Omelia per l’ordinazione diaconale di Alejandro Garcia Quintero

Basilica di Santa Giusta, 16 settembre 2018
16-09-2018

Cari fratelli e sorelle,

i messaggi che ci vengono rivolti dalla Parola di Dio che anima questa celebrazione sono tanti e tutti pieni di significato spirituale. Mi fermo in modo particolare su due di questi: conoscere e far conoscere il vero Gesù; testimoniare la nostra fede cristiana con la carità.

Per quanto riguarda il primo messaggio, vorrei osservare che la nostra conoscenza di Gesù non è per niente scontata. L’indagine socio-religiosa della Diocesi di qualche anno fa ha rilevato tra la gente idee molto confuse sulla vera identità di Gesù. Uno degli equivoci maggiori è quello di concepire Gesù come un grande maestro di morale. Ma se Gesù viene considerato come un maestro di morale, non potrà essere accettato come l‘unico maestro di morale, perché la morale è un patrimonio comune dell’umanità ed i percorsi di maturazione etica sono tanti e differenziati. Nella storia umana sono esistiti altri insigni maestri di morale.

Se Gesù viene considerato, invece, come salvatore, come tale, è unico, e, perciò, può essere accettato, in quanto salvatore assoluto, come colui che non solo garantisce la salvezza parziale nella storia, ma soprattutto la salvezza escatologica nella vita eterna. La morale dei potenti, dei superuomini, non può accogliere la morale di un crocifisso. Ma il bisogno profondo di salvezza assoluta, radicato nel cuore di ogni uomo, può accogliere un salvatore assoluto, che liberi in maniera definitiva da ogni forma di male e di sofferenza. Veramente, come osserva Kierkegaard, l’unico cristiano contemporaneo di Cristo fu il buon ladrone, che riconobbe Gesù come salvatore, e, con la sua umile richiesta di salvezza, ha offerto ragioni di speranza a tutti i crocifissi della storia.

Per non ridurre Gesù ad un maestro di morale, e la salvezza cristiana ad una nobile dottrina, bisogna non separare mai il Gesù Verbo Incarnato nell‘umanità dal Gesù Redentore dell‘umanità. Le controversie fondamentali che hanno portato alla formulazione del dogma sulla persona di Gesù riguardavano, di per sé, la sua condizione ontologica. Ci si domandava soprattutto su come erano e come sono uniti in Gesù l’elemento umano e quello divino, la natura umana e la natura divina. La pietà popolare, definita “un umanesimo cristiano”, non ha seguito le preoccupazioni dei teologi e ha difeso la genuina umanità di Gesù. Così, la devozione al presepio, la via crucis, la devozione al Sacro Cuore testimoniano l’attaccamento istintivo dei credenti all’umanità autentica di Gesù.

Per quanto riguarda il secondo messaggio, si dice comunemente che si entra in Chiesa per amare Dio e si esce da essa per amare i poveri. Ma per amare veramente è necessaria una profonda trasformazione interiore. Dobbiamo imparare a vedere in modo nuovo gli uomini e le cose e di comportarci con essi come Egli, il Padre, si comporta con noi: non più con indifferenza e ostilità o con lo sguardo di chi vuole strumentalizzare, ma con occhi di fratelli, perché siamo tutti figli dello stesso Padre che è nei cieli. Questo comporta una vera rivoluzione nelle relazioni umane. Gesù non perde occasione per esemplificare. Dobbiamo essere coerenti con la nostra condizione di figli e quindi di fratelli. Non preghiamo dicendo Padre mio ma Padre nostro, per cui non possiamo considerarci figli se con ci comportiamo da fratelli. Don Pino Puglisi ha creato il Centro “Padre Nostro” nel quartiere palermitano Brancaccio per educare i ragazzi a considerarsi amati e protetti da Dio Padre e non dai padrini della mafia. Tutti insieme chiediamo al Padre la salvezza, e il Padre si serve di ognuno di noi per portare questa salvezza gli uni agli altri. Ci rende responsabili gli uni della vita degli altri. Per questo prima di offrire il nostro dono al Padre dobbiamo riconciliarci con i fratelli (Mt 5,23-24). Per questo i nostri comportamenti devono superare la logica degli uomini e imitare gli atteggiamenti del Padre che tutti i giorni fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti (Mt 5,459, che è buono, misericordioso e non cessa di perdonarci (Mt 6,14); che non ritira mai il suo amore e non smette di cercarci, di sperare e di attendere con pazienza il ritorno del figlio perduto.

La vera testimonianza di fede nel Signore risorto si esprime in modo privilegiato con il servizio nella carità. Se frutto dell’eucaristia è la conformazione al Cristo, l’attenzione ai più infelici, ai poveri, ai malati, a chi è nella solitudine, sarà certo uno dei segni più trasparenti della sua efficacia. Una visita, un dono, una telefonata, ma anche un impegno più serio e perseverante là dove c’è bisogno, possono portare luce in una giornata altrimenti triste e grigia.

Il Concilio ha precisato che non si può invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se non ci si comporta da fratelli con gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli, infatti, sono talmente connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1 Gv 4, 8). Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano. In conseguenza la Chiesa condanna, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il Concilio scongiura i cristiani a mantenere una condotta impeccabile tra le genti ,e, per quanto dipende da loro a stare in pace con tutti gli uomini, perché solo così manifestano di essere realmente figli del Padre che è nei cieli (NAe, 5).

Caro Alejandro,

l’ordinazione diaconale che tra poco riceverai ti incardina nell’Arcidiocesi Arborense e ti abilita alla predicazione del Vangelo e alla pratica della carità. Come tua comunità ecclesiale, preghiamo perché mantenga fede alla predicazione del Vangelo “sine glossa”, ossia il Vangelo di Gesù, e possa creare comunione, dare conforto a chi è nella prova, pregare lo Spirito per chi cerca la Verità. Preghiamo perché mantenga fede alla carità di Gesù, ossia all’amore senza misura, disinteressato, fedele. Sei chiamato ad essere discepolo di Gesù, portando la tua croce, non nel senso di uno che vive per soffrire, ma di uno che soffre per vivere, per amare, per servire. Ricorda che le celebrazioni della liturgia non esauriscono tutto il tuo ministero diaconale nel recinto del presbiterio, mentre la pratica della carità è operativa h. 24 fuori da questo recinto. Non chiedere corsie clericali che ti separano dalla vita della gente, né ruoli sociali che ti allontanano dai poveri e dagli emarginati. Sarai triste se ti fai servire. Sarai felice se ti metti a servizio di coloro che benediranno la tua pratica della carità.

Amen.