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Venerdì 30 maggio 2025: Francesco e Marco diventano sacerdoti

La solenne celebrazione dell'Ordinazione in diretta su TeleRegioneLive

Il dono delle vocazioni al ministero presbiterale riempie di gioia immensa tutta la Chiesa arborense e il cuore del nostro Arcivescovo Roberto, che attendeva con paterna sollecitudine di poter effondere il mistico gesto dell’imposizione delle mani e le pregnanti parole della grande preghiera di ordinazione, riti che hanno la capacità di infondere il carattere sacerdotale ai nostri amati diaconi Marco Ruggiu e Francesco Soru.

La gioia del vescovo si fonde a quella, crediamo intensissima, dei candidati, delle loro famiglie, dei loro amici, delle comunità parrocchiali di provenienza e in quelle, altrettanto importanti dove don Marco e don Francesco hanno svolto generosamente il loro ministero, senza dimenticare i luoghi di formazione, il Seminario e la Facoltà Teologica.

Una gioia immensa per la nostra Chiesa arborense che, grazie alla generosa risposta dei candidati al ministero, torna a sperare e guarda con fiducia a una rinnovata fioritura vocazionale che, siccome sono così rare, desideriamo percepire ancor più preziose.

La solenne concelebrazione di venerdì 30 maggio 2025, in Cattedrale, alle 18, sarà anche trasmessa in TV, su TeleRegioneLive, al canale 88 del Digitale Terrestre.

Offriamo un approfondimento, pubblicato su L’ARBORENSE n. 19 del 2025, a cura di mons. Antonino Zedda, intorno al rito sacramentale dell’ordinazione presbiterale, per cogliere la preziosità del dono fatto ai nuovi preti, ma anche a tutta la Comunità diocesana, anzi a tutta la Chiesa e al mondo intero.

Sacramento e frumento di Cristo

Le premesse (prænotanda) del capitolo II del Pontificale ricorda, anzitutto, il dovere di tutti i fedeli della Chiesa diocesana, già prima dell’ordinazione, di accompagnare con la preghiera i candidati al presbiterato e si raccomanda un’alta partecipazione dei presbiteri, dei diaconi dei ministeri istituiti e di fatto ma anche di tutti i fedeli all’ordinazione. La partecipazione di tutti i presbiteri della diocesi ha un profondo senso teologico, perché risponde a una duplice ragione, secondo la dottrina del Concilio Vaticano II: da una parte, la fraternità sacramentale che unisce tutti i presbiteri, derivata dall’ordinazione; dall’altra, l’unità del Presbiterio che formano nella diocesi al cui servizio sono assegnati. I prænotanda si soffermano soprattutto a indicare le diverse manifestazioni liturgiche specifiche della partecipazione dei presbiteri all’ordinazione. Riguardo al vescovo, si ne afferma il ruolo di ministro dell’ordinazione e la convenienza che i presbiteri siano ordinati dal proprio vescovo diocesano. Per quanto attiene alla partecipazione dei presbiteri all’ordinazione, l’elemento più caratteristico è l’imposizione delle mani insieme con il vescovo: I presbiteri presenti al rito insieme con il vescovo impongono le mani ai candidati, perché godono anch’essi del comune e simile spirito sacerdotale (OVPD 117 [105]). L’imposizione delle mani da parte dei presbiteri presenti è pratica antichissima, testimoniata già dalla Traditio Apostolica, che la giustifica richiamandosi al comune e simile spirito che lega tra loro tutti i presbiteri costituiti a servizio di tutta la Chiesa particolare. Sembra un dettaglio secondario, invece è un aspetto assai importante: nessun presbitero dovrebbe mai mancare a un’ordinazione sacerdotale: il vescovo deve insistere perché il suo clero e il suo popolo (clerii aliique fideles) non manchi mai alla celebrazione. I presbiteri, costituiti nell’Ordine del presbiterato mediante l’ordinazione, sono tutti tra loro uniti da intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico Presbiterio nella diocesi al cui servizio sono assegnati sotto il proprio vescovo (PO 8/1).

Eccomi, Signore: e tutto ha inizio

Dopo la proclamazione del Vangelo, prima dell’omelia, si procede alla presentazione e alla elezione dei candidati. Segue l’omelia le cui caratteristiche sono indicate dalla rubrica: le premesse offrono una traccia di esposizione del munus dei presbiteri nella quale si ha l’eco di molte espressioni del Concilio Vaticano II (specie Lumen gentium, 28. Vi si sottolineano parecchi aspetti del loro ministero e delle qualità necessarie per il suo esercizio: Il ministero sacerdotale ha la sua origine in Cristo; infatti, tutto il popolo di Dio è un sacerdozio regale, ma Cristo scelse alcuni discepoli perché in suo nome esercitassero pubblicamente l’ufficio sacerdotale a favore degli uomini; inviò, dunque, gli Apostoli per compiere per mezzo di loro e dei vescovi loro successori la sua funzione di maestro, sacerdote e pastore; i presbiteri sono costituiti collaboratori dell’ordine dei vescovi, affinché, uniti a essi nel ministero sacerdotale, servano il popolo di Dio. Terminata l’omelia si fa l’interrogazione sull’idoneità dei candidati: ciò non è un formalismo superfluo: il vescovo, certo, conosce in anticipo la risposta, ma è opportuno che durante il rito dell’ordinazione essa sia data davanti alla comunità e perciò, a ragione, il presbitero designato per rispondere è uno dei collaboratori del vescovo, delegato alla formazione dei candidati. In seguito gli eletti manifestano la volontà di assumere gli impegni dell’ordine del presbiterato. La promessa degli eletti si svolge in due fasi: nella prima gli impegni riguardano l’esercizio del ministero presbiterale e l’unione con Cristo e sono assunti da tutti gli ordinandi insieme; nella seconda ognuno fa personalmente la promessa di obbedienza. La promessa di obbedienza è un segno, il suo significato preciso richiama la partecipazione al ministero come collaboratore del vescovo: Per questa comune partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministero, i vescovi abbiano dunque i presbiteri come fratelli e amici (PO 7/1).

