Il Vangelo della Domenica.
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. (Gv 2, 1-12)
Il commento
Con il segno a Cana di Galilea, Gesù inizia il suo ministero pubblico. Il contesto è quello di una famiglia appena formata, all’interno di una festa di nozze. L’immagine nuziale è frequente nella Bibbia, descrive l’identità del patto d’amore fra Dio e il suo popolo; un amore fedele e fecondo, come quello che deve instaurarsi tra sposo e sposa. Con la rivelazione messianica, l’amore sponsale diventa un sacramento, segno visibile e tangibile di un mistero invisibile ma reale: l’amore immenso di Dio per noi. Per questo assume un’importanza sacra.
Su questo sfondo, il segno di Cana diventa trasparente. Si capisce perché nel racconto di una festa di nozze i protagonisti non siano gli sposi, ma piuttosto Gesù e Maria. Il vero Sposo è Cristo, venuto a sposare il suo popolo. Maria invece, come la regina madre delle corti orientali, è colei che accompagna la sposa all’incontro con il suo Sposo. Qui la sposa è il popolo di Dio, i servi del Signore, la Chiesa. Manca il vino: un fatto grave nel contesto di un banchetto di nozze. Senza il vino, la festa finisce con grave danno per gli sposi che mancherebbero di ospitalità nei confronti degli invitati. L’intervento di Gesù è suscitato per intercessione di Maria.
Una risposta misteriosa, a tratti irriverente, viene data dal Figlio alla Madre: Donna che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Di certo, non è frutto di poco rispetto; è piuttosto da inquadrare nella prospettiva secondo la quale l’ora di Gesù è la sua manifestazione gloriosa nella croce e nella resurrezione. È chiaro che neanche la Madre conosce l’intenzione del Figlio. Ma la sua incomprensione non scalfisce la speranza: Fate quello che vi dirà! Stupenda espressione di abbandono e fiducia!
Gesù sicuramente interverrà, non si sa come, ma lo farà, fidatevi! Giovanni pone così sulle labbra di Maria una citazione di un brano famoso dell’Antico Testamento. Ai piedi del Sinai, il popolo aveva stipulato la sua alleanza con Dio con queste stesse parole: Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo. Ecco il messaggio di Maria, donna di fede e speranza.
Invito rivolto a ogni famiglia che s’accorge che è venuto a mancare il vino della serenità, della pace e della gioia. Se in famiglia manca il vino dell’unità e dell’amore, non c’è da perder tempo, bisogna affidarsi a Maria. Sappiamo che il segno avviene in forma abbondante: le giare sono colme, il vino è di ottima qualità, meritando così allo sposo la lode del maestro di tavola. Tutta la comunità cristiana, famiglia di famiglie, è chiamata a collaborare con Dio perché il vino della gioia non si esaurisca.
Gesù vuole donarci sempre il vino migliore. Alla famiglia in difficoltà non dà semplicemente la tregua, l’accordo sul compromesso, la calma apparente mantenuta sui precari equilibri della soddisfazione di ciascuno: vuol dare la pace vera, la gioia profonda, la serenità abbondante, l’unità salda. Fidiamoci di colui che ha fatto della famiglia la sua immagine e somiglianza, dando all’uomo e alla donna l’alta vocazione di essere lo specchio del suo amore infinito, un amore così potente che non trova difficoltà a cambiare l’acqua in vino.
Don Antonello Angioni, parroco
(pubblicato su L’ARBORENSE n. 1 del 2025)