Per comprendere il significato più profondo dell’Avvento, è opportuno partire dal termine latino adventus che, come molti sbagliando pensano, non significa attesa ma, partendo dal termine greco parusia, significa presenza o, meglio ancora arrivo, cioè inizio della presenza. Col termine parusia infatti, nel cerimoniale di corte sia a Roma che a Costantinopoli, veniva indicato l’ingresso nella basilica principale dell’imperatore (o anche di un alto funzionario imperiale); tra le ultime testimonianze, quelle riguardo all’accoglienza del re Teodorico a Roma nel 500 e quella dell’imperatore Eraclio I a Costantinopoli nel 629. Nell’antichità, dunque, il termine era usato abitualmente per parlare della presenza di un re o di un sovrano o del Dio del culto, che dona ai suoi il tempo della sua presenza, per così dire si regala al loro sguardo.
Questo profondo e simbolico significato è passato, pari pari, nel linguaggio e nel culto liturgico cristiano. Avvento significa quindi presenza iniziata, presenza di Dio stesso.
L’Avvento ci ricorda perciò due realtà diverse e complementari: anzitutto, che la presenza di Dio nel mondo è già incominciata, che egli è già misteriosamente presente. In secondo luogo, che la sua presenza è appena iniziata, non è ancora completa, deve ancora crescere, divenire, maturare: il già e non ancora che tanto amavano dire i padri della Chiesa. La sua presenza è già incominciata ed è per mezzo di noi credenti che egli vuol essere presente nel mondo. Mediante la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore, egli vuole far risplendere continuamente la sua luce, nella notte del mondo.
Le luci, che noi accendiamo nelle notti buie di questa stagione invernale, sono conforto e ammonimento al tempo stesso: certezza incoraggiante che la luce del mondo è già spuntata nell’oscurità della notte di Betlemme e ha trasformato la notte scellerata del peccato umano, nella felice notte del perdono divino di questo peccato, questa vuole e può continuare a risplendere solo se splende in coloro che, in quanto discepoli fedeli, continuano l’opera di Cristo attraverso i tempi. La luce di Cristo vuole illuminare la notte del mondo mediante il nostro essere luce. La sua presenza iniziata deve crescere ulteriormente per opera nostra.
Quando nella notte santa vengono ripetutamente fatte risuonare le parole hodie Christus natus est, noi dobbiamo ricordarci anche che l’inizio di Betlemme vuole e deve divenire per mezzo nostro inizio costante, che quella notte santa è e può essere veramente oggi, dovunque ogni fedele dovrebbe permettere alla luce del bene di invadere il suo cuore per ridurre a nulla il proprio egoismo. Essa diventa dovunque la Parola che si fa nuovamente Carne. Pertanto, il bambino Gesù viene veramente dovunque ci si comporta realmente sull’esempio dell’amore del Signore e non vengono solo scambiati doni.
Avvento significa arrivo già iniziato, ma anche solo iniziato, del Signore. Ecco il senso profondo del tempo che ci accingiamo a vivere: il discepolo non guarda solo a ciò che è passato ed è stato, ma anche a ciò che viene. Disse molto bene il prof. Joseph Ratzinger: In mezzo a tutte le catastrofi del mondo, egli sa con superiore certezza che il seme della luce cresce di nascosto, finché un giorno il bene vincerà definitivamente e tutto gli sarà soggetto: quando Cristo ritorna. Egli sa che la presenza di Dio, ora solo incominciata, sarà un giorno presenza completa. E questo sapere lo rende libero, gli dà una sicurezza estrema. In fondo, si è già delineato con questo l’aspetto essenziale dell’Avvento.
Pubblicato sul numero 42 dell’1 dicembre 2024 de L’ARBORENSE