Omelia per la Festa della Madonna del Rimedio

08-09-2020

Carissimi fratelli e sorelle… a tutti un saluto di pace e bene!

La solenne festa del Rimedio, che ogni anno vede la partecipazione di migliaia di fedeli che vogliono onorare la Madre del Signore, nel suo titolo di Nostra Signora del Rimedio, vive quest’anno una situazione di limitazione, almeno nelle sue usuali manifestazioni esterne.

I motivi li conosciamo e le vicende di queste ultime settimane sollecitano tutti a una maggiore responsabilità e attenzione, per non vanificare tanti sforzi fatti nei mesi scorsi. Non possiamo certo ignorare le difficoltà, i disagi e la tristezza che le limitazioni mettono a una festa in cui la partecipazione di tanti fedeli è sempre stata significativa, in cui si uniscono fede e tradizione, aspetto religioso e gioia di trovarsi con gli altri, festa di fede e allegria dell’incontrarsi. Non dimentichiamo neanche i disagi e la limitazione che hanno dovuto affrontare coloro che, in occasione di questa festa, solitamente lavoravano in quelle che si chiamano le “bancarelle” e per i quali questi giorni rappresentano un momento importante per il loro lavoro e sostentamento.

Il Signore certo vuole da noi un cuore ben disposto, attento a Lui e al suo messaggio, ma senza dimenticare che siamo persone, e che la nostra fede è fede incarnata e non solo pensata. Nel vangelo quando si vuole parlare del Regno di Dio e della festa, Gesù usa l’immagine della festa e del banchetto nuziale.

Senza dubbio però le limitazioni imposte alla manifestazione esterna della festa, sia nei suoi aspetti religiosi che civili, può essere una occasione propizia per un rientro in noi stessi, per una maggior interiorizzazione di quanto celebriamo, per una possibilità di preghiera più partecipata e sincera, per una devozione che ci tocchi in profondità. Credo che per questo siano opportune alcune riflessioni sulla festa della Madonna del Rimedio che stiamo celebrando.

Cosa significa celebrare una festa della Madre di Dio? Quali sono le caratteristiche di una festa religiosa? Quali atteggiamenti avere per viverla al meglio?

La Liturgia odierna, attraverso le orazioni, la scelta delle letture, il prefazio e le antifone, orienta la nostra riflessione, meditazione e preghiera. Infatti il primo passo è comprendere cosa celebriamo, chi celebriamo e perché. Oggi è la festa liturgica della Natività di Maria. Una festa che unisce la tradizione della Chiesa Orientale con quella Latina. La sua celebrazione solenne che si è fatta strada sin dal VII secolo nella devozione del popolo cristiano, attento a meditare sulla figura di Maria di Nazareth. Ciò ha portato il popolo cristiano a voler comprendere e conoscere come è stata la nascita e l’infanzia della Madre del Signore.

I vangeli apocrifi, specialmente il Protovangelo ci Giacomo, sempre ricchi di particolari, hanno voluto colmare un vuoto, dicendoci sia i nomi degli anziani genitori di Maria (Gioacchino e Anna) sia le circostanze della sua nascita, sia la sua infanzia. In tutto questo c’è un pensiero di fondo che sostiene la riflessione: Maria, sin dal primo momento della sua esistenza (concepimento/nascita) è stata tutta di Dio, il suo cuore è stato sempre abitato e orientato a Dio. Il male non ha avuto posto nella sua vita.

Questa festa ci ricorda anche che il Signore, scegliendo Maria come sua Madre, ha continuato, ad usare uno stile che ritroviamo spesso nella Bibbia: lo sguardo al piccolo, al povero, all’umile; in una parola una logica diversa da quella mondana che mira all’apparenza, mentre il Signore guarda il cuore. Così era Maria: piccola, povera, umile. Maria lo riconosce ben chiaro quando nel Magnificat canta: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.

Ora Maria, questa nostra sorella in umanità a cui Dio ha affidato un grande compito, quello di generare il Figlio di Dio, è stato affidato anche un altro compito: quello di essere nostra Madre: cioè colei che ci ascolta, che intercede, che soccorre, che domanda per noi. E anche che vuol essere “Rimedio” alle nostre ferite. Per questo noi la veneriamo con il titolo: Nostra Signora del Rimedio.

Quali sono le ferite su cui vogliamo invocare il soccorso della Madonna? Quali sono le fatiche della nostra città di Oristano e la nostra stessa Diocesi, per cui chiediamo l’intercessione della Madonna?

In questo periodo di pandemia molte ferite e fatiche sono emerse: prima di tutto la solitudine degli anziani. A volte proprio il pericolo del contagio ha isolato le persone più anziane e fatto maggiormente sentire il peso di questa loro condizione. Ma sappiamo che questa ferita non è di oggi. La popolazione, come ci dicono le statistiche, sta invecchiando notevolmente. Questo chiede certo una programmazione in termini di assistenza, di cura, ma anche un nuovo modo di pensare e vedere la persona anziana e il suo posto nella società e nel contesto familiare. Tante volte Papa Francesco ci ha invitato a dare attenzione, affetto, cura agli anziani, a farli sentire parte della famiglia, della comunità. La tentazione della “cultura dello scarto” può insinuarsi tra noi.

Inoltre la pandemia ha acuito la povertà di molte famiglie, per mancanza di lavoro, perché si è perso il lavoro.  Si è aggravato il problema economico in molte famiglie a causa della perdita del lavoro, dei debiti, etc. È vero che persone singole e istituzioni si sono mosse per aiutare. Non posso fare a meno di ricordare la Caritas della Diocesi di Oristano e di quella di Ales-Terralba che con generosità si è messa a disposizione di quanti avevano e hanno bisogno, distribuendo cibo, beni di prima necessità, offrendo ascolto o studiando il modo di venir incontro alle micro e piccole imprese per permettere una ripresa delle attività. Lo stile della condivisione è stato uno degli aspetti positivi di questo dramma. Fra le altre cose questo tempo ha messo in evidenza la fatica ad aiutare e dialogare con i nostri giovani, che spesso non trovano modo di inserirsi nel mondo del lavoro e con questa situazione ancora meno. Come cristiani, come Chiesa, ma anche come istituzioni civili, dobbiamo riprendere il dialogo con i giovani. Non si tratta di chiudere gli occhi (e forse neanche le piazze…) di fronte ai problemi che pure hanno, ma di dar loro fiducia, scommettere che possono fare emergere gli aspetti migliori, dare loro speranza.

Ecco, seppur brevemente, queste sono le fatiche, le ferite che presentiamo a nostra Signora del Rimedio perché ci aiuti e interceda per noi il Signore. Chiediamo saggezza, capacità di discernimento e riflessione per fare le scelte migliori che possano rimetterci in cammino.

Concludo invocando Maria con le parole dei Gosos che insieme canteremo in questa celebrazione: Tesorera celestiale, Divina dispensadora, Alcanzade nos Segnora, Remediu pro dogni male!

+Roberto Carboni, arcivescovo