Omelia del Venerdi Santo

10-04-2020

OMELIA DEL VENERDÌ SANTO 2020

SUORE SACRAMENTINE, ORISTANO

Nel racconto della passione che fa l’evangelista Giovanni, vi sono tre domande e tre risposte che sono una luce all’interno di una stanza buia e ci permettono di orientare la nostra riflessione. La prima domanda la pone Gesù stesso nell’orto del Getsemani a coloro che lo cercano per arrestarlo: Chiede loro: “Chi cercate?” Gesù il Nazareno.

Vi sono molti modi di cercare Gesù: la ricerca dei genitori al tempio; la ricerca dei discepoli che vogliono seguirlo, la ricerca della folla che dopo il miracolo del pane vuole farlo re. La ricerca di coloro che voglio ucciderlo…

Ciascuna di queste ricerche del Signore descrive uno stato d’animo. Una scelta nei confronti della persona di Gesù: il desiderio di capire la sua missione o il desiderio di eliminarlo perché la sua Parola dà fastidio e mette a nudo i peccati e una religiosità di facciata. Si interroga il Maestro per rifiutarlo, per tendergli una trappola, per farlo cadere in contraddizione.

Eppure, anche dinanzi a queste ricerche contaminate dalle passioni umane negative, Gesù non si sottrae. Qui nel racconto della Passione anzi si fa trovare: Chi cercate: Gesù di Nazareth: Sono io! In questa affermazione così perentoria della sua identità, Gesù manifesta la sua libertà nell’andare incontro alla sua passione. Come altre volte ha già detto: Nessuno mi toglie la vita. Sono io che la dono volontariamente!

La seconda domanda è quella che la serva-portinaia fa a Pietro: Forse anche tu sei dei suoi discepoli? Ma egli rispose: Non lo sono!

È il momento del tradimento. Se da una parte c’è Gesù che manifesta con chiarezza la sua identità e il dono di sé, dall’altra c’è Pietro, che rappresenta tutti i discepoli, ciascuno di noi, che ha paura di manifestarsi, di dirsi cristiano. Per non dover seguire il Maestro in un cammino tanto difficile. È il dramma che vive ciascuno di noi dinanzi alla scelta in cui dobbiamo chiarire chi siamo, a chi apparteniamo, chi guida e illumina la nostra vita, quale maestro abbiamo scelto.

Il tradimento di Pietro, ma anche ogni nostro tradimento, è il rifiuto del cammino di Gesù.

Non è la prima volta che Pietro esprime il suo rifiuto: Quando Gesù manifesta la sua intenzione di andare a Gerusalemme per affrontare la sua morte: Pietro dice: non ti accada mai Signore!

Quando, durante la lavanda dei piedi dice al Maestro: Non mi laverai mai i piedi…

Quando reagisce con la violenza, con la spada, all’arresto di Gesù, e il Maestro gli ricorda che quello non è il suo modo di affrontare l’obbedienza al Padre.

Ecco, alla fine scopriamo il nostro vero peccato: quello di non voler condividere con Cristo la scelta di un cammino di abbandono a Dio. Vogliamo essere protagonisti totali della nostra vita e non lasciarla ad altri.

La terza domanda che troviamo nel vangelo è quella che Pilato pone a Gesù: “Dunque tu sei Re? Tu lo dici: Io sono Re. Questo dialogo tra Pilato e Gesù insiste molto sul significato e sul modo di intendere la parola RE. Pilato ne fa una lettura politica, mentre Gesù ne dà una lettura teologica. Il concetto di regno per Pilato è quello che egli ha assorbito dalla sua esperienza dell’Impero e delle sue leggi oppressive. Il suo concetto di regno e regnare popola i suoi sogni di potere e le sue ansie per avere sempre più potere. Il Signore da un’altra interpretazione del concetto di Regno e di regnare: lo associa al concetto di servizio. Già lo aveva detto ai discepoli: chi vuole essere primo sia servo. I capi delle nazioni le dominano: tra voi non sia così.

Gesù stesso incarna con la sua vita questa parola: non usa il potere che gli viene da essere Figlio di Dio a favore di sé stesso (infatti non fa miracoli per sé o per liberarsi dalla morte…) ma lo usa per gli altri e sempre come servizio. La regalità che propone Gesù è del tutto ribaltata secondo lo schema umano. San Giovanni gioca su questo quando ci fa intuire che Gesù regna dalla croce. Porta la sua croce non come un condannato, ma come un atleta che deve vincere una gara. Nel momento supremo della sua passione, crocifisso, Gesù appare come colui che veramente muove la storia dell’umanità. Tutti i personaggi che sono coinvolti nella passione e che sembrano essere loro i protagonisti o coloro che muovono la storia, sono alla fine parte di questo disegno di salvezza del Padre, son anch’essi volenti o nolenti, nella storia della salvezza: dal sinedrio a Pilato, da Giuda ai soldati romani, da Pietro alle donne.

Anche noi facciamo parte di questa storia. Si tratta di una storia di salvezza che ci chiede di fissare lo sguardo sul Crocifisso e misurarsi con un amore che ci viene difficile da capire, ma che riusciamo ad intuire solo qualche volta quando sperimentiamo l’amore gratuito di qualcuno.  La scrittura lo sintetizza in un versetto: “Egli si è caricato le nostre infermità, uomo dei dolori che ben conosce il patire”.

+ Roberto Carboni, Arcivescovo