DESCRIZIONE ARALDICA
Lo stemma dell’Arcivescovo Roberto Carboni presenta gli ornamenti esterni caratteristici dello stemma di un Arcivescovo Metropolita: i venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, la croce arcivescovile ed il pallio.Tale croce detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica la dignità arcivescovile: infatti nel XV secolo, essa fu adottata dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi.
Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI” posta sulla Croce al momento della Crocifissione di Gesù.Il pallio, indossato dall’Arcivescovo Metropolita attorno al collo e poggiante sulle spalle e sul petto, sopra i paramenti liturgici, è costituito da una striscia di lana bianca su cui sono cucite sei crocette di seta nera. Veniva portato in antichità solo dal Romano Pontefice come simbolo della sua suprema potestà di Pastore dei Pastori e del Popolo di Dio. A partire dal IV secolo ne fu concesso l’uso anche agli Arcivescovi posti a capo di Arcidiocesi Metropolitane per sottolineare la condivisione dei poteri del Papa nell’amministrare giurisdizioni ecclesiastiche di rilevante e antica importanza storica (come appunto l’Arcidiocesi di Oristano – XI secolo).
Per antica tradizione i palli vengono confezionati con la lana di due agnelli bianchi che vengono benedetti il 21 gennaio nella basilica di S. Agnese in Roma.
Gli stessi palli sono poi benedetti dal Papa nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo e consegnati agli Arcivescovi Metropoliti di recente nomina che ne hanno fatto espressa richiesta al Santo Padre (“postulazione del pallio”), come da tradizione iniziata nel IX secolo.
Il Pallio viene successivamente imposto all’Arcivescovo Metropolita nella propria sede, dal Nunzio Apostolico locale.
Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI” posta sulla Croce al momento della Crocifissione di Gesù.Il pallio, indossato dall’Arcivescovo Metropolita attorno al collo e poggiante sulle spalle e sul petto, sopra i paramenti liturgici, è costituito da una striscia di lana bianca su cui sono cucite sei crocette di seta nera. Veniva portato in antichità solo dal Romano Pontefice come simbolo della sua suprema potestà di Pastore dei Pastori e del Popolo di Dio. A partire dal IV secolo ne fu concesso l’uso anche agli Arcivescovi posti a capo di Arcidiocesi Metropolitane per sottolineare la condivisione dei poteri del Papa nell’amministrare giurisdizioni ecclesiastiche di rilevante e antica importanza storica (come appunto l’Arcidiocesi di Oristano – XI secolo).
Per antica tradizione i palli vengono confezionati con la lana di due agnelli bianchi che vengono benedetti il 21 gennaio nella basilica di S. Agnese in Roma.
Gli stessi palli sono poi benedetti dal Papa nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo e consegnati agli Arcivescovi Metropoliti di recente nomina che ne hanno fatto espressa richiesta al Santo Padre (“postulazione del pallio”), come da tradizione iniziata nel IX secolo.
Il Pallio viene successivamente imposto all’Arcivescovo Metropolita nella propria sede, dal Nunzio Apostolico locale.
All’interno dello scudo, nella parte superiore, si trova il cosiddetto “capo di san Francesco” che tradizionalmente contraddistingue i membri della famiglia francescana.
Nella sezione sinistra i carboni ardenti, oltre che rendere lo stemma “parlante”, cioè uno stemma che reca al suo interno un simbolo o una figura che allude in modo esplicito al nome o al cognome, vogliono significare l’ardore della carità, la necessità di dare luce e calore purificanti attraverso il ministero che il Vescovo assume. Si fa riferimento anche al Libro del Profeta Isaia (Is 6,6) dove si menziona il serafino alato che purifica, con un carbone fiammeggiante, le labbra di colui che deve essere inviato.
Nella sezione destra i monti, qui rappresentati in foggia araldica, richiamano l’area montuosa del Montiferru, zona di origine di Mons. Carboni, affacciata sul mare di Sardegna, simboleggiato dalle onde argentee, che bagna la costa centro-occidentale dell’isola. La stella che appare a fianco dei monti è la Stella maris che si riferisce ad uno dei tanti titoli assegnati a Maria, la nostra Madre Celeste; questa definizione mariana, cara alle genti di mare, è ricordata nelle parole di san Bernardo di Chiaravalle che nel XII secolo scrisse: «Se i venti della tentazione crescono, se sei spinto contro gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria!”.
MOTTO EPISCOPALE: PER CARITATEM SERVITE INVICEM
Il motto “Per caritatem servite invicem” è tratto dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Galati: «Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (5, 13).
Il “servite” richiama Gesù, il Servo di Dio, che lava i piedi ai suoi, e san Francesco che vuole che i suoi frati siano servitori di tutti. Il servizio è ai fratelli concreti (invicem), come identità profonda della vita cristiana. Infine la carità (per caritatem) richiama Colui che è Carità, uno dei nomi di Dio che san Francesco, nelle Lodi di Dio Altissimo, utilizza: «Tu sei amore e carità» (FF, 261).
È una visione di azione pastorale improntata al servizio, alla relazione, con al centro Cristo Carità e con un riferimento all’esempio di san Francesco.