Omelia per la Messa della notte di Natale

Cattedrale di Oristano
25-12-2018

Cari fratelli e sorelle,

il significato della festa che celebriamo, il Natale di nostro Signore Gesù Cristo, ci viene dato dalla profezia del profeta Isaia, dall’esortazione dell’Apostolo Paolo, dal racconto dell’evangelista Luca. Questa notte vorrei fermarmi in modo particolare sull’esortazione di San Paolo a Tito, per riflettere con voi sulla grazia di Dio che porta la salvezza a tutti gli uomini. In questa esortazione, San Paolo non chiama Gesù per nome, perché non dice: “è nato Gesù”. Traduce il significato del nome e dice: “è apparsa la grazia di Dio che salva ogni uomo”. Dunque, Gesù è la rivelazione della grazia di Dio, ossia della sua bontà, della sua protezione, del suo amore. Natale significa la discesa di Dio sulla terra. La luce preannunciata dal profeta Isaia è il simbolo della persona di Gesù, disceso dal cielo per la nostra salvezza.

Se, ora, il Natale non è una semplice data del calendario, ma un evento che ha cambiato la storia dell’umanità, bisogna vedere qual è l’effetto della venuta di Gesù nella nostra vita. Anzitutto, secondo San Paolo, un primo effetto del Natale di Gesù è “rinnegare l’empietà”, ossia riscoprire il senso di Dio e la presenza di Dio nella storia e nella vita degli uomini. Purtroppo, a livello individuale e sociale, sembra si stia giocando a fare a meno di Dio, ad emarginarlo dalle famiglie, dalla scuola, dalla società, perché sono meno i battesimi, meno i matrimoni religiosi, meno i funerali religiosi, meno i crocifissi e le celebrazioni religiose nei luoghi pubblici. Qualche scienziato con scarsa responsabilità etica cerca addirittura di sostituirsi a Dio nello sperimentare manipolazioni genetiche spericolate. Papa Francesco, nell’enciclica Laudato si, denuncia l’affermazione del paradigma tecnocratico e la conseguente crisi antropologica. Dobbiamo adoperarci per invertire questa tendenza e testimoniare con le scelte di vita che è possibile dare fiducia a Dio e alla sua grazia, che è un forte guadagno in umanità organizzare la vita familiare e sociale con Lui. Con Dio o senza Dio cambia tutto. Lo sanno coloro che attingono dal valore aggiunto della fede forti motivazioni per affrontare le difficoltà della vita e le sfide della sofferenza e del male.

Un secondo effetto del Natale, per San Paolo, è “rinnegare i desideri mondani”, cioè rispettare la natura spirituale dell’uomo, creato per guardare in alto e non in basso come fanno le bestie. L’uomo deve avere il coraggio di alzare lo sguardo al cielo, da dove viene la salvezza, e di non far coincidere il benessere umano solo con il possesso di beni materiali. La ricchezza non è sinonimo di felicità, anzi spesso è sinonimo di stress, competizione, solitudine. Il sinonimo di felicità è, invece, condivisione. Infatti, c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Per fortuna, ci sono tanti esempi di generosità e altruismo che fanno il contraltare all’indifferenza di molte persone e istituzioni. Dobbiamo seguire gli esempi di chi ha il coraggio di accogliere in casa un rifugiato, di dare il proprio tempo per assistere i malati e le persone sole, di dare la gioia del perdono a chi ci ha offeso.

Un ulteriore effetto del Natale San Paolo lo vede nel “vivere con sobrietà e giustizia”. Se è vero che l’uomo vale per quello che è e non per quello che ha, è necessario che egli adotti uno stile di vita compatibile con le sue possibilità. Oggi, invece, si assiste alla dilatazione del desiderio. Si desidera di tutto senza aver bisogno di niente. Prevale la cultura del trucco e dell’apparenza, della visibilità ad ogni costo, della bella figura. Si è passati dalla cultura dei diritti dell’uomo a quella dell’uomo dei diritti, ed il diritto più rivendicato è quello al piacere, inteso come la fonte e la base della felicità. Il piacere, nella produzione della felicità, ha sostituito la virtù. Ogni piacere possibile ed esperibile è legittimo, per il semplice fatto che può essere sperimentato, e non perché sia moralmente buono. Si produce tanto e si consuma poco, perché i prodotti sono funzionali non ai bisogni ma ai piaceri, al tempo libero, agli hobbies. Oggi come oggi, paradossalmente, l’angoscia e la depressione non sorgono dalla mancanza di beni ma dal loro eccesso. Per affrontare la sfida di questa cultura consumistica bisogna passare dalla dilatazione del desiderio all’educazione del desiderio, bisogna educare alla spiritualità e alla verticalità. Gesù ci ricorda che “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4).

Quanto, poi, a vivere con giustizia, è necessario conciliare la giustizia con la misericordia. Giustizia e misericordia sembrano due realtà che si contraddicono; in realtà non è così, perché è proprio la misericordia di Dio che porta a compimento la vera giustizia. Papa Francesco nella Misericordiae vultus (n. 21) definisce in modo efficace il rapporto tra la giustizia e la misericordia: “La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere. […] Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono. Ciò non significa svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza e il perdono. Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia. […] Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo. La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova.”

Cari fratelli e sorelle,

la celebrazione del Natale è un’occasione privilegiata per prendere coscienza di come abbiamo accolto la venuta di Gesù in mezzo a noi, di che cosa è cambiato nei nostri sentimenti e nei nostri affetti dopo averlo conosciuto attraverso il Vangelo e aver ricevuto la sua grazia mediante i sacramenti. C’è una traccia della sua presenza e del suo insegnamento nelle nostre scelte morali, nei nostri comportamenti pratici? Siamo cristiani senza dirlo o lo diciamo senza esserlo? I discepoli, dopo che incontrarono Gesù, cambiarono vita e diventarono apostoli ed evangelizzatori. Noi non possiamo vivere come se non avessimo mai sentito parlare di Gesù, non sapessimo che cosa ha detto e che cosa ha fatto per il nostro bene, non fosse morto per la nostra salvezza. Proviamo, allora, a vivere questo Natale in modo diverso dagli altri anni. C’è sempre tempo per ricominciare da capo. Ogni lungo viaggio comincia con un passo. In questo viaggio non possiamo fare i navigatori solitari. Siamo Chiesa. Siamo una comunità. Una mano ci rialzerà se cadiamo, una parola ci conforterà se dubitiamo. Gesù sarà con noi e illuminerà il nostro cammino.

Amen.