Omelia per la festa di Sant’Archelao

13-02-2020

OMELIA PER LA FESTA DI S. ARCHELAO
ORISTANO 13 FEBBRAIO 2020

Illustri Autorità Civili e Militari,
Signore Sindaco della città di Oristano,
Fratelli e sorelle,
Il Signore vi dia Pace!

La celebrazione della Solennità di S. Archelao, Patrono della Città e della Arcidiocesi di Oristano, è occasione per innalzare al Signore la preghiera per la nostra città e la Diocesi tutta, con un ricordo speciale in questa occasione per i tanti uomini e donne che spendono quotidianamente la loro vita, nei vari ambiti di servizio alla comunità civile per la tranquillità e la convivenza pacifica di tutti.

La liturgia della Parola ci riporta ai primi tempi del cristianesimo, tempi nei quali i cristiani soffrivano, seguendo le orme di Gesù, l’insulto, la persecuzione, la privazione della libertà, la morte. Il Salmo responsoriale è un concentrato di termini violenti e di persecuzione dove ogni perseguitato si può identificare: “mi assalgono i malvagi, avversari e nemici, si accampa un esercito, divampa la battaglia, arriva il giorno della sventura”, per poi aprirsi alla speranza che offre il Signore: Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Certo, noi sappiamo che la persecuzione fa parte del cammino del cristiano poiché Gesù l’ha subito e lo aveva predetto: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20). Questa parola si avvera per la prima comunità cristiana proveniente dal giudaismo. I cristiani, che mantengono all’inizio ancora legami con la tradizione giudaica, se ne distanziano progressivamente e infine dopo il 70, ne sono esclusi e tacciati di eresia. Ma anche all’interno dell’impero romano, essi sono visti con sospetto, ritenuti atei, perché non vogliono adorare l’imperatore, né bruciare incenso alle divinità che l’impero accoglie nel suo Panteon. La persecuzione dunque arriva da diversi fronti e la comunità è cosciente che queste persecuzioni sono sofferte per il fatto di proclamare il nome del Signore, di riconoscerlo come unico Dio, cioè a motivo della fede.

Proprio nella situazione di persecuzione si inserisce la vicenda umana e spirituale del nostro santo Patrono Archelao: un convertito, forse legato al ceto militare o alla comunità giudaica stanziata a Fordongianus. Egli si trova a dover scegliere tra l’obbedienza alle leggi, all’Imperatore, oppure alla propria coscienza e alla scelta di fede in Cristo. Non è nuovo questo dilemma! Già si era posto ai discepoli del Maestro. Lo stesso Apostolo Pietro lo dice con chiarezza al Sinedrio: “Atti,5,29: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.” Pur con contesti diversi, ciò che vive Archelao non è lontano dai dilemmi che sono anche i nostri: l’esigenza di aderire alla scelta di fede, di proclamarla, di farne metro di discernimento per l’agire e il conflitto, o la tentazione, che talora esiste di cedere alle pressioni del gruppo, forse alle mode, come pure voler una fede “costruita da sé stessi”, che non disturba ed è poco esigente. Come diceva Papa Benedetto XVI in una sua omelia: “esistono forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura. (Omelia Pont. Comm. Biblica, 15 aprile 2010).

Qui nella nostra città di Oristano, secondo alcune stime arrivano ogni giorno circa 1300 studenti da varie parti della provincia, dai paesi più o meno vicini. Sono ragazzi e giovani, uomini e donne che fanno già delle scelte e tra qualche anno dovranno farne altre più impegnative, forse anche affrontare questi dilemmi che arrivano alla profondità della coscienza. Possiamo chiederci: li stiamo aiutando a formarsi una coscienza, ad avere strumenti per fare discernimento, a chiarire il bene e il male, ciò che distrugge e ciò costruisce? Avranno la passione di difendere le proprie idee? Saranno vittime del conformismo come forse lo siamo anche noi? Vivranno la fede come un dono e un impegno, oppure un optional, una delle tante applicazioni dello smartphone?

Tra questi giovani vi sono certamente dei cristiani. Essi ci guardano, per chiederci se anche noi abbiamo la passione di difendere o testimoniare le nostre scelte di fede, se la fede entra nella vita o ne rimane ai margini.

La scelta di Archelao è chiara: salvare ciò che si ha di più intimo, di più importante per sé, per la radice ultima dell’esistenza: Dio in sé stessi. Si tratta di accettare di essere odiati, disprezzati, giudicati e condannati a morte non al posto di qualcuno, ma per Colui nel quale si è posta la fiducia, di andare a morire seguendo fino in fondo il suo stesso percorso umano.

Il martirio cristiano è una scelta di vita che accompagna il cristiano fin dal primo momento in cui sceglie di seguire Cristo. Cioè noi accettiamo che la testimonianza della nostra fede in Cristo possa “costarci” possa esigere delle scelte, perfino arrivare alla scelta estrema. Dobbiamo però chiarire: i cristiani non vanno in cerca del martirio, come Gesù non è andato in cerca della morte. Ma essa è stata una scelta che sempre più si è resa evidente perché entrava nella coerenza del proprio dire, fare, scegliere, pensare.

La celebrazione di S. Archelao martire ci offre occasione per chiederci: i martiri esistono ancora oggi? I cristiani sono attualmente i fedeli di una religione che è la più perseguitata, in tutto il mondo. Uccisi in spregio alla fede oppure uccisi perché diversi, perché difendono i diritti dei piccoli e dei poveri: pensiamo a ciò che succede nella foresta amazzonica, nei luoghi dove vivono minoranze senza voce; perché vivono fino in fondo il Vangelo con i diseredati della Terra, come accade tante parti del mondo.
Il martirio cristiano non è una storia del passato, di tempi lontani che non tornano più, dei Romani o di altri popoli. L’Impero romano non esiste più, ma i martiri esistono ancora, perché i cristiani non hanno nemici, ma quando vivono veramente da cristiani si fanno molti nemici, a volte anche all’interno della propria casa. Era questo che meravigliava l’apostolo Paolo, 2 Corinzi: 4 ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, 5 nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; (…). Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; 9 sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; 10 afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti.

Viene da domandarsi: perché c’è ostilità verso i cristiani, in modo speciale quando sono autentici, coerenti? Perché non sono disposti a rinnegare Gesù Cristo, non sono disposti a rinnegare colui che conoscono come il loro Salvatore, come colui che dà senso alla loro vita, non come un’idea. Ecco: i martiri rinunciano alla loro vita non da eroi, ma da persone che amano. Come Archelao, anche noi, se cerchiamo il Regno di Dio nella nostra vita, dobbiamo mettere in conto, fatica e fragilità. Lo diceva san Paolo: noi portiamo questo tesoro (la fede, l’adesione a Cristo) in vasi di argilla. Si tratta del continuo dialogo nella esistenza tra fragilità e grandezza della nostra vocazione cristiana.

Ti affidiamo, sant’Archelao, nostro Patrono, il cammino di testimonianza e perseveranza di ciascuno di noi. Amen.

+p. Roberto, arcivescovo