Omelia per la Messa della Giornata della Pace

Cattedrale di Oristano - 01 gennaio 2018
01-01-2018

Cari fratelli e sorelle,

in questi giorni stiamo riflettendo sul mistero del Natale, ossia sul mistero della discesa di Dio sulla terra. A noi che accogliamo la sua venuta, Gesù ci dà “il potere di diventare figlio di Dio” (Gv 1, 12). Non tutti, però, accolgono la sua venuta. Non accolgono sicuramente la sua venuta coloro che, nella propria vita, non hanno spazio per presenze “altre”. Hanno tutto o pensano di aver tutto e non devono chiedere niente a nessuno. Essi non si inchineranno mai davanti al presepio, per adorare un Dio bambino. Le loro divinità sono di altra natura. Sono il successo garantito, il profitto ad ogni costo, gli amori a responsabilità limitata, le amicizie interessate. Eppure, la salvezza dell’umanità viene da quel bambino “adagiato nella mangiatoia”. La stessa promozione della pace si persegue con la protezione di quel Dio bambino, che i profeti hanno proclamato “principe della pace”. Maria custodisce nel suo cuore il mistero di quel Dio bambino, nato “per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1, 19).

Ora, la pace, portata dal Salvatore del mondo e annunciata dagli angeli ai pastori nella notte di Natale, è, secondo il messaggio di Francesco per la giornata mondiale della pace, “un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, vanno ricordati gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace». Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta”. Ben quarantasette stati sono attualmente coinvolti in guerra. Alla fine del 2005 circa 6 persone erano costrette a fuggire dalla propria casa ogni minuto. Oggi, questo numero è salito a 24 ogni minuto, quasi il doppio della frequenza del respiro d d’una persona adulta.

Il Papa esorta ad abbracciare con spirito di misericordia “tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. Siamo consapevoli, precisa il Papa, che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate.

La sapienza della fede, continua Francesco, “nutre lo sguardo contemplativo, che è capace di accorgersi che tutti facciamo ”parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione”. “Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno”.

“Osservando i migranti e i rifugiati, aggiunge il Papa nel suo messaggio, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti”.

“Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Tutte queste azioni sono fondate sulla Parola di Dio che canta “come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: “Regna il tuo Dio” (Is 52, 7).

Anzitutto, la Scrittura ci ricorda il dovere dell’accoglienza: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Eb 13, 2). L’esortazione a “proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Dio non discrimina: “Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova” (Sal 146, 9). La Bibbia insegna che Dio “ama lo straniero e gli dà pane e vestito”; perciò esorta: “Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto” (Dt 10, 18-19). “Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: “Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2, 19).

Cari fratelli e sorelle, se è vero che un battito di farfalla delle nostre campagne alimenta il vento delle terre australiane è anche vero che un nostro gesto di perdono porta la pace in un Paese lontano, dilaniato dalla fame e dalla guerra. Leghiamo, allora, i nostri gesti di perdono alla costruzione della pace nel mondo. Saremo, così, artigiani di pace, e saremo benedetti da Dio e dagli uomini che egli ama. Amen.