Imposizione delle mani e preghiera di ordinazione

Giunti alla soglia del momento centrale del rito di ordinazione, prima si invocano i Santi (le Litanie), mentre i candidati si prostrano a terra in segno di profonda umiltà, e si chiede la presenza operante dello Spirito Santo perché sia effusa sugli eletti la forza della grazia sacerdotale, cioè il dono del sacerdozio con tutta la sua potenza: gli eletti vengono presentati allo sguardo benevolo di Dio, perché è lui a consacrarli. Si giunge così al momento centrale dell’ordinazione: Mediante l’imposizione delle mani del vescovo e la preghiera di ordinazione viene conferito agli eletti il dono dello Spirito Santo per il ministero dei presbiteri. In poche parole si sintetizzano il momento essenziale dell’ordinazione e gli effetti del sacramento. L’insieme dei gesti e delle parole è assai espressivo e ricco di contenuto. Riguardo ai gesti, le rubriche prescrivono: il vescovo quindi, in piedi con la mitra in capo, si porta vicino agli ordinandi, che sono in ginocchio, e impone le mani sul capo di ciascun eletto senza dire nulla (OVPD 1444-145 [129-130]). Il gesto dell’imposizione delle mani sulla persona è anche presente nella celebrazione di altri sacramenti: confermazione, penitenza, unzione degli infermi, matrimonio. Il senso preciso è determinato dalle parole, ma il modo di realizzare il gesto varia da un sacramento all’altro e contribuisce a determinarne il senso. Nell’ordinazione vi è un insieme gestuale molto significativo: si mette in rilievo l’elezione di ciascuno e che lo Spirito Santo riposa su di lui e ne prende possesso; il silenzio concentra l’attenzione di tutta la comunità su questi gesti: i fedeli possono rendersi conto che lo Spirito Santo agisce in quel momento. Il senso di questa imposizione delle mani da parte dei presbiteri è ben chiarito nei prænotanda: Insieme con il vescovo anche i presbiteri impongono le mani sugli eletti in segno della loro aggregazione al presbiterio. I presbiteri che hanno imposto le mani dopo il vescovo rimangono vicino a lui sino alla fine della preghiera. La rubrica, senza altre previsioni, dice che tutti i presbiteri presenti impongono le mani, anche chi non concelebra. Solo il vescovo dice, con le mani estese, la preghiera di ordinazione, cantandola o recitandola, mentre gli eletti rimangono in ginocchio.

Riti esplicativi: mani consacrate

Essi spiegano il senso profondo dei gesti sacramentali compiuti e le orazioni: la maggiore importanza era assegnata alla consegna del pane e del vino; in secondo luogo, all’unzione delle mani, che sarebbe la preparazione immediata a tale consegna; minore importanza dovrebbe avere la consegna dei paramenti sacerdotali. Certamente questi due riti corrispondono allo scopo indicato nei prænotanda: mettono in luce i doni (munera) conferiti mediante l’imposizione delle mani e l’invocazione dello Spirito Santo. Li precedono l’essere rivestiti della stola al modo presbiterale e della casula, e li seguono il saluto del vescovo e dei presbiteri con il bacio. Il primo rito, immediatamente dopo la preghiera di ordinazione, non riceve molto rilievo rituale: lo scopo di questi paramenti e pertanto il loro significato sono spiegati dai prænotanda: per loro mezzo esternamente d’ora in poi si manifesta il loro ministero nelle azioni liturgiche. Per quanto concerne l’unzione delle palme delle mani con il sacro Crisma, viene fatta, secondo i prænotanda, perché mediante l’unzione delle mani viene significata la particolare partecipazione dei presbiteri al sacerdozio di Cristo: l’unzione si estende a tutta la mano cominciando dal pollice e dall’indice e poi le palme delle mani in forma di croce a significare la grazia ricevuta nell’ordinazione appena realizzata.

L’offerta di sé e quella per gli altri

Il nuovo sacerdote è messo sotto la protezione di Cristo, sommo Sacerdote, con un duplice scopo, l’offerta del sacrificio a Dio e la santificazione del popolo cristiano. Questi due scopi, tra loro intrecciati, caratterizzano il sacerdozio di Cristo e devono pertanto caratterizzare il sacerdozio del presbitero. Dopo l’unzione delle mani segue la consegna del pane e del vino. I prænotanda spiegano il significato del rito: mediante la consegna del pane e del vino nelle loro mani si indica insieme il compito di presiedere il sacrificio eucaristico e la sequela del Cristo crocifisso. L’abbraccio di pace prima col vescovo e poi coi presbiteri segna la conclusione del rito e l’ingresso nell’Ordine presbiterale. I nuovi presbiteri concelebrano per la prima volta col Vescovo e coi presbiteri per il popolo santo di Dio.

Accompagniamo nella gioia e nell’amore, insieme a tutta la comunità Arborense questi nuovi amati presbiteri. A loro diciamo: benvenuti nella nostra Chiesa come presbiteri e pastori: vi ringraziamo per la vostra generosa risposta alla chiamata di Dio e chiediamo, con voi, per la nostra comunità il dono delle vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie.