa Giovanni Paolo II nel 1980. Uno strumento che è stato forgiato non solo dalla luce, ma anche da migliaia di avvenimenti dolorosi.

Sin dalla giovane età, aveva 23 anni, proprio nel cuore di una delle epoche più drammatiche della storia, un’altra guerra, il secondo conflitto mondiale, è stata testimone di una fede incrollabile in un Dio che è Padre e che tutto vince. Testimone che Lui è la pietra angolare della risurrezione spirituale, sociale, culturale del mondo. Un patrimonio di luce e di vita che Chiara avvertiva l’urgenza di comunicare a tutti. Le prime pagine, vergate tra il 1949 e 1959 sono state ben presto raccolte in un piccolo libro dal titolo Meditazioni, divenuto un best-seller.

A Oristano, avremo l’occasione di esserne anche noi partecipi dalla viva voce di testimoni contemporanei a Chiara: ci presenteranno una nuova pubblicazione che illumina ancor più quelle pagine. Si tratta della prima edizione critica di queste meditazioni dal titolo La luce va data a opera di Maria Caterina Atzori, originaria di Narbolia, da anni studiosa dei suoi scritti in prospettiva linguistico-letteraria. Questo libro è frutto di un’accurata ricerca durata cinque anni. Ne diamo qui una breve anticipazione.

Ciò che più mi è stato di luce dalla lettura di questa pubblicazione è la contestualizzazione di ognuna delle 58 meditazioni che rivelano nuova profondità e direi la grande attualità. Citiamo qui, come esempio, una delle prime pagine, dal titolo Se tu soffri. La tua, la nostra messa, il mondo non capirà. È tanto difficile capire il dolore offerto per amore! Sono le prime parole di questo testo, in verità molto note, risuonano infatti in un canto che echeggia in tante nostre chiese. In questo libro si rivela l’origine.

Chiara scrive quel testo il 5 novembre 1957. Il 4 aprile di quell’anno in una lettera ai focolarini parla di cupa notte che avvolge non solo la mia anima, ma tutta l’Opera. Sono anni di durissima prova, in cui viene sostituita nel suo ruolo di guida dell’Opera da lei fondata, il nascente Movimento dei Focolari, sotto studio da parte della Chiesa per più di un decennio. In aggiunta, il 19 maggio di quello stesso anno, Chiara è vittima di un grave incidente stradale che la costringerà a una sofferta immobilità per vari mesi. Se soffri e il tuo soffrire è tale… se ne intuisce appena l’intensità di quel dolore offerto per amore… che il mondo non comprende… ma va a beneficio dell’umanità.

Quelle pagine rigenerano, se Igino Giordani, introducendo la prima edizione del 1959, le aveva definite una polla d’acqua tra le rocce, quasi uno squarcio di cielo trapiantato in mezzo alle case. Ancora il contesto di quegli scritti mostra quanto Chiara vivesse immersa nell’attualità. La lotta di classe, la morte del Papa Pio XII, il comunismo in Italia, la politica estera italiana, tra i temi trattati dalla nascente rivista Città Nuova. Sono illuminati da quello sguardo che vede oltre, come traspare dalle brevi meditazioni ispirate dalla prospettiva del carisma dell’unità, fatto vita della sua vita. Da questa contestualizzazione si evidenzia quanto Chiara, anche nelle situazioni più dolorose, come abbiamo visto, avvertisse imperiosa la spinta a comunicare per generare, consapevole di avere tra le mani un dono dello Spirito che è per la Chiesa e l’umanità.

Come il pellicano, pescava dal di dentro, la comunicazione nasceva dalle profondità del suo rapporto con Dio, era sempre colta nell’Amore, dal silenzio dell’interiorità, dall’incessante ascolto di Quella Voce, la voce dello Spirito, che fa guardare oltre e apre alla speranza un mondo in cerca di luce e di Cielo.

A cura di Carla Cotignoli

Pubblicato su L’Arborense n. 17 del 2022