Con la Domenica delle Palme inizia la Settimana Santa

I riti de Sa Dominig’e Prammas rientrano nella Liturgia propria della Chiesa

La pietà popola sarda, lungo i secoli, ha espresso la fede del nostro popolo. I riti della pietà popolare seguono il calendario liturgico ufficiale. Proprio grazie allo spirito che scaturisce dalla Liturgia della Chiesa tali riti non sono da vedere come una sorta di suo surrogato, prodotto dal popolo in antitesi alle gerarchie ecclesiastiche.

Le celebrazioni hanno inizio con la Domenica delle Palme. I riti de Sa Dominig’e Prammas rientrano nella Liturgia propria della Chiesa. Precede la celebrazione eucaristica la tradizionale processione con le palme e con gli ulivi, che ci ricorda l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme. Questa processione, secondo alcuni studiosi risale addirittura alle origini della Chiesa di Gerusalemme i cui componenti la celebravano. Come ci ricorda lo studioso Francesco Stefano Ruiu: fu poi introdotta in Gallia e in Spagna, per giungere nella Liturgia romana solo nell’VIII secolo e diventare consuetudine liturgica solo nell’XI secolo. Anche in Sardegna le celebrazioni sono simili ovunque, cambiano solo le forme di intreccio delle palme, che diventano vere e proprie opere d’arte. Dalle palme benedette in questa domenica, dopo averle bruciate, si ricava la cenere che il sacerdote impone il Mercoledì delle Ceneri.

In epoca medievale la pietà popolare riceve un ulteriore stimolo dalle sacre rappresentazioni. Vengono messi in scena i momenti salienti della passione del Cristo o con vere e proprie rappresentazioni teatrali o con processioni. Nel linguaggio comunicativo è dato risalto anche ai colori: per esempio il colore rosso del sangue che richiama l’agonia del Getsemani, la flagellazione e la crocifissione di Cristo, non che il mistero dell’Eucaristia.

Tali manifestazioni prendono il nome di Misteri. In sardo hanno due denominazioni secondo le due principali varianti linguistiche: is Misterius (campidanese) o sos Misterios (logudorese). Is Misterius, a seconda delle località, corrispondono a oggetti – simbolo della passione del Cristo: il calice, il guanto (gli schiaffi dei soldati), la corda, la catena, la frusta, la scala, la corona di spine; in certe località sono invece le statue rappresentanti scene della passione, come ci ricorda Ruiu. Queste processioni sono fatte nelle giornate del Lunedì Santo (es. Oristano, Castelsardo) e del Martedì Santo (es. Sassari, Bosa, Alghero), solitamente la sera verso il tramonto.

Il Giovedì Santo, alla Missa in Coena Domini, dopo l’omelia c’è la lavanda dei piedi. Questo rito è inserito all’interno della Celebrazione Eucaristica. In questo momento si ricorda l’atto di umiltà compiuto da Gesù verso gli Apostoli. Questa tradizione liturgica trova i primi riscontri storici V secolo, e, come per la processione della Domenica delle Palme, affonda le proprie radici nella Chiesa di Gerusalemme, dove la lavanda dei piedi era intesa come gesto simbolico del mandato di Gesù verso gli Apostoli. Questo gesto trova una sua attuazione quotidiana per esempio nella tradizione monastica benedettina nell’ambito dell’accoglienza degli ospiti. Il gesto della lavanda dei piedi entrò nella liturgia romana verso il VII secolo, col significato dell’umiltà. Il sacerdote impersona la figura di Cristo, mentre il ruolo degli Apostoli viene svolto o dai confratelli o dai chierichetti. In lingua sarda viene chiamata su lavabu. In alcuni paesi (es. Irgoli, Orosei), dopo la Santa Messa, si svolge Sa Suchena, cena a base di pesce, verdure non condite e dolci fritti, cui possono partecipare solo i confratelli. Il pasto viene consumato in religioso silenzio, interrotto alla fine dal canto del Miserere.

Al termine della Missa in Coena Domini, si svolgono alcuni riti come la deposizione e l’adorazione dei sepolcri. È un linguaggio improprio: la Chiesa parla di altare della reposizione e non di sepolcro, in quanto lì viene conservata la Santissima Eucaristia (il Dio vivo). La pietà popolare, però, ha voluto vedere in quello il luogo una metafora del sepolcro. In relazione alla preparazione de is sepulcrus o sos sepulcros, la pietà popolare riporta in vita o cristianizza alcune pratiche religiose in cui si può rivedere lo stretto legame fra le celebrazioni della Pasqua cristiana e antichi riti agrari. Secondo alcuni studiosi: Is sepulcrus rappresentano, probabilmente, i “giardini di Adone. A questa idea può essere associata, se non preposta, un’analoga azione sacra compiuta in Egitto in ricordo di Osiride, dio della Risurrezione. Questa memoria si tramanda attraverso su nenniri o nennere. Esso consiste in un piatto di terra con bambagia, preparato all’inizio della Quaresima, tenuta sempre bagnata in un luogo caldo e buio, in genere sotto il letto. Tradizionalmente si usano semi di grano, lino e orzo.

I fedeli provarono poi a immaginare l’angoscia dei parenti di Gesù negli istanti immediatamente successivi alla sua morte. Ci si immagina Maria alla ricerca del Figlio: per cui nascono sas chircas.