Omelia per la Solennità di Nostra Signora del Rimedio

08-09-2019

Carissimi fratelli e sorelle,

due mesi or sono, durante la solenne Eucaristia nella chiesa Cattedrale, iniziavo il ministero pastorale e il mio servizio come vescovo nella chiesa diocesana di Oristano. Sin dal primo momento del mio arrivo in mezzo a voi ho avuto nel cuore il desiderio di venire al Santuario del Rimedio, per invocare la Madre del Signore, pregarla, ringraziarla e chiederle di essere per me e per tutti voi “Consolazione, rifugio, rimedio dai mali” (Consolu de affligidos, refugiu de peccadores, remediu pro sos dolores). L’ho fatto in modo privato, consapevole di dover affidare al Signore e a Sua Madre, in un dialogo intimo di preghiera, il mio servizio ai cristiani della diocesi.

Oggi invece, in questo giorno di festa, con gioia e in modo corale insieme a tutti voi, voglio innalzare la preghiera a Nostra Signora del Rimedio, perché sia Lei ancora una volta a guidarci tutti verso Gesù Suo Figlio e insegnarci l’ascolto attento della Parola del Signore. È bello vedere che la Madre di Gesù e Madre nostra, raccoglie attorno a sé i suoi figli. La Chiesa Le riconosce la vocazione materna di “radunare” i discepoli del Suo Figlio e di presentarli a Lui, compiendo l’alta missione che Gesù le ha affidato sotto la Croce: “Donna, ecco tuo figlio”. In quella figliolanza c’era e c’è ciascuno di noi, nessuno escluso.

Cari fratelli e sorelle, vorrei suggerire tre atteggiamenti interiori per vivere questa solenne celebrazione. In primo luogo innalziamo la lode e la gratitudine a Dio Padre per aver scelto nella Sua sapienza Maria come Madre del Suo Figlio. La festa della Natività di Maria, come è risaputo, ci viene dalla tradizione orientale, per ricordarci che sin dal momento della sua nascita Maria viene circondata di quel dono di Grazia che sarà poi reso esplicito nel saluto dell’Angelo: “Ave, piena di Grazia”.

Il secondo atteggiamento che deve riempire il nostro cuore è la supplica e l’invocazione a Nostra Signore del Rimedio, perché guardi la nostra “povertà”, i nostri dolori e ferite, la fatica del nostro camminare nella fede e nell’ascolto di Gesù. Sia Lei a consolarci, guidarci, sanarci, intercedere presso Suo figlio per noi.

Sebbene oggi celebriamo una festa “mariana”, la Liturgia della Parola, ma tutta la liturgia, ci ricorda che noi parliamo di Maria ma sempre in riferimento a Suo Figlio Gesù: è la Madre di Gesù, è la discepola di Gesù, è colei che prega per noi Gesù. Celebriamo una festa di mariana, ma che è innanzitutto festa cristologica.

Infatti il vangelo che abbiamo ascoltato riporta la genealogia di Gesù. Cioè quell’elenco di nomi, forse per noi arido, ma che ha in sé stesso una pregnante storia da consegnare, e una promessa che si realizza: la promessa della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, in mezzo a noi. Nel presentarci l’elenco degli antenati, l’evangelista ci racconta chi è Gesù e come Dio agisce in modo sorprendente per compiere la sua promessa. All’inizio e alla fine della genealogia, Matteo fa capire chiaramente qual è l’identità di Gesù: lui è il Messia, figlio di Davide e figlio di Abramo. In quanto discendente di Davide, Gesù è la risposta di Dio alle aspettative del popolo giudeo, (2 Sam 7,12-16) in quanto discendente di Abramo è fonte di benedizioni e di speranza per tutte le nazioni della terra (Gen 12,13).

