Un saluto a tutti voi, cari catechisti e catechiste…
Viviamo attorno alla Parola di Dio e all’altare questa giornata dedicata al vostro servizio nella Chiesa e al mandato catechistico che vi sarà dato oggi ufficialmente, qui nella Cattedrale di Oristano. Ricevere il mandato ci dice, in prima battuta, che nella Chiesa una persona non si auto elegge, non si auto manda a fare qualcosa. Ogni servizio è una vocazione che il Signore mette nel cuore di ciascuno e che la Chiesa conferma. Anche i catechisti sono mandati, cioè ricevono questo compito, accolgono questo servizio. Non portano le loro parole, ma le parole del Signore: è Lui che devono presentare e annunciare anche attraverso la loro vita.
Dobbiamo innanzitutto dire una parola di gratitudine ai catechisti e alle catechiste. Grazie di questa vostra disponibilità, del vostro impegno, del tempo che dedicate ai bambini e ai ragazzi. Grazie del sacrificio che fate: senza di voi le comunità sarebbero spente, il Signore non avrebbe annunciatori del quotidiano, i ragazzi non avrebbero esempi di cristiani adulti che vivono ciò che annunciano. Sappiamo che si tratta di un compito impegnativo, anche stancante, non sempre si vedono i frutti. Ma dobbiamo ragionare con l’insegnamento del Vangelo che ci dice che il seminatore spesso non vede il seme crescere: uno semina e altri raccolgono. Si tratta di fare questo con generosità come un servizio alla comunità.
Brevemente, desidero richiamare alcune caratteristiche di quella che possiamo chiamare la spiritualità del catechista.
In primo luogo, il catechista mette insieme annuncio della fede e vita cristiana vissuta. Fare il catechista, infatti, non vuol dire sapere molte cose, insegnare molte cose, anche se è importante conoscere cosa ha detto il Signore, cosa ha fatto, come ha vissuto. Il catechista, oltre a quello che insegna, unisce il suo vissuto concreto. Se parla di perdono, si impegna a perdonare; se parla di accoglienza, si impegna ad accogliere; se parla di impegno a favore dei poveri è disponibile per i malati, per gli anziani.
Un secondo aspetto della spiritualità del catechista è dare all’altro, che è come Gesù. Dobbiamo rimettere al centro della catechesi la persona di Gesù, per fare poi come Giovanni il Battista: scomparire, cioè lasciare che a prendere il posto centrale sia il Signore. Il Papa ha esortato ad annunciare la fede nel dialetto materno. Dicendo questo non intendeva dire che dobbiamo parlare il sardo, o il dialetto piemontese o altro, ma voleva dire che bisogna calare la fede nella quotidianità, comprendendo il linguaggio di oggi, quello che i ragazzi utilizzano. Bisogna allora rinnovare questa capacità di trasmissione: trasmettere oggi il Vangelo, fallo capire con i nuovi linguaggi del tempo. Accanto a questo, proprio il Vangelo di oggi, il Vangelo di Luca (18,1-8) ci invita a ricordare il valore, la potenza, la necessità della preghiera. La preghiera perseverante e continua: significa un lavoro di fiducia a Dio nel nostro cuore. Non una preghiera “a gettone” che chiede e vuole ottenere, ma una preghiera perseverante, come la presenza costante della vedova (anche importuna). Questo fa crescere in noi la necessità di uscire dalla visione di un Dio che risolve automaticamente i problemi senza la nostra partecipazione, ma anche che ci invita a uscire da noi stessi per sentirci nelle sue di Dio.
Proseguendo con le caratteristiche della spiritualità del catechista, tra queste c’è la consapevolezza di essere al servizio della vocazione di ciascun ragazzo: il catechista è chiamato ad aprire il cuore alle molte vocazioni della vita, facendone vedere la bellezza di ciascuna; facendo vedere come ogni vocazione può essere il luogo per realizzare e vivere la propria fede in Dio. Poi ancora, la consapevolezza di far parte della comunità ecclesiale, che genera alla fede. La trasmissione della fede è aspetto che riguarda tutta la comunità, che affida ai catechisti questo compito delicato, insieme alle famiglie e alla comunità stessa. Non c’è il catechista “singolo”, ma il catechista dentro la comunità. Per fare un uomo ci vuole un villaggio, per fare un cristiano ci vuole la comunità.
Ecco, in breve, alcuni spunti di riflessione per una spiritualità del Catechista, il quale non deve spaventarsi dell’impegno, ma viverlo nella collaborazione, nella condivisione, con il parroco, con altri catechisti, con la comunità, con la famiglia.
In questa Eucaristia preghiamo per tutti i catechisti e le catechiste, perché il Signore li sostenga nel loro impegno.
+Roberto, Arcivescovo

