Omelia della Veglia di Pasqua

11-04-2020

OMELIA DELLA VEGLIA PASQUALE 2020

SUORE SERVIDORAS, ORISTANO

Carissimi fratelli e sorelle,

i segni, i gesti, le parole, i canti, che formano il tessuto di questa solenne veglia pasquale che pure viviamo con sobrietà per le motivazioni che tutti conosciamo, ci hanno introdotto nell’avvenimento fondamentale della nostra fede cristiana: la Resurrezione di Gesù il Crocifisso.

Questo è il messaggio che da duemila anni la Chiesa proclama, ed è un annunzio che Essa non ha inventato ma che gli è venuto incontro come un fatto straordinario, inaspettato, splendido e luminoso.

Le donne che vanno presto al mattino, vanno senza speranza, solo per mostrare il loro affetto al Maestro, per ricordarlo nei loro discorsi come momenti di gioia e incontro ormai passati. Tutto i vangeli che ci parlano della Resurrezione di Gesù sono concordi nel dirci che i discepoli, le donne che seguono Gesù, dopo i fatti tragici del venerdì, dopo averlo visto crocifisso e morto, aver visto il corpo di lancia al suo fianco, non hanno più speranza.

Come non ricordare i discepoli di Emmaus che sconsolati parlano tra di loro: noi speravano che fosse Lui a ricostruire Israele, ma è stato messo a morte”.

Ecco, nel contesto di questa “notte oscura” del dubbio, dell’angustia, della frantumazione dei sogni di seguire un Maestro inviato da Dio che fa cose straordinarie e dice cose meravigliose, si inserisce l’inaspettato annuncio della Resurrezione.

Siamo arrivati qui di notte: una notte oscura. Non solo o non tanto fisica, ma piuttosto esistenziale. La nostra personale notte (dubbio, fatica, angustia, difficoltà a capire la fede a credere in Gesù o nella Chiesa che lo annuncia). Siamo qui di notte. Ma nessuno di noi porta in sé luce: né per sé stesso né per gli altri.

Questa luce noi la riceviamo. Il Cero pasquale che abbiamo acceso per primo al fuoco benedetto è il Segno di Cristo stesso: Lui è la luce, come ebbe a dire (Io Sono la luce del mondo). Lui è il Signore della storia, la nostra storia e la storia del mondo (ecco il segno dell’Alfa e dell’Omega nel Cero e la data di quest’anno). È lui che si dona e si consuma accanto a noi (il cero che lentamente si va consumando ed è presente nel battesimo, nelle esequie) come testimone della presenza di Cristo.

Siamo entrati in questa chiesa buia, solo guidati da Cristo che un poco alla volta ha fatto di noi da comunità muta e al buio, una comunità che inizia ad irradiare, a dare luce a illuminare anche il mondo.

Sì, questa è la nostra vocazione: dare luce al mondo. Non la nostra luce, le nostre idee, la nostra salvezza: ma solo la salvezza di Cristo.

Noi oggi rinnoveremo le nostre promesse battesimali. Perché al simbolo del fuoco, della luce, del cero pasquale, si affianca quello dell’acqua battesimale. Acqua che da vita e morte. Vita in Cristo, morte al peccato. Diremo ancora una volta che vogliamo essere di Cristo. Che crediamo in lui, anche se riconosciamo la nostra fragilità, la fatica del cammino e del credere.

La liturgia della Parola che abbiamo ascoltato ripercorrere brevemente il cammino dell’umanità e del suo rapporto con Dio: dalla Creazione dell’universo e dell’uomo, alla fedeltà a cui ogni uomo è chiamato così come ha fatto Abramo, sino alla liberazione dall’Egitto, simbolo e segno di ogni nostra schiavitù.

La chiesa stanotte ci propone una sintesi unica della storia dell’umanità e della nostra storia: siamo stati voluti, amati da Dio. Creati a sua immagine e somiglianza, cioè capaci di entrare in dialogo con Lui, di riconoscerlo come Padre. Anche se il peccato ha ferito questa nostra relazione con Dio, allontanandoci da Lui. Lui non si è allontanato da noi. Ci ha cercato, ci ha voluto di nuovo con sé.

Ecco allora che Gesù è la porta che si apre per farci entrare, è la strada, è il cammino, è la luce, è l’acqua, è la vita.  Questo stiamo celebrando: la morte, il male, non hanno l’ultima parola nella nostra storia personale né il quella dell’umanità e dell’universo. Gesù ha sconfitto il male, la morte e ci ha riportati a casa.

È bello leggere nel vangelo di Matteo che racconta la Resurrezione la tenerezza con la quale Gesù Risorto chiama i discepoli “i miei fratelli”. Già li ha perdonati tutti. Ha perdonato il loro tradimento, non solo quello di Pietro ma di tutti. Ha perdonato la loro codardia (il vangelo rende invece omaggio al coraggio delle donne, prime missionarie della Resurrezione).

Non solo ha perdonato, ma li rimette in cammino: che vadano in Galilea. Lì tutto ha avuto inizio, lì bisogna ricominciare e ripartire ad annunziare il, Vangelo di Gesù.

Ecco fratelli e sorelle: questa notte è una notte che ci dà speranza. Co dice che non siamo soli nel nostro cammino di persone e di comunità. Ci dice che il Signore Risorto è con noi. Aspetta ognuno di noi in Galilea per mandarci di nuovo ad annunziare, per ripartire, per darci coraggio.

Se viviamo in questo tempo nella oscurità, nella difficoltà, lasciamo entrare questa luce all’inizio flebile, modesta, ma che pian piano si trasforma in tante luci che sono la nostra comunità Cristiana ma soprattutto nella Luce di Gesù Cristo, nostra Speranza.

A tutti il mio augurio di Pasqua. Un augurio cristiano: che il Signore illumini le vostre vite, specie nei momenti della difficoltà, del dolore. Sappiate e ripetetevi quello che lui ci ha detto Non abbiate paura, io ho vinto il mondo. Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo.

+ Roberto Carboni, Arcivescovo