Ascoltando i nomi ci colpisce subito un’anomalia. Come è risaputo le genealogie riportano il nome degli uomini, dei padri. Per questo, sorprende che Matteo metta anche cinque donne tra gli antenati di Gesù: Tamar, Raab, Ruth, la moglie di Uria e Maria. Viene spontaneo chiedersi: perché qui ci sono queste donne, chi sono? Cosa hanno fatto perché il loro nome sia presente nella genealogia? Infatti le quattro donne dell’AT, citate nella genealogia, hanno storie personali complesse. Erano straniere (cananee, moabite, ittite); alcune, prostitute; concepirono i loro figli fuori dagli schemi normali del comportamento dell’epoca, usando l’astuzia e l’inganno; non soddisfacevano le esigenze delle leggi di purezza del tempo di Gesù. (Tamar, una cananea, vedova, si veste da prostituta per obbligare Giuda ad esserle fedele e a dargli un figlio (Gen 38,1-30). Raab, una cananea, prostituta di Gerico, fece alleanza con gli israeliti. Li aiutò ad entrare nella Terra Promessa e professò la fede in un Dio che libera dall’Esodo. (Gs 2,1-21). Betsabea, una ittita, moglie di Uria, fu sedotta dal re Davide, che oltre a ciò, ordinò di uccidere il marito (2 Sam 11,1-27). Ruth, una moabita, vedova povera, scelse di restare con la suocera Noemi ed aderire al popolo di Dio (Rt 1,16-18). Dalla relazione con Booz nasce Obed, il nonno del re Davide (Rt 3,1-15;4,13-17).) Queste quattro donne questionano i modelli di comportamento imposti dalla società patriarcale. E così le loro iniziative poco convenzionali daranno continuità alla discendenza di Gesù e porteranno la salvezza di Dio a tutto il popolo. Attraverso di loro Dio realizza il suo piano di salvezza ed invia il Messia promesso. Veramente, il modo di agire di Dio sorprende e fa pensare, ci sollecita ad uscire dai nostri schemi, a vedere possibilità di salvezza e grazia anche dove noi vediamo peccato e indegnità. Alla fine, ci poniamo la domanda: “E Maria? Nella genealogia, a conclusione, viene citata Maria, “dalla quale nacque Gesù”.  (cfr. 1,16 e Lc 3,23). Non ci sembri strano o irriverente questo accostamento tra le donne con un passato difficile e la Madre del Signore. La Scrittura vuol dirci che Dio scrive la Sua storia di salvezza in un modo insperato per noi. Anche in questo riferimento a Maria, l’evangelista vuole sottolineare la inaspettata azione di Dio. La maternità di Maria avviene in modo sorprendente per opera dello Spirito Santo. Dio sceglie la povertà, l’umiltà per realizzare il suo piano di salvezza. Anche noi siamo in questa prospettiva. Non sentiamoci piccoli o poveri, perché se ci fidiamo di Dio Egli saprà coinvolgerci nel suo piano di salvezza. Infine vi è un terzo atteggiamento del cuore che dobbiamo avere in questa celebrazione: dopo la lode e l’invocazione vi è quello dell’affidamento. Desidero affidare alla Madre del Rimedio la nostra Chiesa Diocesana, i presbiteri e diaconi, le religiose e i religiosi, tutti i cristiani, uomini e donne. La stagione ecclesiale che stiamo vivendo, come tutti ci rendiamo conto, chiede un rinnovato impegno. Si tratta di uscire da un atteggiamento di passività o del “si è sempre fatto così” per avviarci insieme verso un cammino di corresponsabilità e collaborazione, chierici e laici, per avviare insieme uno stile rinnovato di essere e fare chiesa. Maria, madre del Signore, non si è mai appropriata del suo ruolo di Madre e Gesù stesso, come ci fa notare il vangelo, l’ha fatta crescere nel discepolato con una pedagogia in cui la sua maternità diventava universale, aperta a tutti, disponibile alla volontà di Dio.

Ci stiamo incamminando verso un nuovo stile di comunità cristiana, dove la collaborazione tra più comunità parrocchiali sarà la norma; dove il presbitero non potrà più occuparsi solo di una parrocchia. Sarà chiamato a educare a quella collaborazione e apertura che sarà un arricchimento per tutti. Affido alla Madonna questo cammino che inizia e che non sarà semplice né indolore, perché abbiamo ereditato stili e tradizioni che sono state e sono una ricchezza per le comunità, ma hanno bisogno oggi di essere messe in dialogo con il momento storico ed ecclesiale che stiamo vivendo. Come il vangelo della genealogia di Gesù ci ha fatto scoprire, dobbiamo contemplare la storia della salvezza che Dio realizza attraverso i lenti tempi umani e per mezzo della disponibilità e collaborazione degli uomini e delle donne. Il Signore scrive la storia di salvezza anche servendosi della nostra povera storia di peccatori e trasforma la nostra povertà e umiltà come ha fatto con Maria, che ha preparato per essere Sua Madre. Affido a Lei gli uomini e le donne, i giovani e i bambini, gli anziani, i malati che vivono nei tanti paesi che compongono questa Diocesi. Conosco tante situazioni di dolore, di fatica: dalla mancanza di lavoro, all’esodo e spopolamento inesorabile di tanti piccoli centri; dal disagio che si trasforma in criminalità e droga, alla fatica di trovare, specialmente per i giovani, il loro posto nella società e nel mondo del lavoro. Cosa possiamo fare come Chiesa, come comunità cristiana per tutte queste situazioni? La nostra preghiera non deve essere passiva ma piuttosto stimolo all’azione, per trovare con intelligenza soluzioni e cercare percorsi. Preghiamo per chi ha la responsabilità civile e politica di fare scelte per il bene comune, spesso sono uomini e donne che condividono i valori cristiani, sosteniamoli ma anche stimoliamoli con la nostra presenza perché sempre abbiano a cuore il bene di tutti.

Concludo invocando Maria con le parole dei Gosos che insieme canteremo in questa celebrazione:

Tesorera celestiale

Divina dispensadora

Alcanzade nos Segnora

Remediu pro dogni male!

 

+P. Roberto Carboni, arcivescovo