Messaggio per la Quaresima 2017

La Quaresima è da sempre considerata un tempo particolarmente “propizio” per la preghiera, la conversione, i gesti di carità. Per il messaggio di quest’anno, seguendo Papa Francesco, propongo di riflettere sulla parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro (cfr. Lc 16,19- 31).

Il messaggio della parabola è articolato in tre verità. La prima di queste verità ci insegna che l’altro, in quanto tale, è un dono. La giusta relazione con le persone consiste nel riconoscerne con gratitudine il valore.

Anche il povero alla porta del ricco non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita. Il primo invito che ci fa la parabola, quindi, è quello di aprire la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni persona è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto.

La seconda verità invita a riflettere sull’effetto del peccato che ci acceca. Sotto questo punto di vistala parabola evidenzia le contraddizioni in cui si trova il ricco (cfr. v. 19). Questo personaggio, al contrario del povero Lazzaro, non ha un nome, è qualificato solo come “ricco”. La parabola ci mostra poi che la cupidigia del ricco lo rende vanitoso. La sua personalità si realizza nelle apparenze, nel far vedere agli altri ciò che lui può permettersi. Ma l’apparenza maschera il vuoto interiore. La sua vita è prigioniera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza (cfr. ibid., 62). Il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. L’uomo ricco si veste come se fosse un re, simula il portamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione.

Infine, la terza verità richiama l’importanza del ruolo della Parola di Dio nella vita del cristiano. La Parola è un dono. Nel lungo dialogo con Abramo, il ricco lo chiama «padre» (Lc 16,24.27), dimostrando di far parte del popolo di Dio. Solo tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e vorrebbe che il povero alleviasse le sue sofferenze con un po’ di acqua. I gesti richiesti a Lazzaro sono simili a quelli che avrebbe potuto fare il ricco e che non ha mai compiuto. Nell’aldilà, perciò, si ristabilisce una certa equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene. Il ricco, che ha dei fratelli ancora in vita, chiede ad Abramo di mandare Lazzaro da loro per ammonirli; ma Abramo risponde: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro” (v. 29). E di fronte all’obiezione del ricco, aggiunge: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti” (v. 31). In questo modo, rileva il Papa, emerge il vero problema del ricco: la radice dei suoi mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio. Questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio. Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il chiudere il cuore al dono del fratello.

01-03-2017